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Giorno: 20 Aprile 2021

DOMICILIARE È MEGLIO:
è possibile una terapia anticovid più sostenibile?

 

La notizia è passata in secondo piano, ma lo scorso 8 aprile il Senato ha approvato una mozione all’unanimità (212 favorevoli, 2 astenuti, 2 contrari) che chiede al Governo di sostenere il protocollo delle cure domiciliari antiCovid. Quel protocollo che aveva sperimentato con successo (e proposto) Luigi Cavanna, primario di oncologia a Piacenza, sin dal marzo 2020 (13 mesi fa).
Nessuno può restituirci le vite, ma finalmente si prende atto che abbiamo sbagliato a seguire l’unica via “ospedale-terapie intensive”, mentre bisognava sin dall’inizio usare la medicina territoriale, andando a casa dei pazienti, curandoli subito con ecografo portatile, saturimetro e farmaci antinfiammatori, antibiotici, eparina e cortisonici (come faceva Cavanna). Oggi, solo oggi, anche il Senato ritiene queste cure appropriate ed efficaci.

Ciò dovrebbe dare un impulso a quella ricostruzione della medicina territoriale (smantellata negli ultimi 30 anni) che costa meno, evita di intasare gli ospedali ma soprattutto cura meglio “sull’uscio di casa” ed è più umana.

In una intervista di Alessandro Barbano per conto dell’Huffington Post  [Vedi qui]  il primario di Piacenza, Luigi Cavanna, pioniere delle cure precoci a domicilio, spiega come “aspettare il virus barricati dentro un ospedale non ha funzionato” ed è forse questa la principale causa dell’altissima mortalità italiana (13% in più di quella brasiliana, dove non c’è una sanità pubblica efficace ed equamente distribuita).

Avremmo dovuto curare a casa con farmaci tradizionali, come ha fatto Cavanna sin dal marzo dell’anno scorso?
Un dubbio legittimo che però non è mai stato preso seriamente in esame dal Ministero della Salute e dal relativo Comitato Tecnico Scientifico (CTS) che hanno preferito tenere in considerazione solo la strada della grande ricerca scientifica mondiale. Una posizione difficilmente criticabile sul piano socio-politico e che dava certo maggiori sicurezze nell’inevitabile confronto internazionale e con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
In sostanza le linee guida di Ministero e CTS si sono basate su studi completi di fase 3 pubblicati su riviste scientifiche (il livello più accurato di validità riconosciuta) e hanno tralasciato per scelta strategica quelle esperienze cliniche pratiche che, pur di nicchia, erano promettenti. Oltre a Cavanna, dal marzo dello scorso anno  si erano mobilitati centinaia di medici (assieme a un gruppo Facebook di oltre 300mila iscritti) con uno schema terapeutico apprezzato in molti paesi esteri, veicolato anche da IppocrateOrg (che operava a Mauritius e poi in Madagascar e ora in 30 paesi nel mondo) con uno schema terapeutico che veniva sempre più apprezzato in molti paesi esteri (India,…) e che solo oggi è finalmente al vaglio del Ministero della Salute e che contestava le linee guida ufficiali “tachipirina e vigile attesa”. Pare infatti che sia soprattutto l’attesa che favorisce la replicazione del virus (come ha scoperto l’Istituto Negri) e che l’efficacia delle cure dipende dalla loro precocità (nei primi 7 giorni). Che vuol dire: ai primi sintomi si deve curare anche senza aspettare il tampone.

Come mai invece il CTS ha seguito un’altra via? Le ragioni sono legate al fatto che il meccanismo di validazione scientifica procede attraverso passi universalmente accettati (studi di fase 3 e pubblicazione su riviste scientifiche) ma che recentemente sono stati oggetto di critica in quanto non più al passo con i tempi. La peer review (validazione tra par)i è considerata lo strumento fondamentale per garantire la qualità dell’informazione scientifica.
Eppure, da oltre 25 anni viene messa in discussione non soltanto la capacità di questo strumento di filtrare in modo efficace la produzione scientifica, ma anche l’etica di un percorso che può ritardare la condivisione di risultati importanti, penalizzare la veraa spillo, nnovazione o i ricercatori realmente capaci di pensare fuori dagli schemi. Uno strumento in crisi, dunque, ma di cui non si riesce a fare a meno e di cui gli esperti dei comitati scientifici hanno dovuto/voluto tenere conto.
È possibile immaginare dei correttivi? È possibile pensare che singole scoperte possano avvenire al di fuori di questo sistema? Sono molte le associazioni scientifiche che da tempo si interrogano sui modi per ripensare la revisione critica di valutazione e non dover sempre accogliere (con gravi ritardi) le esperienze di successo in cui singoli (o minoranze) hanno avuto il coraggio (e la competenza) di ‘derogare’ dalle regole facendolo però a proprio rischio e pericolo (anche di carriera) pur di innovare a vantaggio del bene comune.

