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Giorno: 17 Novembre 2020

USB Ferrara: il 25 novembre scioperano Sanità, Trasporti, Scuola e Servizi Educativi 0-6.

Da: USBscuolaferrara 

Il 25 novembre scioperano Sanità, Trasporti, Scuola e Servizi Educativi 0-6. Costruiamo il futuro!
Quattro settori strategici nella vita del Paese decidono che è tempo di mobilitarsi insieme. Il 25 novembre sarà una giornata di sciopero USB per i lavoratori e le lavoratrici del Trasporto Pubblico Locale, delle Scuole di ogni ordine e grado, inclusi i Servizi Educativi rivolti alla fascia 0-6 anni, e della Sanità pubblica, nuovamente sottoposti a ritmi massacranti e a rischi seri per la propria salute e sicurezza.

In nessuno di questi settori l’esperienza della prima fase dell’emergenza ha prodotto il necessario cambio di passo rispetto ad assunzioni stabili di personale e finanziamenti per mettere in atto tutte le modifiche che la “lezione” della Covid-19 ha chiaramente indicato. Inoltre, quel che è completamente mancato è soprattutto un lavoro di pianificazione integrata di questi servizi.

Era chiaro che con la riapertura delle scuole, a settembre, la curva dei contagi sarebbe nuovamente cresciuta. Il rimpallo costante di competenze tra Stato, Regioni e Comuni, l’assenza di un qualunque progetto di screening di massa, la colpevole mancanza di un indirizzo politico in grado di contrastare i feroci obiettivi di Confindustria e del mondo produttivo che vuole rimanere aperto a tutti i costi, a scapito di salute e sicurezza, l’assenza di misure universali di reddito e di tutela per le fasce di lavoratrici e lavoratori  più colpiti dalla crisi, tutto questo ci ha fatto precipitare in una situazione fuori controllo che non vogliamo più accettare passivamente.

Ognuno di questi servizi essenziali deve essere messo nelle condizioni di garantire i diritti costituzionali per i quali ha ragione d’essere – salute, educazione e istruzione su tutti – e non può diventare luogo di trasmissione incontrollata del virus.

È un messaggio che lanciamo alle lavoratrici e ai  lavoratori, ma che può essere colto e compreso da chi quei servizi li incontra come utente, come cittadino che usa il trasporto pubblico, come individuo che in un momento di disorientamento e paura come questo deve rivendicare il diritto alla salute e a cure appropriate, come genitori e famiglie che hanno a cuore il diritto all’educazione, all’istruzione  e alla socialità per i propri figli e non possono pensare che  il legame educativo a distanza (Lead) o la didattica a distanza (Dad), possano assolvere a questo compito, come studenti che si trovano privati (alle scuole superiori per ora, ma anche nel secondo e terzo anno della secondaria di primo grado) del luogo e dell’ambiente all’interno del quale devono avvenire processi consapevoli di apprendimento, di crescita, di costruzione delle possibilità di garantirsi un futuro dignitoso e stabile, a livello personale ma anche e più ancora a livello collettivo.

Per invertire la rotta, per rimettere al centro gli interessi collettivi, per cambiare le priorità sociali occorre rivendicare diritti, assunzioni stabili, finanziamenti, ma occorre pensare a un modello di società diverso, che abbiamo voluto riassumere in una formula: Nuovo ruolo e funzione dello Stato.

Uno Stato che non sia il comitato d’affari della borghesia, ma il luogo in cui gli interessi della popolazione diventano organici e determinano le scelte politiche per il benessere comune.

Questo passa da una serie di rivendicazioni specifiche che avremo modo di articolare nei prossimi giorni. Le porteremo con forza nei luoghi di lavoro, le rappresenteremo pubblicamente in una diretta streaming in cui inviteremo la politica a prendersi le proprie responsabilità, raccontando le ragioni di uno sciopero che ci porterà il 25 novembre davanti al MEF, in tante città del Paese e in tanti luoghi simbolo delle rispettive rivendicazioni.

Non accettiamo più il ritornello sui soldi che mancano, USB ha anche avanzato una proposta dettagliata di utilizzo dei fondi del Recovery Fund in un libretto significativamente intitolato “Costruiamo il futuro”, che è anche la sintesi dei percorsi di rivendicazione e proposta dei settori coinvolti.

Contro il lockdown dei padroni proponiamo un piano di messa in sicurezza e potenziamento dei servizi pubblici essenziali, quelli che servono a tutti, quelli che devono diventare il cuore della gestione di questa drammatica fase oggi, e domani del suo superamento.

Unione Sindacale di Base

Coronavirus. Aggiornamento 17 novembre, in Emilia-Romagna su oltre 22.300 tamponi effettuati 2.219 nuovi positivi, di cui 984 asintomatici. +332 i guariti

Coronavirus. L’aggiornamento in Emilia-Romagna: su oltre 22.300 tamponi effettuati 2.219 nuovi positivi, di cui 984 asintomatici da screening regionali e attività di contact tracing. +332 i guariti. Il 95% dei casi attivi in isolamento a casa, con sintomi lievi

La percentuale dei nuovi positivi sui tamponi eseguiti scende al 9,9%, dal 17,6% di ieri. Fatti anche 3.774 i test sierologici. L’età media nei nuovi positivi è di 45 anni. I nuovi decessi sono 48

Bologna – Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 93.285 casi di positività, 2.219 in più rispetto a ieri, su un totale di 22.381 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti è oggi del 9,9%, rispetto al 17,6% di ieri.

Prosegue l’attività di controllo e prevenzione: dei nuovi contagiati, 984 sono asintomatici individuati nell’ambito delle attività di contact tracing e screening regionali. Complessivamente, tra i nuovi positivi 304 erano già in isolamento al momento dell’esecuzione del tampone e 456 sono stati individuati all’interno di focolai già noti.

L’età media dei nuovi positivi di oggi è 45,2 anni.

Su 984 asintomatici, 361 sono stati individuati grazie all’attività di contact tracing65 attraverso i test per le categorie a rischio introdotti dalla Regione, 4 con gli screening sierologici21 tramite i test pre-ricovero. Per 533 casi è ancora in corso l’indagine epidemiologica.

La situazione dei contagi nelle province dell’Emilia-Romagna vede Modena con 517 nuovi casi e Bologna con 360, a seguire Reggio Emilia (241), Ravenna (230), Rimini (207), Piacenza (200), l’imolese (120), Ferrara (117). Poi Parma e Forlì (entrambe con 81 casi), e Cesena (65).

Questi, dunque, i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Effettuati 22.381 tamponi, per un totale di 1.895.816. A questi si aggiungono anche 3.774 test sierologici.

casi attivi, cioè il numero di malati effettivi, a oggi sono 57.268 (1.839 in più di ieri). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 54.570 (+1.781 rispetto a ieri), il 95,2% del totale dei casi attivi.

Purtroppo, si registrano 48 nuovi decessi: 20 in provincia di Bologna (9 donne rispettivamente di 69, 79, 81, 86, 87, 88, 91 anni e 2 di 85 anni; 7 uomini di cui 2 di 74 anni, uno di 78, uno di 80, 2 di 84 e uno di 85 anni; altre 4 donne nell’imolese, rispettivamente di 41 anni, 90 anni e 2 di 80 anni); 8 in quella di Reggio Emilia (3 donne, una di 64 anni e 2 di 86 anni, e 5 uomini di 84, 85, 87, 92, 93 anni); 7 in provincia di Modena (6 donne rispettivamente di 70, 84, 91, 92 e due 90enni, e un uomo di 96 anni), 7 in quella di Ravenna (3 donne di 77, 87 e 89 anni e 4 uomini di 73, 74, 82 e 92 anni), 3 in quella di Parma (tutte donne, rispettivamente di 81, 83 e 91 anni); uno a Piacenza (un uomo di 88 anni), uno a Ferrara (un uomo di 87 anni) e uno in provincia di Forlì-Cesena (un uomo di 79 anni di Cesenatico). Dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus, in Emilia-Romagna i decessi sono complessivamente 5.115.

I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 247 (dato stabile rispetto a ieri), 2.451 quelli in altri reparti Covid (+58).