Gioco forza, i Comitati Tecnico Scientifici nazionali e internazionali hanno finito, con declinazioni differenti, per tenere conto della strada maestra conosciuta e teoricamente inconfutabile che, tuttavia, ha finito con lo schiacciare e non riconoscere altre esperienze mediche, apparentemente eterodosse, che avevano avuto esiti positivi con poca spesa e che potevano determinare vantaggi e maggiore sostenibilità (e magari poco valutati nel processo di peer review).

Sul piano dei grandi numeri della pandemia e dei metodi terapeutici dei Paesi più ricchi, tecnologicamente avanzati e con un accesso al farmaco governato dalle grandi industrie farmaceutiche, questa posizione ufficiale (per quanto più ‘comoda’) si scontra però con la spesa sanitaria  e un accesso alla terapia intensiva minore: un problema di costi per i Paesi più ricchi e un problema di accesso per i Paesi più poveri. Un rilievo non piccolo se ci si pone la domanda: sarà possibile vaccinare tutte le persone del pianeta con un mezzo terapeutico costoso come il vaccino? Sarà possibile avere tanti letti di terapia intensiva (con tutto il know out che richiedono) quanti potrebbero essere i potenziali pazienti?

È chiaro che il sistema tampone ‘più ospedalizzazione, più terapia intensiva’ non è sostenibile a livello mondiale (ma neppure da noi) e la medicina deve trovare un sistema per rendere le cure sostenibili in tutto il mondo altrimenti il virus non sarà mai debellato a causa della sua mutabilità (si noti che nei paesi tecnologicamente avanzati già si parla già di tre-quattro cicli di vaccinazione e si rischia di continuare con cicli annuali ad libitum così come accade con l’influenza). Su questa strada il sistema sanitario anti covid rischia di implodere anche a causa di una risposta terapeutica elefantiaca.
È necessario quindi trovare altre vie di guarigione meno costose, meno tecnologicamente avanzate e più umanamente e socialmente compatibili. Ed è per questo che il protocollo “Cavanna” delle cure domiciliari potrebbe essere una grande svolta che giunge dopo le conferme della sua validità (da parte anche dell’Istituto Mario Negri e di altri studi nel mondo) basata su vecchi farmaci e su trattamenti a casa rispetto all’ospedalizzazione forzata. In futuro bisognerà quindi fare più attenzione a cure ‘eterodosse’ sul campo che si rivelano efficaci, (anche se minoritarie sul piano scientifico) e non sbrigativamente avversarle (com’è stato fatto per oltre un anno).

Se il Covid-19 fosse stato combattuto primariamente a casa e non in ospedale avremmo avuto risultati terapeutici migliori?
La legittimità della domanda nasce anche dagli oggettivi esiti di mortalità italiani avendo raggiunto il record mondiale (dopo il Belgio). Quando la pandemia è arrivata, eravamo certo disarmati (ora sappiamo anche senza piano pandemico) e cinesi e OMS ci hanno sviato con indicazioni generiche e spesso contraddittorie se non sbagliate.
In questa luce devono essere considerate le dichiarazioni del dott. Luigi Cavanna, riportate nell’articolo di Barbano prima citato, a proposito di un farmaco antico e poco costoso che ha dato risultati incoraggianti in applicazioni su piccola scala: “l’idrossiclorochina, che oggi si fa fatica anche a nominare, ma che era nelle linee guida della società italiana di malattie infettive tropicali, e alcuni antivirali già impiegati contro l’Aids, associati ad antibiotici (andavano bene, NdR). Timidamente cominciavano a somministrare l’eparina, ma solo per i pazienti allettati. Così abbiamo curato 330 persone a casa, ricoverandone meno di 20, due sole gravi e nessun morto. Poi sull’idrossiclorochina è caduta la scomunica di The Lancet a giugno e Oms e Aifa si sono adeguate”.

Barbano chiede come mai non è stato considerato chi, lavorando sul campo, aveva successo- E Cavanna risponde: “…considero gli interessi dell’industria decisivi per il futuro della ricerca…però so che la messa in commercio di un farmaco passa per uno studio randomizzato di fase tre e non esiste uno studio simile che non sia sponsorizzato dall’industria. E l’industria non ha un grande interesse a investire su una vecchia molecola antimalarica. Non a caso non esistono riscontri attendibili sull’uso precoce dell’idrossiclorochina. Aggiungo ai miei dubbi quelli del professor Antonio Cassone, ex direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, uno che sa come vanno le cose: lui fa notare che le riviste più autorevoli non hanno pubblicano un solo report a favore dell’idrossiclorochina, ma lavori di basso livello (poi rivelatisi falsi che The Lancet ha cancellato, Ndr) che la demolivano. Questo per dire che la ricerca è sovrana, l’industria è utile, ma talvolta non sempre l’una e l’altra promuovono l’interesse generale”.
Poi Barbano chiede lumi sul plasma, prima elevato a terapia risolutiva, poi scartato senza un chiaro perché. Sentiamo la risposta di Cavanna: “Gli studi spontanei, opera di medici di buona volontà, non saranno mai così potenti da superare tutti i paletti richiesti per imporre una terapia. E nessuna industria che produca farmaci è interessata a investire sul plasma…attorno al tavolo (del Ministero e del CTS, Ndr) mancava chi cura i malati. La cosiddetta real world evidence, che in un’emergenza inedita e straordinaria vale più di uno studio randomizzato”.