Sul territorio, i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono così distribuiti: 12 a Piacenza (dato invariato rispetto a ieri), 17 a Parma (invariato), 26 a Reggio Emilia (+1), 64 a Modena (+2), 66 a Bologna (+2),  1 a Imola (-2), 20 a Ferrara (invariato), 11 a Ravenna (-3), 6 a Forlì (dato invariato), 1 a Cesena (invariato) e 23 a Rimini (invariato).

Le persone complessivamente guarite salgono a 30.902 (+332 rispetto a ieri).

Questi i casi di positività sul territorio dall’inizio dell’epidemia, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 10.023 a Piacenza (+200 rispetto a ieri, di cui 90 sintomatici), 8.202 a Parma (+81, di cui 48 sintomatici), 13.659 a Reggio Emilia (+241, di cui 185 sintomatici), 16.662 a Modena (+517, di cui 377 sintomatici), 18.460 a Bologna (+360, di cui 147 sintomatici), 2.269 casi a Imola (+120, di cui 52 sintomatici), 4.542 a Ferrara (+117, di cui 6 sintomatici), 5.667 a Ravenna (+230, di cui 116 sintomatici), 3.521 a Forlì (+81, di cui 57 sintomatici), 2.932 a Cesena (+65, di cui 51 sintomatici) e 7.348 a Rimini (+207, di cui 106 sintomatici).

Comunicato Regione: Coronavirus. Altri 640 posti letto per pazienti Covid:
se servirà la rete regionale potrà così arrivare a oltre 4.300.

Coronavirus. Altri 640 posti letto per pazienti Covid: se servirà la rete regionale potrà così arrivare a oltre 4.300. E sui Covid Hotel, Emilia-Romagna già pronta: al momento non servono altre strutture. Donini: “Per combattere il virus fondamentale la tenuta di tutto il sistema sanitario, non solo dei reparti dedicati. Impegnati per garantire il più possibile tutte le prestazioni essenziali”

Piano di espansione possibile anche grazie all’accordo con l’ospedalità privata (Aiop). Nei territori attivi 4 Covid Hotel e 17 strutture, spesso alberghiere, per ospitare chi non ha bisogno di cure ospedaliere ma non può fare l’isolamento fiduciario in casa per carenza di spazi adeguati: ancora lontana la capienza massima

Bologna – Altri 640 posti letto disponibili per i pazienti Covid, per un totale che potrà così superare i 4.300 in Emilia-Romagna. Regione, peraltro, già allineata alle richieste nazionali sui Covid Hotel: non ci sarà bisogno, infatti, di requisire alcun albergo per accogliere i malati di Coronavirus, perché nei 4 presenti sul territorio regionale l’83% dei posti è ancora libero (risultano occupati meno di 2 posti letto su 10).

Non solo: anche le strutture presenti sul territorio per garantire l’isolamento a chi non può trascorrerlo in casa – altre 17 strutture, spesso alberghiere – sono libere quasi al 40% della loro capienza, che potrà essere comunque aumentata, in caso di necessità, grazie ad accordi già stipulati con le associazioni di categoria.

La Regione ha risposto alla ricognizione nazionale del Commissario straordinario per il contenimento della pandemia, Domenico Arcuri, che chiedeva di valutare i fabbisogni dei singoli territori per i posti letto dove ospitare chi non può trascorrere l’isolamento nella propria abitazione o chi soffre di patologie più lievi, e quindi gestibili anche in luoghi non di ricovero.

Potenziata la rete dei posti letto Covid

Inoltre, per potenziare la rete dei posti letto, con l’obiettivo di continuare a curare i pazienti Covid e, insieme, garantire il più possibile le altre prestazioni, a partire da quelle essenziali, in accordo con Aiop, l’associazione degli ospedali privati, ha già pronto il piano di espansione della dotazione di posti letto Covid: attualmente sono 3.697, con un incremento previsto della dotazione di ulteriori 640 posti, di cui 498 messi a disposizione dalle strutture private accreditate, per un totale di 4.607.

“In Emilia-Romagna abbiamo raggiunto l’obiettivo richiesto dal Governo per quanto riguarda le terapie intensive già un mese fa, ma siamo sempre stati consapevoli che non fosse l’unico strumento necessario per contrastare l’epidemia- afferma l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. Soprattutto, sappiamo che nella lotta al Coronavirus è fondamentale la tenuta di tutto il sistema sanitario, non solo dei reparti Covid: per questo motivo ci siamo mossi per tempo sia per evitare l’ospedalizzazione quando non strettamente necessaria, garantendo un numero congruo di posti letto nei Covid Hotel e potenziando l’assistenza domiciliare con le Usca, sia per aumentare il numero di posti letto con l’obiettivo specifico di garantire tutte le prestazioni essenziali anche in tempo di pandemia”.

I Covid Hotel attivi in Emilia-Romagna

All’inizio di questa settimana, sono 4 quelli operativi, dove accogliere i malati con sintomi lievi: uno a Salsomaggiore Terme, in provincia di Parma, con 30 camere attualmente libere su 40; uno a Novi di Modena, con 15 stanze tutte occupate; uno a Bologna, dove sono a disposizione tutte e 70 le camere; uno a Ferrara, con 37 stanze libere su 40 totali. Complessivamente, sono quindi 137 su 165 i posti letto liberi.

Per quanto riguarda invece le strutture destinate all’isolamento domiciliare di chi non può trascorrere la quarantena nella propria abitazione, per motivi ad esempio di spazio, in totale sono 17: 3 in quella di Piacenza, 3 in quella di Parma, uno in quella di Reggio Emilia, uno in quella di Modena, 3 in quella di Bologna, uno in quello di Ferrara, 2 in quella di Forlì-Cesena, 3 in quella di Rimini.

In questi hotel i posti letto disponibili sono 685, di cui 433 occupati, pari quindi al 62%.

Le singole Aziende Usl della Regione, a cui spetta la valutazione del fabbisogno ricettivo, hanno promosso da mesi convenzioni per queste esigenze, grazie a specifici accordi quadro con le associazioni di categoria dei titolari di hotel, che assicurano tariffe e condizioni contrattuali uniformi sull’intero territorio regionale e agevolano le trattative con gli operatori economici. In diverse province le Aziende sanitarie stanno infatti già valutando di espandere la disponibilità di posti nelle strutture già convenzionate, oltre ad aumentare il numero di quest’ultime.

Dove soffia lo Spirito del mondo

Magari non lo chiameremmo così, ma di qualcosa che ci dica che la nostra vita, e quella di tutti, ha un senso sentiamo il bisognoNon vorremmo ripetere con Macbeth: “Life’s but a walking shadow, a poor player, that struts and frets his hour upon the stage, and then is heard no more. It is a tale told by an idiot, full of sound and fury, signifying nothing”La vita è solo un’ombra che cammina: un povero istrione, che si dimena, e va pavoneggiandosi sulla scena del mondo, un’ora sola: e poi non s’ode più. Favola raccontata da un’idiota, tutta piena di strepito e furore, che non vuol dir niente.

Hegel vede lo Spirito del mondo e ne scrive all’amico Niethammer il 13 ottobre 1806. “Ho visto l’imperatore – quest’anima del mondo – uscire dalla città per andare in ricognizione; è davvero una sensazione meravigliosa vedere un uomo siffatto, che, concentrato qui su un punto, seduto su un cavallo, si protende sul mondo e lo domina… Da giovedì a lunedì progressi così grandi sono stati possibili solo grazie a quest’uomo straordinario che è impossibile non ammirare”.
Non è un’infatuazione. Nell’opera che sta scrivendo, La fenomenologia dello Spirito, riappare chiaramente, per quanto il linguaggio del filosofo lo permetta. La Rivoluzione francese illumina e conclude il vecchio ordine. “Il graduale sgretolamento, che finora non alterava la fisionomia della totalità, viene infine interrotto dal sorgere del sole che, come un lampo improvviso, fa apparire in un colpo solo la struttura del nuovo mondo”. Termina così il confronto doloroso tra “il regno della cultura” e il “mondo della fede, il regno dell’essenza”. Questo processo dello Spirito prevede il passaggio dalla Francia alla Germania, “allora lo spirito, prima estraniato completamente entro sé, abbandona questo territorio della cultura e giunge in un’altra terra, nella terra della coscienza morale”.
La rivoluzione può degenerare nell’anarchia e nel terrore perseguendo un’utopia. “La libertà universale non può produrre nessuna opera e nessun atto positivi, e le resta soltanto l’attività negativa. La libertà universale è soltanto la furia del dileguare”. Fortunatamente c’è chi (Napoleone) rimuove la realtà “in modo universale – e quindi per tutti – riproducendo un altro mondo, un altro diritto, un’altra legge e altri costumi, al posto di quelli esistenti”. Le masse, passata l’ubriacatura giacobina, “ritornano a un‘opera particolare e limitata: proprio per questo, però, ritornano alla loro realtà sostanziale.”

Pure Adorno lo vede, in altra forma nel frattempo assunta, e ne scrive nel 1944 citando le V2, Vergeltungswaffe 2, precursore tedesco di tutti i missili balistici. “Come il fascismo, le V2 sono lanciate e senza soggetto nello stesso tempo. Come il fascismo, uniscono la massima perfezione tecnica alla cecità assoluta. Come il fascismo, suscitano il massimo terrore e sono perfettamente vane. Ho visto lo Spirito del mondo, non a cavallo, ma alato e senza testa: e questo confuta, nello stesso tempo, la filosofia della storia di Hegel”. Nessun progresso è assicurato. Adorno l’ha visto mutarsi in regressione proprio “nella terra della coscienza morale”, annuncio di catastrofe per l’intera umanità. La dialettica, il momento negativamente razionale, non apre ad alcuna positività futura. Di fronte al male, che appare invincibile, si pone l’esigenza di resistenza e opposizione, che il pessimismo sull’esito non ferma. A sorreggerla è la tensione verso una realtà altra e migliore, intravvista nei momenti più felici della storia.

Nel 1946 Napoleone ritorna in un’annotazione di Aldo Capitini a proposito delle vicende del Partito d’Azione. “Studi La Malfa la situazione italiana più sotto lo strato politico… vedrà che in Italia non può svilupparsi un Roosevelt o un Napoleone della politica. In Italia bisogna animare una sinistra, trasferire là tutti i fermenti e gli elementi del rinnovamento perché là sia la socialità e libertà e religiosità, perché là sia una capacità creativa pari a quella, immensa, del passato italiano”.

Nel 1947 un allievo di Capitini, Silvano Balboni, scrive sul settimanale socialista da lui diretto un pezzo del quale mi piace riportare qualcosa. “Pestalozzi e Napoleone. Una nuova educazione per un’umanità nuova. Quando Pestalozzi arrivò a Parigi con la Consulta Elvetica, si volle che Napoleone avesse l’occasione di parlare un momento con l’illustre educatore, ma Cesare aveva altro a cui pensare. ‘Non ho il tempo di occuparmi dell’abc’, disse spazientito. Raccontando con arguzia l’episodio, nel suo dialetto zurighese, Pestalozzi concludeva: ‘Ebbene, se io non ho visto Napoleone, neanche lui, dopo tutto, mi ha visto’. È un episodio eloquente sulla differenza dei due metodi, quello del dittatore che vuole organizzare l’ordine umano dall’esterno con la forza e quello del giardiniere spirituale che vuole svilupparlo dall’interno coltivando nell’uomo, ancora bambino, il senso dell’armonia con l’amore. Anche oggi usciamo da un periodo durante il quale Cesare ha cercato di foggiare l’Europa a colpi di bombe e con le torture… Pestalozzi non voleva più chiese che elevano le debolezze dei governati e le peggiori ingiustizie dei governanti al di sopra del vangelo, né scuole praticanti un’educazione meccanica e preoccupate solo della memoria, né stati basati su registri e rapporti senz’anima, redatti da funzionari di ghiaccio”.

A proposito dello spirito universale e della chiesa, nel 1957, in “Discuto la religione di Pio XII” (subito all’Indice) Capitini torna al tema. “Una delle cose prime è di non far fare una brutta figura a Dio; meglio, se no, non nominarlo. Quel tale che disse di aver visto, in Napoleone, lo Spirito universale a cavallo, non lo disse certamente con tutta la calma e il rispetto dovuti”. Forse Pio XII non fa di meglio. Nella “Sertum laetitiae” ai vescovi degli Stati Uniti del 1939 è scritto: “Dio, che a tutto provvede con consigli di suprema bontà, ha stabilito che per l’esercizio delle virtù e a saggio dei meriti vi siano nel mondo ricchi e poveri”. Come noto i vescovi d’America (non solo loro) sono convintissimi di ciò. Meno convinto è Capitini sull’esercizio delle virtù. “Nel pensiero di Pio XII credo che si tratti, per esempio, della carità da parte dei ricchi, e della non invidia da parte dei poveri”. E neppure condivide l’opinione che grazie alla differenza “si possano saggiare i meriti, il valore maggiore o minore delle persone”.

“Quel tale” disinvoltamente citato è stato oggetto di approfondito studio da parte di Capitini. La realtà come si presenta è da lui anche più nettamente avversata e criticata di quanto faccia Adorno. Nel suo pensiero è l’esigenza di una radicale tramutazione di una realtà inadeguata. Può venire solo dall’aggiunta nonviolenta “con spirito e metodo proprio, all’opposizione verso la presente società”. Il senso che cerchiamo, solo un pensiero e una pratica alla nonviolenza ispirati potrebbero, forse, farcelo intravvedere.

Questo articolo è recentemente apparso sull’edizione in rete della storica rivista del Movimento nonviolento [www.azionenonviolenta.it] 

21 novembre ore 21: La vita di Georges Simenon
scritta da Schiavone e disegnata da Lacavalla
al Microfestival delle storie, in diretta Fb su Ferraraitalia

da: Ufficio Stampa Microfestival delle storie

Alfabeto Simenon(edizioni Bd) è un libro che dà le giuste coordinate per accostarsi a un gigante della letteratura del Novecento. Alfabeto Simenon, lavoro a quattro mani fra lo scrittore Alberto Schiavone e il fumettista Maurizio Lacavalla, sarà presentato venerdì 20 novembre alle 21 in diretta dalla pagina facebook del Microfestival delle storie e del quotidiano Ferraraitalia. A dialogare con gli autori, Riccarda Dalbuoni e il fumettista Biagio Panzani. Ogni capitolo è una lettera dell’alfabeto, un segmento della vita e dell’arte di Simenon di cui cogliere ossessioni, intimità, mancanze, amori, viaggi. Un libro che fa venire voglia di andare a rileggere quanto ci ha lasciato Simenon tra romanzi racconti, articoli e una produzione vastissima per cui il padre di Maigret non smette di essere grande.

Il Microfestival si dedica, inoltre, all’attualità per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Lunedì 23 novembre alle 21, in diretta facebook assieme alla psicologa Rosaria Dell’Aversana, responsabile del centro antiviolenza polesano (Rovigo, Adria, Lendinara), all’insegnante di scuola secondaria inferiore Roberta Celeghin e all’assessore alle Pari opportunità di Polesella Consuelo Pavani, verranno illustrati i dati provinciali sui fenomeni di violenza sulle donne e si parlerà di come prevenire stereotipi e discriminazione a partire dall’adolescenza. Modera l’incontro Riccarda Dalbuoni.

Per seguire la diretta sulla pagina Fb Ferraraitaliahttps://www.facebook.com/ferraraitaliaquotidiano

Per informazioni: microfestivaldellestorie@gmail.com, messenger: microfestival delle storie.

Belotti CNA: “imprese artigiane prese in giro. Attività aperte ma i clienti non ci possono andare se vengono da Comuni diversi. Sono i danni di una burocrazia impazzita”

Da: CNA Ferrara

“Siamo di fronte a un’autentica presa in giro delle imprese artigiane, che forniscono servizi utili alle persone e alla comunità. Viene chiesto loro di tenere aperta l’attività, e contemporaneamente si impedisce ai loro clienti di raggiungerle se abitano in un Comune diverso. Non c’è alcuna logica in disposizioni come queste: Governo e Regioni devono immediatamente rivedere la propria posizione in materia dando una interpretazione univoca per tutto il territorio nazionale che non penalizzi le imprese”.