Siamo di fronte ad un tema di una rilevanza che va ben oltre il lavoro dei sanitari e le strategie più appropriate per curare e ridurre la mortalità (in Italia “qualcosa è andato storto”), e che riguarda tutti i lavori di oggi che sono sempre più ‘proceduralizzati’ dai manuali della qualità (domani dall’Intelligenza Artificiale).  Esso mostra come nei casi in cui è necessario innovare o perché si è di fronte ad un problema ignoto (come nel caso del virus Covid-19) o perché semplicemente si vuole innovare/cambiare per migliorare, applicare le procedure previste dai manuali di qualità se, da un lato, garantisce contro eventuali reclami dei pazienti/clienti, d’altro lato rischia di “fare bene cose inutili” (nel caso delle terapie intensive anche dannosi).

Un problema che incontriamo tutti i giorni come lavoratori e/o clienti, che coinvolge tutti i processi di lavoro di società (le nostre) che dobbiamo ricostruire nel post-Covid, evitando proprio di creare con procedure sempre più formali (domani gestite da un algoritmo) più problemi di quelli che risolvono e facendo si che la “fatica del lavoro” si trasformi davvero in servizio al cliente, diventi umana e favorisca la ‘buona vita’ e non diventi una procedura anonima di cosiddetta qualità (di fatto contro il cliente e l’autonomia del lavoratore).

Le ricerche ‘sul campo’ (e le buone pratiche) dovrebbero essere considerate con maggiore attenzione proprio alla luce della loro sostenibilità e forse, se fossero state sin dall’inizio combinate con l’altro approccio (ospedalizzazione-vaccinazione), avrebbero costituito il vero baluardo alla mortalità da covid.
In ogni caso, esse potrebbero costituire, specie nelle aree del pianeta più povere e meno tecnologicamente avanzate, perché non esistono ospedali nè avanzate tecnologie, perché costano poco, la risposta più efficace (come già hanno dimostrato Mauritius, Madagascar, ecc.). E ciò potrebbe permettere anche ai vari sistemi sanitari di far fronte al dilagare di altre patologie oggi quasi dimenticate a causa dell’esplosione pandemica. Ma anche da noi…meglio tardi che mai.

ANCORA VIOLENZE CONTRO I NO TAV DELLA VAL SUSA.
La Lettera-Appello del Prof. Tartaglia del Politecnico di Torino

Angelo Tartaglia, professore di Fisica presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino, sta diffondendo questo messaggio dopo l’ultima violenta azione repressiva delle forze dell’ordine contro i manifestanti della Val Susa, liberi cittadini che esprimono il loro dissenso e trattati dalla stampa mainstream come criminali e terroristi. Chi è d’accordo con il suo appello, può confermare la sua adesione (firme singole o collettive) scrivendo a info@presidioeuropa.net

LETTERA – APPELLO

Un sentimento di indignazione

In questo momento vorrei esprimere un sentimento di indignazione. L’indignazione non è razionale, ma qualche volta non è evitabile.
C’è una parte del nostro paese (non del Kosovo o dell’Afghanistan) che è soggetta ad occupazione militare da parte di forze armate dello Stato (il nostro). Non si tratta di un santuario della criminalità organizzata, ma di una vallata alpina con i suoi comuni, cellule fondamentali, dice la Costituzione, dello Stato.

Avrete capito che mi riferisco alla valle di Susa.

Tutto questo avviene in quanto, in assenza di argomentazioni di merito, lo Stato sostituisce agli argomenti la forza: un classico, se non fosse che il nostro si definisce “stato democratico”. Con gli armigeri (a parte le fanterie ci sono anche cingolati, filo spinato e simili bazzecole) si vuole imporre un’opera la cui diseconomicità è platealmente conclamata (se n’è accorta anche la corte dei conti europea) e che dal punto di vista climatico è un vero e proprio crimine: gli effetti globali vanno in direzione opposta agli obiettivi nominalmente perseguiti dall’UE (e dallo stato italiano!). Tutto questo è facilmente sostenibile dati e conti alla mano.

Ma dati e conti (direi la realtà) in questa vicenda (come in altre) sono marginali. La ‘politica’ sostiene trasversalmente (inclusa un’ampia fetta del PD) lo scavo del supertunnel tra Italia e Francia o semplicemente schierandosi con l’interesse immediato delle grandi imprese che vorrebbero realizzarlo o a sostegno di un sistema ideologico che afferma e continuamente rilancia un’economia materialmente insostenibile e che produce ovunque (qui come altrove) disuguaglianze crescenti.

A uno stuolo di signore e signori che siedono nei consessi istituzionali (dal parlamento in giù) merito, argomenti e fatti non interessano più di tanto: ho avuto modo di verificarlo in un paio di audizioni svoltesi prima di Natale. In ‘politica’ ciò che conta è da che parte stai: problemi e fatti, sono marginali. E’ il trionfo dell’arroganza ignorante. Parlo dell’ignoranza di chi pretende di non aver bisogno di porsi delle domande e pretende a priori di conoscere le risposte senza bisogno di critica e di confronto.

 

 

 

Ecco la foto di una ragazza colpita in faccia da un lacrimogeno sparato (ovviamente ad altezza d’uomo o di donna) dalle valorose truppe coloniali inviate il 13 aprile scorso in Val Susa a superare ogni obiezione in merito a sostenibilità economica e ambientale.

“SAN DIDERO E’ SOTTO ASSEDIO”, recita il comunicato dell’Amministrazione Comunale di San Didero, uno dei Comuni della Val Susa [leggi il Comunicato]
Quale fiducia si pensa possa esserci, in queste condizioni, nello ‘Stato’? E a cosa si è ridotta la credibilità della ‘politica’?
Angelo Tartaglia
(seguono altre firme)

Cover: il progetto dell’autoporto di San Didero – Val Susa (TO)

MANOSCRITTI “A MACCHINA”:
l’Intelligenza Artificiale applicata alla trascrizione automatica

 

da: Ufficio Stampa Mediamente

Manoscritti “a macchina”: l’Intelligenza Artificiale applicata alla trascrizione automatica. Domani Lorenzo Baraldi e Sara Tonelli in diretta streaming per AGO
Manoscritti "a macchina": l'Intelligenza Artificiale applicata alla trascrizione automatica. Domani Lorenzo Baraldi e Sara Tonelli in diretta streaming per AGO

Una conversazione che esplora le possibilità dell’AI nel campo della comprensione automatica del testo digitalizzato e presenta il nuovo prototipo di Lettura automatica del manoscritto progettato da AimageLab e DHMoRe: OGGI alle 18 Sara Tonelli, della Fondazione Bruno Kessler, e Lorenzo Baraldi, ricercatore del DHMoRe, illustrano il funzionamento e le potenzialità dei sistemi di trascrizione automatica nel corso dell’incontro in diretta streaming “Manoscritti a macchina. Un progetto di comprensione automatica”.
Lorenzo Baraldi è ricercatore presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Lavora sotto la supervisione della Prof.ssa Rita Cucchiara su Deep Learning, analisi video e Multimedia, e insegna nei corsi di Computer Vision, AI for Automotive e Image Processing.
Sara Tonelli è una linguista computazionale, dal 2013 direttrice del gruppo di ricerca per le Digital Humanities della Fondazione Bruno Kessler. È coinvolta in progetti europei come H2020 PERCEPTION che indaga l’aspetto linguistico legato alla narrazione delle migrazioni verso l’UE, e dal 2021 coordina KID ACTION European project dedicato all’individuazione di pratiche di cyberbullismo tra adolescenti attraverso sistemi d’educazione interattiva.Il laboratorio AimageLab e DHMoRe si stanno occupando di sviluppare algoritmi di Intelligenza Artificiale per la lettura automatica della scrittura manoscritta. Queste attività, risultato della ricerca in Computer Vision che da anni viene svolta all’interno del Laboratorio AimageLab, permettono di riconoscere e trascrivere in automatico grandi quantità di testi manoscritti, rendendo accessibili e ricercabili fondi storici a studiosi e appassionati.
Ora il prototipo di trascrizione automatica progettato da Unimore è disponibile sul sito di Aimagelab per il pubblico che può testarne l’utilizzo su un campione di manoscritti digitalizzati, tra cui autografi di Muratori e Leopardi, e scoprire in prima persona le potenzialità dell’AI.Fino al 27 aprile, poi, tutti possono contribuire a un esperimento partecipato tra linguistica cognitiva e data science, proposto da FEM, Future Education Modena: accedendo alla piattaforma di linguistica digitale LINDA (https://linda.education/iquanti/)  – progettata per innovare la didattica della lingua italiana e l’educazione mediale – i partecipanti accedono a un esperimento collettivo; l’obiettivo è mettere la percezione dei singoli al servizio dell’analisi di fenomeni sociali e linguistici complessi, per scoprire una realtà granulare, articolata, non appiattita.E’ possibile seguire gli appuntamenti di AGO in diretta sulla pagina Facebook AGO Modena Fabbriche Culturali (@AGOModenaFaCultura) e sul sito www.agomodena.it

TEST ANTIGENICI RAPIDI PER ABBASSARE I CONTAGI:
una nuova ricerca della Libera Università di Bolzano

da: Freie Universität Bozen – Libera Università di Bolzano

Una ricerca appena uscita mostra l’utilità delle campagne di screening con test antigenici rapidi per individuare positivi asintomatici nella popolazione. Curato da tre docenti della Facoltà di Economia (Davide Ferrari, Steven Stillman e Mirco Tonin) della Libera Università di Bolzano, lo studio, effettuato sulla base dei dati derivanti dall’esperimento condotto in Alto Adige a novembre 2020, indica un significativo abbassamento dei contagi (-39% nel tasso di crescita dell’infezione) nelle settimane successive.