Davide Bellotti, presidente di Cna Ferrara, non usa mezzi termini. Secondo l’interpretazione della Regione Emilia Romagna non ci si può spostare da un Comune a un altro per andare dal proprio parrucchiere o estetista di fiducia, e nemmeno per il gommista, il carrozziere, l’autofficina o la lavanderia.

“E’ davvero incomprensibile – prosegue Bellotti – I servizi estetici sono molto personali e personalizzati, e contribuiscono al benessere delle persone. Inoltre, tantissime nostre imprese hanno servizi prenotati da tempo, da parte di clienti seguiti da tanti anni, che ora non possono andare solo perché abitano in un comune limitrofo. Inoltre, acconciatori ed estetiste, in questi mesi, hanno dato prova di grande rispetto per i protocolli di sicurezza: usano i dispositivi prescritti con estremo rigore, si attengono alle regole e registrano con attenzione tutti i clienti che accedono ai locali, cosa riconosciuta e che ha consentito loro di rimanere aperti”

Simile paradosso è quello che investe gommisti, autoriparatori, tintolavanderie e tanti altri servizi rivolti alla comunità: “Faccio un solo esempio: la Regione Emilia Romagna – dice Bellotti – mi dice che non posso andare dal gommista di fiducia, che magari ha in consegna le gomme invernali della mia auto, o dall’autoriparatore che ha già pronti i ricambi necessari per la manutenzione ordinaria. Non posso, se il gommista o l’autoriparatore hanno la loro attività oltre il confine del mio Comune di residenza. E la sicurezza della mia e di tante auto come la mia? Non interessa più a nessuno?”

Il paradosso è ancora più irritante se si considera che nelle Marche, Regione arancione come l’Emilia Romagna, questa possibilità è stata data. Evidentemente non c’è alcuna uniformità di interpretazione né collaborazione tra le diverse Regioni.

“Siamo di fronte, purtroppo, a una burocrazia impazzita – conclude Bellotti – che non riesce a gestire con buon senso questa difficilissima emergenza. C’è un cortocircuito istituzionale che porta al rischio di far chiudere centinaia di imprese.

Se Stato e Regioni non interverranno tempestivamente garantendo l’esercizio della libertà d’impresa siamo pronti ad azioni anche eclatanti per tutelare il nostro artigianato.

Nel contempo occorre rivedere i ristori garantendo a tutti un equo indennizzo sulla base delle perdite di fatturato, non in base ad artificiosi criteri burocratici come i codici Ateco”.

EMILIA-ROMAGNA ZONA ARANCIONE, RANCAN (LEGA ER):
“REGIONE REVOCHI IMMEDIATAMENTE L’ORDINANZA 12 NOVEMBRE”

da: Ufficio stampa Lega ER

BOLOGNA, 17 NOV – “A seguito della riclassificazione dell’Emilia-Romagna in fascia arancione, la giunta regionale revochi subito la propria ordinanza 12 novembre 2020, n. 226, emanata in tema di misure per la gestione dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione della sindrome da covid-19”. E’ quanto chiede una Risoluzione della Lega a prima firma del capogruppo in Regione ER, Matteo Rancan, che sottolinea: “con il mutare di fascia di rischio le misure contenute nell’ordinanza del presidente Stefano Bonaccini del 12 novembre 2020, n. 226, sono andate ad integrarsi con le restrizioni previste dal D.P.C.M. 3 novembre 2020 per le cosiddette “Zone Arancioni” rendendo queste ultime più stringenti con conseguente penalizzazione delle attività produttive coinvolte”.

Pertanto, considerando come il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia abbia immediatamente revocato l’ordinanza emessa di concerto con i presidenti delle Regioni Emilia Romagna e Veneto, non appena la sua regione è diventata “arancione”, anche i leghisti emiliano-romagnoli, pur giudicando “ingiusta e per molti aspetti incomprensibile la scelta operata dal Governo di inserire la Regione Emilia-Romagna in “zona arancione” solo poche ore dopo aver assentito all’emanazione dell’ordinanza 12 novembre 2020, n. 226”, chiedono che la Giunta revochi subito la propria ordinanza del 12 novembre 2020.

Dal 18 novembre in sala, sulla piattaforma cinepark.tv : “The specials”

da: ufficio stampa Apollo Cinepark 

La programmazione della piattaforma streaming Cinepark.tv propone da domani sera l’attesa commedia francese  “The specials” di Olivier Nakache e Eric Toledano (la coppia d’oro che ha firmato Quasi Amici, ancora campione di incassi in Francia), con Vincent Cassel  e Reda Kateb, rispettivamente Malik e Bruno.

I due sono una coppia di amici e colleghi, al lavoro in modo complementare per aiutare giovani in difficoltà, tra guida terapeutica, inserimento nel mondo del lavoro e ovviamente assistenza pratica quotidiana per ragazzi affetti da autismo, a loro volta gestiti da istruttori cresciuti in situazioni disagiate. Uno musulmano e l’altro ebreo, uno padre di famiglia e l’altro “vittima” di una serie di appuntamenti al buio organizzati da amici e colleghi, Bruno e Malik passano le giornate a battere le strade di Parigi occupandosi di decine di ragazzi come Dylan, alla ricerca di un senso di responsabilità, Joseph, che insiste nel suonare l’allarme sulla metropolitana, e Valentin, costretto a indossare un casco da pugile per proteggersi dai suoi stessi raptus di violenza.

Seminario “Democrazia e libera informazione”:
webinar giovedì 19 novembre ore 10,00
250 studenti coinvolti<<

da: addetto stampa Prefettura di Ferrara

“Democrazia e libera informazione”, il seminario organizzato dalla Prefettura di Ferrara in collaborazione con l’Ordine regionale dei giornalisti dell’Emilia Romagna

Webinar in programma giovedì 19 novembre alle ore 10

Nella giornata di Giovedì 19 novembre p.v., a partire dalle ore 10, si terrà una giornata seminariale, con modalità a distanza, dal titolo “Democrazia e libera informazione” organizzato dalla Prefettura di Ferrara, d’intesa con l’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna.
Il “webinar”, che coinvolgerà, tra gli altri, 250 tra studenti delle classi IV e V di tutte le scuole secondarie di II grado di Ferrara e componenti della consulta studentesca provinciale, vedrà la partecipazione del Vice Direttore Generale del Dipartimento di Pubblica Sicurezza Prefetto Vittorio Rizzi, del giornalista e reporter internazionale Nello Scavo e del Vice Ministro dell’Interno On.Matteo Mauri, al quale saranno affidate le conclusioni.
Si tratta di un evento che affronta un tema di rilevante attualità, quale quello della libertà di stampa,in una realtà sempre più complessa ed interconnessa, e che ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica, in particolare il mondo della scuola, sulla necessità di rafforzare la prevenzione ed il contrasto delle diverse forme di minaccia rilevante nei confronti di giornalisti ed operatori del settore della stampa e della comunicazione.

Rigeneranti esplorazioni d’autunno nelle Valli di Argenta (FE)

da: Consorzio Visit Ferrara

Oasi naturalistiche, scenari panoramici straordinari, specie di uccelli rari e cavalli allo stato brado si lasciano scoprire con Visit Ferrara, a piedi o in bicicletta, in un’area preziosa del Parco del Delta del Po. 