A novembre dell’anno scorso, la popolazione della provincia di Bolzano venne invitata dalle istituzioni locali a prendere parte a una campagna di screening di massa, basata sulle adesioni volontarie, che durò un fine settimana (dal 20 al 22). L’operazione – organizzata dall’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige e dall’Agenzia per la Protezione Civile in collaborazione con i Comuni, i Vigili del Fuocovolontari, la Croce Bianca e la Croce Rossa – mobilitò un intero territorio: in circa 300 strutture su tutto il territorio altoatesino, 362.050 persone di età superiore ai 5 anni hanno potuto sottoporsi al test.
Al termine, 3.615 furono rilevate positive al test e conseguentemente isolate. Nei mesi successivi l’Alto Adige precipitò tra le regioni di colore rosso scuro in Europa (quelle con la più alta incidenza di contagi su 100.000 abitanti) e ciò contribuì a sollevare non poche perplessità sull’effettiva utilità dello screening di massa.

Adesso, una ricerca frutto del lavoro di tre professori di unibz (Davide Ferrari, statistico, Mirco Tonin e Steven Stillman, economisti) contrappone la chiarezza dei numeri alle impressioni, sottolineando come lo sviluppo della pandemia sarebbe stato ancora peggiore in assenza del test di massa. Nell’articolo intitolato Does Covid-19 Mass Testing Work? The Importance of Accounting for the Epidemic Dynamics (Lo screening di massa contro la Covid-19 funziona? L’importanza di spiegare la dinamica dell’epidemia, ndt.), i tre docenti dimostrano – sulla base di un approccio statistico che permette di effettuare confronti con territori italiani simili per dinamiche di trasmissione del virus e misure di contenimento messe in atto, ad esclusione dello screening – che il fine settimana di test di massa effettuato in Alto Adige ha fruttato risultati più che positivi.

“L’approccio che abbiamo adottato nel nostro studio è basato su modelli che confrontano i cambiamenti nel tempo in un luogo in cui viene effettuato un certo intervento con quelli che avvengono nello stesso lasso temporale in luoghi simili, ma dove non si è intervenuti”, afferma il prof. Davide Ferrari, “così facendo siamo stati in grado di isolare l’impatto della campagna di test di massa in Alto Adige rispetto alle politiche nazionali riguardanti libertà di movimento, chiusura delle attività commerciali e delle scuole, misure igienico-sanitarie, poiché, nello stesso periodo, in provincia di Bolzano non era stata applicata nessuna altra misura che si differenziasse dal resto del Paese e che potesse giustificare una flessione nell’andamento dei contagi”.

un’immagine dei tre docenti (da sin. a dx, Tonin, Ferrari e Stillman)

Secondo le stime dei tre docenti, complessivamente, la campagna di screening di massa in Alto Adige ha portato a una diminuzione del tasso di crescita dei contagi da Covid-19 del 39% rispetto a quello che si sarebbe osservato in assenza dei test. “In particolare, senza lo screening, abbiamo appurato che a 7, 10, 30 e 40 giorni dalla data dell’intervento, avremmo avuto un ulteriore aumento dei casi di contagi rispettivamente del 14, 18, 30 e 56%”, aggiunge il collega Steven Stillman.
“L’efficacia di questo tipo di interventi dipende dalla partecipazione dei cittadini ed è importante notare che questo grande impatto è stato ottenuto anche se il test era volontario, segno che la popolazione ne aveva compreso l’importanza”, sottolinea Mirco Tonin.

In copertina: il grafico del confronto dell’andamento delle infezioni tra gruppo di controllo sintetico e Alto Adige.

Sanità Nursing Up De Palma: «Piano vaccini, la FNOPI ci faccia sapere adesso come intende agire!».

 

Comunicato stampa Nursing Up.

«Siamo di fronte al perpetrarsi di azioni estremamente lesive, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, nei confronti della professione infermieristica».

20 APR 2021 – «Prima l’approvazione della Delibera della Regione Veneto che consente agli Oss, con un semplice corso di 300 ore, di sostituire gli infermieri in tante attività professionali, senza averne le opportune competenze. Poi, un nuovo duro colpo, su quale, con un recente comunicato, abbiamo già espresso la nostra ferma opposizione, quello dell’accordo tra il Ministro Speranza e il nuovo Presidente delle Regioni Fedriga, che sembrerebbe cosa fatta, il condizionale è ancora d’obbligo, che consentirebbe addirittura ai biologi, con un protocollo d’intesa e previo corso FAD, così ad altre professioni che afferiscono alle Federazioni degli Ordini delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione, di effettuare le somministrazioni. Cosa sta succedendo? Il tempo passa inesorabilmente e non abbiamo ancora notizie certe in merito. La Federazione ci faccia sapere adesso di come intende intervenire per arginare questi fatti gravissimi.