Tramonti infuocati e oasi naturali incantevoli convivono con variegate specie di uccelli nelle Valli di Argenta (FE), una delle più vaste zone umide d’acqua dolce dell’Italia settentrionale, area naturalistica di pregio nel Parco del Delta del Po. È un ecomuseo dal valore ambientale unico – da scoprire con Visit Ferrara che propone itinerari, soggiorni, pacchetti e visite guidate da prenotare direttamente su www.visitferrara.eu – ideale per passeggiate ed escursioni a piedi, in eco-shuttle o in bicicletta, mentre l’autunno dipinge di colori questo territorio ricco di natura della provincia ferrarese. Aironi bianchi, aironi cenerini, spatole, oche selvatiche, martin pescatore, poiane e molte specie di anatidi vivono in questo scrigno di biodiversità, dove rilassarsi e camminare respirando aria pura. È la prima stazione di pianura del Parco del Delta del Po in cui il lupo si è insediato, insieme al capriolo, dopo secoli di assenza. C’è infatti anche una coppia di lupi, denominata teneramente dai residenti Marco e Anna, che recentemente ha popolato le Valli di Argenta di 7 cuccioli.
L’ecomuseo di Argenta svela tre stazioni museali, tra cui il Museo delle Valli di Argenta e il Museo della Bonifica, riconosciuti dall’Istituto per i Beni Culturali dell’Emilia Romagna. Il primo è un’isola in cui l’equilibrio tra terra ed acqua crea le condizioni ideali per la convivenza di specie animali e vegetali preziose. Scenari panoramici straordinari si aprono agli occhi dei visitatori, che possono fare tappa al Casino del Campotto, un edificio rurale trasformato in centro di educazione ambientale, al cui interno sono stati ricreati dei percorsi espositivi con sezioni storico-antropologiche e naturalistiche, mentre all’esterno boschi, prati umidi, lamineti si estendono per 1.600 ettari, per creare l’Oasi di Val Campotto. Da non perdere, una passeggiata nella penisola di Boscoforte, che ha riaperto al pubblico l’estate scorsa dopo anni di chiusura. Un angolo di paradiso protetto, creato da un antico cordone dunoso formatosi in epoca etrusca, che si spinge per circa 6 km dall’argine sinistro del Reno fino alle Valli di Comacchio, disegnando dossi sabbiosi, canali, canneti, e l’ambiente ideale in cui scorgere bellissimi esemplari di cavalli Camargue-Delta, che vagano liberi allo stato brado, e splendidi fenicotteri rosa.
Il Museo della Bonifica è stato realizzato nell’impianto idrovoro, un esempio di archeologia industriale inserito nel contesto di edifici in stile liberty, utile per il sollevamento e lo scarico delle acque nel fiume Reno. Qui c’è anche un’antica centrale termoelettrica con immagini che raccontano i lavori di bonifica, le caldaie per produrre il vapore e strumenti più moderni. All’interno della chiesa di San Domenico c’è invece il Museo Civico di Argenta, esempio di architettura quattrocentesca con mattoni a vista e con un campanile con guglia in mattonelle di terracotta policroma.
Con i consigli di Visit Ferrara, si può partecipare ad escursioni nel bosco di Traversante, immergersi tra alberi, ninfee ed animali, passeggiare sulle tracce dei lupi, seguire itinerari su due ruote, godere della magia del foliage in autunno.
Link cartella immagini Valli d’Argenta: https://bit.ly/VisitFerraraVallidArgenta
Link cartella immagini Visit Ferrara: https://bit.ly/ConsorzioVisitFerrara
Per informazioni e prenotazioni: Consorzio Visit Ferrara
Via Borgo dei Leoni 11, Ferrara (FE)
Tel. 0532 783944, 340 7423984
E – mail: assistenza@visitferrara.eu
Sito web: www.visitferrara.eu
Cover: Valli di Argenta, foto fornita da  Consorzio Visit Ferrara 

CAMERA DI COMMERCIO, ALTERNANZA SCUOLA-LAVORA:
PRIMO PREMIO ALLA CLASSE 5A DEL LICEO CARDUCCI E ALLA CLASSE 5A DELL’ISTITUTO TECNICO PROFESSIONALE BACHELET

da: ufficio stampa Camera di Commercio  Ferrara

E’ andato alle classi 5A del Liceo Carducci e 5A dell’Istituto Tecnico Professionale Bachelet il riconoscimento della Camera di commercio di Ferrara per il miglior progetto di alternanza scuola lavoro. Così ha deciso la Commissione di valutazione formata, tra gli altri, da docenti dell’Università estense, che ha premiato il video multimediale “Tutor per l’orientamento e la prevenzione”, realizzato dagli studenti del Liceo Carducci nell’ambito di un progetto pilota promosso dalla Comunità di San Patrignano, e il progetto dei ragazzi e delle ragazze dell’Istituto Bachelet “Impresa al Femminile”, nato dall’idea di dare alle donne la fiducia che meritano affinché si misurino senza paura con le sfide dell’economia globale, con il rischio dell’impresa, e mettano a frutto le loro abilità di ‘fare rete’.

600 euro a ciascuna delle scuola prime classificate, 400 euro alla seconda e 250 alla terza classificata: questi gli assegni consegnati (virtualmente) dal Segretario generale della Camera di commercio nell’ambito del nutrito programma di iniziative promosso dall’Ente di Largo Castello per valorizzare e dare visibilità – nonostante la pandemia – ai racconti dei progetti d’alternanza scuola-lavoro ideati, elaborati e realizzati dagli studenti e dai tutor degli Istituti scolastici ferraresi di secondo grado.

Bello anche il progetto degli studenti della classe 3B del Liceo artistico Dosso Dossi, classificatosi al secondo posto, che, presso il Consorzio Factory Grisù di Ferrara, ha dato vita a quattro percorsi pluridisciplinari coniugando ambiente, territorio, artigianato, nuove tecnologie e materiali di recupero. Se alle ragazze ed ai ragazzi della 4S del Liceo Ariosto è andato il terzo premio per un progetto sviluppato – presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara e l’Azienda territoriale Unità Sanitaria Locale – in ambito biomedico con l’obiettivo di promuovere l’importanza della ricerca scientifica e di stimolare l’interesse dei giovani ai problemi della sperimentazione scientifica, al quarto posto si sono classificate le classi 3N e 4L del Liceo Roiti, che hanno lavorato sulla sostenibilità e sulla tutela dei beni culturali ed ambientali, fra i quali il Palazzo Costabili di Ferrara e il suo giardino neorinascimentale.

Giunto alla quarta edizione, il Premio “Storie di Alternanza” è un progetto molto sentito dalla Camera di commercio, alla quale la legge di riforma affida una serie di nuove funzioni in materia proprio di orientamento scolastico e alternanza scuola-lavoro. Tra queste, anche la gestione del Registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro, punto d’incontro (virtuale) tra le scuole e le strutture che sono disponibili ad ospitare studenti in esperienze di alternanza e apprendistato per offrire loro un periodo di apprendimento on the job.

Possono candidarsi al Premio della Camera di commercio, i cui battenti riapriranno nel 2021, gli studenti, singoli o in gruppo, che:

  • facciano parte di una o più classi di uno stesso o più istituti di istruzione secondaria superiore;
  • abbiano svolto e concluso, a partire dall’entrata in vigore della legge n. 107/2015, un percorso di alternanza scuola-lavoro (presso imprese, Enti, professionisti, impresa simulata, etc.);
  • abbiano realizzato un racconto multimediale (video) che presenti l’esperienza di alternanza realizzata, le competenze acquisite e il ruolo dei tutor (scolastici ed esterni).

Giornata mondiale Infanzia. Save the Children:
in Emilia Romagna quasi 1 ragazza su 5 (17,8%) non studia,
non lavora e non segue nessun percorso formativo

da: ufficio stampa Save the Children

Giornata mondiale Infanzia, Emilia Romagna: Save the Children, nella regione quasi 1 ragazza su 5 (17,8%) non studia, non lavora e non segue nessun percorso formativo. In Emilia Romagna situazione comunque più rosea che in altre regioni nonostante già prima della crisi 1 minore su 10 vivesse in povertà relativa e la dispersione scolastica fosse all’11,3%; nelle province di Ferrara e Reggio Emilia, tuttavia, circa 1 ragazza su 5 e 1 ragazzo su 4 non raggiugono le competenze minime in matematica e in italiano.

L’Organizzazione diffonde l’XI edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia “Con gli occhi delle bambine”, con una forte denuncia sulla necessità di intervenire alla radice delle diseguaglianze che colpiscono le ragazze. Urgente intervenire con risorse adeguate nelle “zone rosse” della povertà educativa

 Un Paese e una regione, l’Emilia Romagna, non “a misura di bambino”, ma ancor meno “a misura di bambine”, che si sono trovati ad affrontare l’emergenza Covid-19, sebbene la regione fosse meno impreparata di altre.  Bambine e ragazze che in Italia pagano sulla loro pelle disuguaglianze di genere sistematiche e ben radicate nella nostra società, che si formano già nella prima infanzia, che le lasciano indietro rispetto ai coetanei maschi e che, con la pandemia, sono deflagrate.

In Italia, circa 1 milione e 140 mila ragazze tra i 15 e i 29 anni rischiano, entro la fine dell’anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione, rinunciando così ad aspirazioni e a progetti per il proprio futuro. Un limbo in cui già oggi, in Emilia Romagna, è intrappolato il 17,8% delle giovani, contro l’11% dei coetanei maschiPercentuali, per quanto riguarda le ragazze, ben lontane dai picchi che si avvicinano al 40% in Sicilia e in Calabria, ma ancora distanti altresì da quelle nei territori più virtuosi, come il Trentino Alto Adige, dove le ragazze Neet sono il 14,6% (comunque quasi il doppio rispetto ai ragazzi, 7,7%).
Divari di genere che a livello nazionale si ripercuotono anche sul fronte occupazionale, con un tasso di mancata occupazione tra le 15-34enni che raggiunge il 33% contro il 27,2% dei giovani maschi, un dato comunque grave. L’istruzione resta un fattore “protettivo” per il futuro delle ragazze, ma anche le giovani che conseguono la laurea stanno pagando cara la crisi: tra le neolaureate che in Italia hanno conseguito il titolo di primo livello nei primi sei mesi del 2019, solo il 62,4% ha trovato lavoro, con un calo di 10 punti percentuali rispetto al 2019, mentre per i laureati maschi – pur penalizzati – il calo è di 8 punti (dal 77,2% al 69,1%), con retribuzioni comunque superiori del 19% rispetto alle neolaureate.

Un Paese, quello fotografato da Save the Children, dove nascono sempre meno bambini e dove la povertà intrappola il loro futuro nelle aree più svantaggiate, nelle periferie educative, privandoli delle opportunità di coltivare passioni, talenti e aspirazioni. Questa l’Italia delle bambine, dei bambini e degli adolescenti sulla quale si è abbattuta la scure dell’emergenza Covid con conseguenze socio-economiche che rischiano di rendere ancor più profonde le disuguaglianze.

In Emilia Romagna, il 10,8% dei minori vive in condizioni di povertà relativa, un dato migliore della media nazionale che si attesta al 22% e soprattutto di regioni come la Calabria (42,4%) e la Sicilia (40,1%) che si trovano ai primi posti di questa triste classifica. Sul lato opposto, il Trentino Alto Adige (8,3%) e la Toscana (9,8%) i territori più virtuosi che presentano le percentuali più basse di minori in povertà relativa.  

Già prima della pandemia, nel nostro Paese, 1 milione 137 mila minori (l’11,4% del totale) si trovavano in condizioni di povertà assoluta, senza avere cioè lo stretto necessario per condurre una vita dignitosa. Un dato in calo rispetto al 12,6% del 2018, ma che tuttavia rischia di subire una nuova impennata proprio per gli effetti del Covid-19, se non saranno messi subito in campo interventi organici per prevenire una crescita esponenziale come quella avvenuta a seguito della crisi economica del 2008, quando la percentuale di povertà assoluta minorile è quadruplicata in un decennio (era il 3,1% nel 2007).

Sono solo alcuni dei dati che emergono dal nuovo Atlante dell’infanzia a rischio “Con gli occhi delle bambine”[1] diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – giunto quest’anno alla sua undicesima edizioneQuest’anno l’Atlante apre una finestra sulla condizione dell’infanzia nel nostro Paese e nella regione Emilia Romagna, restituendoci una fotografia fatta di povertà minorile e disuguaglianze educative, e propone un approfondimento sulla condizione di bambine e ragazze, evidenziando per loro un futuro post pandemia a rischio.

“Già prima dell’emergenza Covid, l’ascensore sociale del Paese era fermo: in Italia si è rotto il meccanismo che permetteva di migliorare la propria condizione, di costruirsi un futuro migliore. Un Paese che aveva già dimostrato di aver messo l’infanzia agli ultimi posti tra le proprie priorità e che di fronte a una sfida sanitaria e socioeconomica come quella che stiamo affrontando, stenta a cambiare strada mettendo i bambini e gli adolescenti al centro delle proprie politiche di rilancio”, denuncia Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia. “Abbiamo una generazione intera da proteggere, una generazione per la quale il futuro si costruisce a partire da oggi, in Emilia Romagna così come nel resto del Paese. E in questa spinta per la ripartenza, le bambine e le ragazze possono e devono essere un volano di sviluppo. I dati e le analisi tracciano per loro un percorso pervaso di ostacoli, sfide, problemi, ma mostrano allo stesso tempo la loro capacità di resilienza, del loro saper fare di più anche con minori risorse e della loro spinta a proiettarsi verso l’esterno, ad impegnarsi nella vita pubblica. Nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il Next Generation Eu che l’Italia sta definendo, c’è la volontà di impegnarsi nel superamento delle diseguaglianze di genere. È fondamentale andare alla radice di queste diseguaglianze, prevedendo investimenti specifici dedicati a liberare talenti e potenzialità dell’universo femminile. Se per uscire dalla crisi il nostro Paese intende davvero scommettere sulle capacità delle donne, questa scommessa dovrà partire dalle bambine, a partire da quelle che vivono nei contesti più svantaggiati”.

Lo smottamento demografico del paese

Un Paese che sta perdendo il suo capitale umano più importante: i bambini.  I dati mostrano un calo dei nuovi nati, confermando come nel nostro Paese sia in atto un continuo smottamento demografico, che procede a passo sempre più spedito: negli ultimi dieci anni abbiamo perso oltre 385 mila minori, che oggi rappresentano il 16% del totale della popolazione mentre l’incidenza degli 0-14enni è la più bassa tra i Paesi dell’Ue (13,2% contro il 20,5% della capofila Irlanda). Tra le province dell’Emilia Romagna, è Ferrara quella con la percentuale più bassa di minori sul totale della popolazione (13,2%), mentre Reggio Emilia fa registrare il valore più alto (17,3%). Volgendo lo sguardo al resto del Paese, invece sono due province sarde – Oristano e Sud Sardegna – quelle con la percentuale più bassa in Italia di minori sul totale della popolazione (rispettivamente 12,5% e 12,9%). Sul fronte opposto, tra le province più giovani, troviamo Bolzano al 19%, Napoli al 18,8% e Caserta al 18,5%.

Solo nel 2019 il nostro Paese, con poco più di 420 mila nascite (quasi 31 mila in Emilia Romagna), ha fatto registrare una diminuzione di oltre 19 mila nati rispetto all’anno precedente (-4,5%) e a fine 2020, nell’anno della pandemia, secondo le ultime previsioni dell’Istat potrebbe conoscere una ulteriore riduzione di 12 mila unità, portando le nuove nascite a quota 408 mila a fine anno e a 393 mila nel 2021.  A ridurre il brusco calo, solo l’incidenza dei minori con cittadinanza straniera, che oggi in Italia sono l’11% del totale, con Prato (28,4%), Piacenza (22,2%) e Parma (19,5) le province italiane con le percentuali più alte. Un esercito di bambine e bambini spesso nati e cresciuti in Italia, che reclamano i loro diritti di cittadinanza.

Il rischio di essere lasciati indietro: l’aumento della povertà educativa

L’aumento della povertà educativa come conseguenza della crisi legata al Covid-19 rischia concretamente di tradursi nella perdita di apprendimenti e competenze educative, nell’incremento della dispersione scolastica così come del numero di giovani tagliati fuori da percorsi di studio, di formazione o lavorativi, tutti fenomeni già ben presenti prima dell’arrivo del virus.

Basti pensare alla possibilità di frequentare un asilo nido o un servizio per la prima infanzia, che tuttavia in Emilia Romagna registra una percentuale di circa il 28% di bambini che nell’anno scolastico 2018/2019 avevano accesso a servizi pubblici offerti dai Comuni, un dato inferiore solo alla Valle d’Aosta (32,3%) e alla provincia autonoma di Trento (28,4%) e dunque di gran lunga migliore della media nazionale del 13,2%. Di contro, in Calabria (3%), Campania (4,3%) e Sicilia (6,4%) si registrano le percentuali più basse a livello nazionale.