Siamo di fronte al perpetrarsi di azioni estremamente lesive, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, non solo nei confronti della professione infermieristica, che si vede ulteriormente svilita, come se non avessimo ricevuto già abbastanza batoste, da questi provvedimenti che non tengono, ancora una volta, in assoluta considerazione, la nostra esperienza, la qualità delle nostre funzioni. In ballo ci sono le conoscenze e le competenze che caratterizzano la nostra formazione, negli anni che ci conducono alla laurea, di pari passo con un costante e duro tirocinio sul campo. Ci chiediamo, legittimamente, cosa ne sarà a lungo andare della già minata efficienza del nostro servizio sanitario. Possibile che nessuno pensi che questo pericoloso “andazzo” si riverserà come l’ennesimo colpo di mannaia sulle sicurezze dei nostri cittadini e soprattutto dei nostri malati, quelli più fragili? Come si può solo immaginare di auspicare la parola crescita, nel nostro SSN, se, quello che si sta delineando è come un puzzle dove i pezzi sono tutti messi nel posto sbagliato, per non dire al contrario?»

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«Attendiamo con trepidazione di capire come la FNOPI intenda agire: sono loro che devono muoversi prima di ogni altro, come ente sussidiario dello Stato.

E’ arrivato il momento, in un frangente così difficile, che la Federazione metta a frutto in modo concreto la propria posizione, e che si adoperi, a dovere, utilizzando i propri canali relazionali con Governo e Regioni. E soprattutto la FNOPI assuma una posizione ufficiale. Lo faccia per gli infermieri italiani e per i nostri cittadini».

Coronavirus. L’aggiornamento in Emilia Romagna: 20 aprile 2021.

 

Coronavirus. L’aggiornamento in Emilia-Romagna: su oltre 28mila tamponi effettuati, 740 nuovi positivi (2,6%), 3.032 i guariti. Calano i ricoveri (-89) e i casi attivi (-2.319). Vaccinazioni: un milione e 333mila dosi somministrate.

Sul totale dei positivi, il 96% è in isolamento a casa, senza sintomi o con sintomi lievi. L’età media nei nuovi contagi è di 39,1 anni. 27 i decessi. Superate 400mila persone immunizzati con anche il richiamo. Online il Report settimanale sull’andamento dell’epidemia in regione, con i contagi in età scolastica scolastico: dal 5 al 18 aprile, 1.199 nuovi casi nella fascia bambini e studenti-alunni dai servizi 0-3 anni alle superiori (-29,6%) e 116 nuovi casi fra docenti e altro personale (-17,7%)

Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 359.941 casi di positività, 740 in più rispetto a ieri, su un totale di 28.134 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti da ieri è del 2,6%.

Continua intanto la campagna vaccinale anti-Covid, che in questa fase riguarda il personale della sanità e delle Cra, compresi i degenti delle residenze per anziani, in maggioranza già immunizzati, gli ultraottantenni in assistenza domiciliare e i loro coniugi, se di 80 o più anni, le persone dai 75 anni in su e quelle nella fascia d’età 70-74 anni.

Il conteggio progressivo delle somministrazioni effettuate si può seguire in tempo reale sul portale della Regione Emilia-Romagna dedicato all’argomento: https://salute.regione.emilia-romagna.it/vaccino-anti-covid, che indica anche quante sono le seconde dosi somministrate.

Alle ore 15 sono state somministrate complessivamente 1.333.191 dosi; 401.310 sul totale sono seconde dosi, e cioè le persone che hanno completato il ciclo vaccinale.

Prosegue l’attività di controllo e prevenzione: dei nuovi contagiati, 355 sono asintomatici individuati nell’ambito delle attività di contact tracing e screening regionali. Complessivamente, tra i nuovi positivi 350 erano già in isolamento al momento dell’esecuzione del tampone, 464 sono stati individuati all’interno di focolai già noti.

L’età media dei nuovi positivi di oggi è 39,1 anni.

Sui 355 asintomatici, 278 sono stati individuati grazie all’attività di contact tracing, 35 attraverso i test per le categorie a rischio introdotti dalla Regione, 2 con gli screening sierologici, 6 tramite i test pre-ricovero. Per 34casi è ancora in corso l’indagine epidemiologica.