Ma anche nel percorso di crescita, a livello nazionale, gli indicatori di povertà educativa confermano una situazione difficile già prima dell’emergenza, anche se c’è da sottolineare come l’Emilia Romagna faccia registrare risultati di gran lunga migliori rispetto alla media del Paese : nella regione più di 1 giovane su 10 (l’’11,3%) abbandona la scuola prima del tempo, al di sotto della media nazionale che segna un tasso di dispersione scolastica del 13,5%; inoltre, in Emilia Romagna, il 14,3% dei giovani rientra nell’esercito dei NEET, cioè di coloro che non studiano, non lavorano e non investono nella formazione professionale, molto meglio dello scenario a livello nazionale che fa registrare una percentuale media del 22,2%.

Anche al di fuori della scuola, le opportunità di crescita culturale, emozionale, creativa, di svago e di movimento che possono permettere ai bambini e agli adolescenti di sviluppare pienamente la propria personalità sembravano essere molto basse già prima dell’arrivo del virus: nel 2018-2019, in Emilia Romagna quasi 4 minori su 10 tra i 6 e i 17 anni (37,7%) non leggevano neanche un libro extrascolastico all’anno (un dato di circa dieci punti percentuali inferiore rispetto al 48% a livello nazionale), mentre il 17,1% dei bambini o adolescenti tra i 3 e i 17 anni non praticava alcuna attività sportiva, comunque meglio, anche in questo caso, della media nazionale del 22,4%, quasi 1 su 4.

“Nonostante l’impegno di tanti docenti ed educatori, il funzionamento a singhiozzo delle scuole e la didattica solo a distanza stanno producendo in molti bambini non solo perdita di apprendimento, ma anche perdita di motivazione nel proseguire lo studio. Dai territori riceviamo segnalazioni di bambini e ragazzi che spariscono dal radar delle scuole. Le mappe dell’Atlante indicano con chiarezza quali sono le “zone rosse” della povertà minorile e della dispersione, dove è necessario intervenire subito e in via prioritaria per affrontare una doppia crisi: quella sanitaria e quella educativa”, afferma Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Diseguaglianze e povertà educativa di genere: una crepa che si forma nella prima infanzia

Gli effetti della pandemia sul futuro dei minori rischiano di essere ancor più pesanti sulle bambine e sulle ragazze, che già scontano in prima persona un gap con i coetanei maschi che affonda le proprie radici proprio nell’infanzia. Un divario di genere, alimentato da diseguaglianze sistematiche e ampiamente diffuse nel nostro Paese, che non accenna a ridursi, nonostante bambine e ragazze siano più brave dei loro coetanei a scuola, abbiano meno bocciature e abbandoni scolastici, si mostrino più resilienti e cooperative, abbiano competenze maggiori in lettura e in italiano e arrivino a laurearsi molto più dei ragazzi.

Sfogliando le oltre 100 mappe e infografiche dell’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children, emerge ad esempio che tra i minori tra i 6 ei 17 anni le bambine e le ragazze leggono più dei maschi (non ha l’abitudine alla lettura il 53,6% dei maschi contro il 41,8% delle ragazze); con percentuali molto alte soprattutto al nord-est (14,1%) e al nord-ovest (10,4%). Ancora, le ragazze hanno performance scolastiche migliori dei coetanei: se, tra i maschi, più di 1 su 4 (26,1%) non raggiunge le competenze sufficienti in matematica e in italiano, questa percentuale si abbassa al 22,1% per le ragazze. Valori, questi, non troppo diversi rispetto a quelli che ad esempio si registrano nella provincia di Ferrara, con il 20,5% delle ragazze e il 27,3% dei ragazzi che non raggiungono competenze minime, dato quest’ultimo più alto di quello nazionale. Ma anche altre province dell’Emilia Romagna riportano dati preoccupanti, come Reggio Emilia dove quasi 1 ragazza su 5 (19,5%) e più di 1 ragazzo su 4 (25,2%) non raggiungono le competenze minime. 

L’istruzione rappresenta il principale fattore protettivo per le giovani all’ingresso nel mondo del lavoro e il fallimento formativo le espone ad un futuro lavorativo irto di difficoltà e di rischi. Una percezione che spinge a studiare fino ad ottenere una laurea un terzo delle giovani in Italia, a fronte di solo un quinto dei giovani maschi, uno dei gap più ampi d’Europa: tra le 30-34enni il 34% è laureata, mentre tra i 30-34enni maschi lo è solo il 22%.

Ma impegno, tenacia e dedizione allo studio sembrano non bastare: nonostante i migliori risultati durante il loro percorso, gli ostacoli e gli svantaggi attendono le giovani al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro. In generale, infatti, il nostro Paese detiene uno dei tassi di occupazione femminile più bassi in Europa. Nel 2019, il tasso di occupazione delle giovani laureate tra i 30 e i 34 anni era del 76% contro l’83,4% dei maschi, mentre tra le giovani diplomate senza la laurea le occupate erano solo il 56,7% a fronte dell’80,9% dei coetanei maschi. Senza un diploma di scuola superiore, le occupate sono un esiguo 36,3%, a fronte del 70,7% dei coetanei maschi.

Persino nel mondo accademico, i divari di genere sono ancora forti: basti pensare che nel 2018 le donne rappresentavano il 55,4% degli iscritti ai corsi di laurea, il 57,1% dei laureati, il 50,5% dei dottori di ricerca. Ma pur essendo maggioranza nei percorsi di formazione universitaria, restano delle Cenerentole nella carriera accademica, sin quasi a scomparire ai vertici. Nel 2018, le donne rappresentano il 50,1% degli assegnisti di ricerca, il 46,8% dei ricercatori universitari, il 38,4% dei professori associati, il 23,7% dei professori ordinari.  Le donne rettrici, in Italia, sono 7 su 84. Eccolo il famoso “soffitto di cristallo”, “la barriera invisibile che impedisce alle donne di accedere alle posizioni apicali per ostacoli spesso difficili da individuare”.

“I dati dell’Atlante mettono in evidenza la nascita dell’”illusione della parità” delle bambine e delle ragazze, che a scuola godono di una condizione di parità con i coetanei, anzi sono più brillanti nella lettura così come nelle performance scolastiche. Ma le aspettative si infrangono al primo confronto con il mondo del lavoro. E alcuni segnali si registrano già nei primi anni di scuola, ad esempio con il progressivo allontanamento delle bambine dalle materie scientifiche. Servono interventi mirati, quali piani formativi e doti educative, per promuovere tra le bambine e le ragazze – a partire da quelle che vivono nei contesti più svantaggiati – l’acquisizione di fiducia nelle proprie capacità in tutti i settori. Anche nella matematica, le scienze, l’ingegneria e le tecnologie digitali”, ha affermato Raffaela Milano.

Le bambine e le ragazze accumulano durante il loro percorso scolastico delle lacune nelle materie scientifiche, già ravvisabili dal secondo anno della scuola primaria, ma che crescono via via: ad esempio a livello nazionale le bambine alla fine della primaria ottengono un punteggio medio ai test Invalsi di matematica di 4,5 punti inferiore rispetto ai coetanei, uno svantaggio che sale a -6 punti al 2° anno delle superiori, fino a -10 punti all’ultimo anno delle scuole superiori. Una differenza, a sfavore delle ragazze, che in media nella provincia di Piacenza durante il percorso scolastico arriva a toccare -9,1 punti, rispetto al -6,1 a livello nazionale, mentre la provincia dell’Emilia Romagna più virtuosa in tal senso è Ferrara, dove la differenza di punteggi in matematica si assottiglia a -0,9.

Questa elevata ‘specializzazione’ di genere nell’ambito delle competenze scolastiche si riverbera poi nella scelta dell’indirizzo di studio, che rafforza queste differenze, e di conseguenza della facoltà universitaria. Secondo i dati forniti a Save the Children dal Miur relativi al 2019, in Italia tra i diplomati nei licei i ragazzi sono più presenti in quelli scientifici (il 26% di tutti i diplomati, rispetto al 19% delle diplomate) mentre le ragazze sono più presenti nei licei umanistici-artistici (il 42% di tutte le diplomate, solo il 13% dei diplomati). Guardando i dati dell’Emilia Romagna, ad esempio, meno di 1 ragazza su 4 (23,2%) si diploma al liceo classico o scientifico, così come il 24% si diploma in un istituto tecnico (23,9%).

Quando si iscrivono all’università, inoltre, poche giovani in Italia scelgono le facoltà in ambito scientifico-tecnologico (STEM): solo il 16,5% delle giovani laureate tra i 25 e i 34 anni ha conseguito il titolo in questo settore, a fronte di una percentuale più che doppia (37%) per i maschi. Un percorso che conduce alla segregazione orizzontale nel lavoro e nelle carriere, nei settori più innovativi (STEM e ICT).

Nel mondo del lavoro, poi, le persistenti forme di discriminazione verso le donne fanno deragliare le prospettive di molte ragazze determinando un gap ancora significativo nelle percentuali di NEET tra i generi, che vedono più ragazze ai margini di ogni progetto per il loro futuro. In Italia, le giovani in questa condizione sono il 24,3%, contro il 20,2% dei maschi, rischiando entro la fine dell’anno di toccare quota 1 milione e 140 mila e raggiungere così i livelli del 2016. In Emilia Romagna le giovani neet sono invece il 17,8%, contro l’11% dei coetanei maschi. La Sicilia e la Calabria (rispettivamente al 39,9 e al 36,2%) le regioni con più giovani ragazze ai margini; Trentino Alto Adige e Veneto le più virtuose (14,6% e 15,6%). Una situazione che – in base ai dati sul mercato del lavoro degli ultimi mesi – è peggiorata per la crisi seguita all’emergenza Covid-19.

“Senza un intervento tempestivo e mirato, oggi rischiamo un’impennata nel numero delle NEET, cancellando le aspettative di futuro di più di un milione di ragazze in Italia. È un rischio concreto, se solo si guardano i dati più recenti, come il calo del 2,7% dell’occupazione femminile – già storicamente tanto fragile in Italia – rispetto all’anno precedente, con una perdita secca di 264mila occupate. La mancanza di servizi per la prima infanzia e la necessità di prendersi cura dei bambini in questa fase difficile sta inoltre pregiudicando il futuro lavorativo delle mamme. Occorre invertire la rotta, per non doverci svegliare dalla pandemia in un mondo del lavoro tutto al maschile, con l’effetto di scoraggiare le ragazze che sono oggi impegnate in un percorso educativo già ricco di ostacoli. E’ necessario partire dalle donne – e dalle bambine – non solo a parole, ma con investimenti e obiettivi precisi che riguardino il mondo del lavoro così come i servizi per la prima infanzia, i percorsi educativi all’interno delle scuole così come il contrasto ad ogni forma di violenza di genere e il sostegno al protagonismo delle stesse ragazze”, ha concluso Raffaela Milano

SPIONI E DIDATTICA A DISTANZA

Col favore del Covid pare che si moltiplichino le specie aliene. Sembra che un popolo di occhiuti spioni stia colonizzando i device degli studenti.
Sono il popolo dei Proctor, provenienti dal pianeta digitale Proctoru, che si scrive con due occhi di gufo sopra la “u”, come una compagnia di security, di vigilanza, una di quelle ditte che installano i sistemi d’allarme antifurto.
Non si tratta di Proctor, il personaggio immaginario della serie cinematografica di Scuola di polizia, leccapiedi e tonto, ma neppure di qualcosa che non gli assomigli. Perché i Proctor sono vigilantes, censori, sorveglianti, godono a beccarti in flagrante sbirciata e a fare subito la spia.

Importato dalle università anglosassoni il Proctor è quello che vigila sulla regolarità degli esami a distanza, verifica che gli studenti non imbroglino. L’insegnante, che a casa nostra è ricorsa al fai da te facendo bendare le sue studentesse, evidentemente, poco pratica di digitale, non era a conoscenza del brulicare in rete di Live Remote Proctoring, software che in tempo di lockdown stanno facendo la fortuna dei loro distributori.

Per le sessioni d’esame di giugno anche le nostre università hanno fatto ricorso al popolo dei Proctor. L’Università statale di Milano dedica una pagina web per fornire istruzioni a quegli studenti che intendono sostenere l’esame a quiz online. Sono invitati a installare sul loro computer l’estensione Proctorio Chrome Extension, oltre a rispettare precise regole e una serie di restrizioni da parte del sistema di controllo remoto. Per l’intera durata della prova, alla faccia della privacy, vengono registrate le informazioni relative alle periferiche, a programmi, funzioni, azioni e dati. Nessuna persona può essere presente nell’ambiente d’esame. Vietato prendere nota su carta e rivolgere domande al proctor remoto. Proibito allontanarsi dalla propria postazione durante l’esame, ogni necessità deve essere espletata precedentemente, al fine di evitare problemi di validità. Durante l’esame guai distogliere gli occhi dallo schermo, ciò potrebbe essere interpretato dal severo proctor spione come tentativo di consultare materiale non autorizzato e potrebbe essere motivo di annullamento dell’esame, anche dopo la fine dell’esame stesso.

L’occhio vigile del censore noterà e bloccherà ogni voce di sottofondo, ogni attività sospetta relativa all’utilizzo di programmi non consentiti, dump dello schermo, tentativi di screen sharing con altri soggetti, sia direttamente, sia in background. Se necessario è possibile dialogare con il proprio proctor, ma solo in inglese, questo del resto è scontato visto che da noi simili software ancora non si producono. Proctor Exam pubblicizza la propria piattaforma con la quale è possibile sostenere un esame in qualsiasi momento e da qualsiasi punto della terra, tramite appositi ‘Organismi di Certificazione’.

Come sempre alla fine la realtà supera la fantasia. Il grande fratello è in ritardo sul millenovecentoottantaquattro, solo perché tecnologicamente si è più raffinato. Al momento pare più un gioco di astuzie tra nativi digitali, che smanettano dall’infanzia e docenti che non sono smanettoni e che per tutelarsi ricorrono a software come Proctorio, utili a colmare gli svantaggi del digital divide tra generazioni.
Non viene la voglia di salutare i progressi della tecnica, quando la tecnica viene usata come modo di raggirare la propria ignoranza, la pigrizia a pensare, pensare ad esempio che forse progresso tecnico e arretratezza culturale cozzano tra loro, che non è detto che le nuove tecnologie debbano servire un modo vecchio di intendere l’istruzione, sempre uguale a se stesso da secoli, dalla penna d’oca ai computer. Si fatica a non notare la discrepanza.

L’esamificio che propone il popolo dei Proctor in rete è quanto di più deteriore vi possa essere, ancora di più degli esamifici tradizionali delle nostre scuole e dei nostri atenei. Il Proctor Exam è una bestia vorace che si nutre solo di item, non dà spazio alle competenze, non c’è posto per spiegare il proprio ragionamento, per formulare un dubbio, per esprimere un commento, una nota a margine, per quel lavoro del cervello che i quiz uccidono.

Complice il lockdown, è l’attacco alle teste ben fatte di Morin quello che si va compiendo con la didattica a distanza, non per colpa delle tecnologie, ma per responsabilità di chi le usa, per responsabilità di chi avrebbe dovuto provvedere a far crescere una cultura della formazione totalmente nuova nelle modalità e negli strumenti. Non usare le tecnologie come il bidello in classe quando l’insegnante non c’è, le tecnologie come ripiego, al servizio di un’idea di istruzione che sta offrendo il peggio di sé.

Tanti sono gli impiegati dell’istruzione, ma pochi sembrano essere i professionisti. Non è sufficiente dire no alla didattica a distanza, se questa è la brutta copia della didattica in presenza. Occorre che qualcuno si faccia sentire e dica come è necessario lavorare, del resto, se nel corso della storia della nostra scuola sono avvenuti cambiamenti, questi sono sempre nati dal suo interno e la politica non ha potuto che prenderne atto.

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