La situazione dei contagi nelle province vede Modena con 135 nuovi casi, seguita da Bologna (128). Poi Reggio Emilia (93) e Parma (76); quindi Rimini (68), Ravenna (64) e Cesena con 60 casi; Piacenza (47), Forlì (31), Ferrara (30), e infine il Circondario Imolese (8).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Il Report settimanale sull’andamento dell’epidemia in regione, disponibile al link https://bit.ly/3v2Ck0Q, contiene anche i dati di contagio in età scolastica. In particolare, i dati sono relativi a tutti i contagi che, sul territorio regionale, hanno interessato, a partire dal 14 settembre 2020 inizio delle scuole, fino al 18 aprile 2021, rispettivamente studenti/alunni e docenti/operatori scolastici di servizi educativi 0-3 anni, scuole per l’infanzia, scuole primarie di I grado, scuole secondarie di I e II grado. Oltre al numero assoluto, è indicata la percentuale dei casi positivi rispetto a tutti i casi di positività registrati in Emilia-Romagna nello stesso periodo. Infine, una tabella fotografa la situazione contagi in ambito scolastico nel periodo 5 aprile – 18 aprile 2021, nel quale si sono registrati 1.199 nuovi casi nella fascia d’età che ricomprende bambini e studenti/alunni dai servizi 0-3 anni alle superiori, il 29,6% in meno rispetto al dato delle due settimane precedenti, e 116 nuovi casi fra docenti e personale scolastico (-17,7%).

Nelle ultime 24 ore sono stati effettuati 14.389 tamponi molecolari, per un totale di 4.256.072. A questi si aggiungono anche 13.745 tamponi rapidi.

Per quanto riguarda le persone complessivamente guarite, sono 3.032 in più rispetto a ieri e raggiungono quota 286.311.

I casi attivi, cioè i malati effettivi, a oggi sono 60.963 (-2.319 rispetto a ieri). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 58.501 (-2.230), il 96% del totale dei casi attivi.

Purtroppo, si registrano 27 nuovi decessi: 7 a Bologna (4 uomini di 75, 83, 86 e 87 anni e 3 donne di 73, 78 e 83 anni), 5 a Ravenna (3 donne di 77, 90 e 106 anni e 2 uomini di 72 e 74 anni), 4 a Modena (3 donne di 76, 89 e 94 anni e 1 uomo di 72 anni), 3 a Ferrara (2 uomini di 66 e 69 anni e 1 donna di 90 anni), 3 in provincia di Forlì-Cesena (3 uomini di 75, 77 e 92 anni), 3 a Parma (3 uomini di 64, 84 e 98 anni) e 2 a Reggio Emilia (1 donna di 81 anni e 1 uomo di 64 anni). Non si registrano decessi in provincia di Piacenza e di Rimini.

In totale, dall’inizio dell’epidemia i decessi in regione sono stati 12.667.

I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 291 (-5 rispetto a ieri), 2.171 quelli negli altri reparti Covid (-84).

Sul territorio, i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono così distribuiti: 12 a Piacenza (-1 rispetto a ieri), 30 a Parma (-2), 28 a Reggio Emilia (-3), 48 a Modena (-2), 82 a Bologna (+5), 11 a Imola (invariato), 35 a Ferrara (+2), 10 a Ravenna (-2), 7 a Forlì (-1), 4 a Cesena (invariato) e 24 a Rimini (-1).

Questi i casi di positività sul territorio dall’inizio dell’epidemia, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 22.532 a Piacenza (+47 rispetto a ieri, di cui 29 sintomatici), 25.318 a Parma(+76, di cui 33 sintomatici), 43.352 a Reggio Emilia (+93, di cui 50 sintomatici), 61.470 a Modena (+135, di cui 51 sintomatici), 77.175 a Bologna (+128, di cui 89 sintomatici), 12.103 casi a Imola (+8, di cui 2 sintomatici), 22.116 a Ferrara (+30, di cui 7 sintomatici), 28.413 a Ravenna (+64, di cui 36 sintomatici), 15.386 a Forlì (+31, di cui 21 sintomatici), 18.022 a Cesena (+60, di cui 47 sintomatici) e 34.054 a Rimini (+68, di cui 20 sintomatici).

Rispetto ai dati comunicati nei giorni precedenti, sono stati eliminati 5 casi, di cui 4 positivi a test antigenico ma non confermati da tampone molecolare e 1 in quanto giudicato non Covid-19.

 

Ricerca: Impatto dei terremoti e strategie di gestione dell’emergenza.

 

Ricerca. Impatto dei terremoti e strategie di gestione dell’emergenza: via al rinnovo per altri tre anni della convenzione tra Protezione civile regionale e Università di Bologna.

L’assessore Priolo: “L’Emilia è una terra che ha conosciuto da vicino la violenza devastante del sisma. Al lavoro con la comunità scientifica per approfondire conoscenze, competenze e organizzare al meglio la risposta all’emergenza”.

Bologna – Università di Bologna e Regione ancora insieme per gestire le emergenze sismiche.

Dallo studio degli scenari di danno in caso di terremoti, al supporto nella gestione dei sopralluoghi per valutare gli effetti delle scosse, all’elaborazione delle strategie più efficaci per superare l’emergenza e ancora alla collaborazione nella formazione dei tecnici specializzati a rilevare le conseguenze e classificare l’agibilità delle costruzioni dopo un sisma.

Sono le principali attività tecnico-scientifiche in cui si concretizza la cooperazione tra Ciri, Centro interdipartimentale di ricerca industriale edilizia e costruzioni, dell’Università di Bologna e Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la Protezione civile, grazie al rinnovo di una convenzione triennale che ha avuto il via libera dallaGiunta regionale.

“Un accordo importante perché conferma la collaborazione tra Regione e Università nell’individuare le strategie più efficaci di gestione delle emergenze sismiche- spiega l’assessore regionale alla Difesa del suolo e Protezione civile,Irene Priolo-. L’Emilia è una terra che ha conosciuto da vicino la violenza devastante del terremoto e ha imparato a fare tesoro di quell’esperienza, per questo prosegue il lavoro con la comunità scientifica per approfondire conoscenze, competenze e organizzare al meglio la risposta all’emergenza, qualora ce ne fosse bisogno”.

Tra le collaborazioni previste, c’è anche quella con l’edificio che a Parma ospita la Centrale operativa 118 Emilia Ovest e la Polizia municipale della città, inserito nella rete dell’Osservatorio sismico delle strutture gestito dal dipartimento di Protezione civile. Si tratta infatti di un immobile che accoglie un sofisticato sistema di monitoraggio che consente di misurare l’impatto di un eventuale sisma attraverso sensori posizionati sui diversi piani.

Nel prossimo triennio l’affiancamento del Centro accademico al Centro operativo regionale (COR) della Protezione civile si prefigge inoltre di approfondire gli scenari di danno provocati dai terremoti sulle costruzioni partendo da una rete di edifici ‘sentinella’, sia reali che virtuali, rappresentativi delle diverse categorie di costruzioni.

Infine, il Ciri collabora con l’Agenzia e il Servizio regionale geologico, sismico e dei suoli nella formazione dei tecnicidel Nucleo di valutazione regionale (Nvr) che si compone di ingegneri, geologi e geometri incaricati, in caso di sisma, del rilievo dei danni e della stesura delle schede sull’agibilità degli edifici.

Covid: Via alle prenotazioni e vaccinazioni dei genitori di minori patologici estremamente vulnerabili e di minori con disabilità gravi.

 

Covid. Via alle prenotazioni e vaccinazioni dei genitori di minori patologici estremamente vulnerabili e di minori con disabilità gravi. In maggio toccherà a conviventi e caregiverdi persone vulnerabili e di quelle con disabilità non in struttura o assistenza domiciliare. Le Linee guida della Regione condivise con le associazioni aderenti a Fish e Fand. Schlein e Donini: “Procediamo a mettere in sicurezza le persone più fragili e chi si prende cura quotidianamente di loro”.

Le indicazioni inviate alle Aziende sanitarie, ospedaliero-universitarie e agli Irccs di tutta la Regione. Chiunque venga vaccinato, può scaricare il proprio certificato vaccinale completo sul Fascicolo sanitario elettronico. Il cartaceo consegnato direttamente sia dopo la prima che la seconda dose. Al via in questi giorni la possibilità, per le persone, gravemente sovrappeso di eseguire in farmacia il test per l’indice di massa corporea e di farsi prenotare il vaccino dal farmacista.

Bologna – Via alle vaccinazioni per i genitori (o tutori o affidatari) di minori patologici estremamente vulnerabili e minori con disabilità gravi che non possono essere immunizzati contro il Covid-19, perché di età inferiore ai 16 anni.

Mentre in tutta la regione vanno avanti le somministrazioni alle persone con disabilità gravi ospiti di strutture, centri diurni e in assistenza domiciliare, e ai patologici estremamente vulnerabili – due categorie considerate prioritarie, assieme alle persone più anziane, dal Piano vaccinale nazionale – in Emilia-Romagna iniziano le prenotazioni e le vaccinazioni anche per questo segmento di popolazione, la cui tutela è essenziale.

Le persone interessate da questa tornata di vaccinazioni non dovranno fare nulla: saranno chiamate direttamente dalle Aziende Usl o dei rispettivi Centri di riferimento. Unica eccezione l’Azienda Usl Romagna, dove i cittadini interessati devono prenotarsi attraverso i consueti canali (Cup, FarmaCup e Cuptel), previa presentazione di autocertificazione che attesti il proprio stato di genitore/tutore/affidatario e la patologia del minore rientrante nella categoria di “estremamente vulnerabile”, scaricabile dal sito di Ausl Romagna.

In maggio, poi – se saranno confermati i quantitativi di vaccino previsti – sarà la volta dei conviventi delle persone estremamente vulnerabili e degli altri disabili non in struttura o assistenza domiciliare e non ancora contattati, nonché dei loro conviventi o caregiver; prima non è possibile, perché la disponibilità attuale di dosi non lo consente.

Tutte indicazioni messe nero su bianco nelle Linee guida elaborate dagli assessorati regionali alle Politiche per la salute e al Welfare e oggetto di un proficuo confronto che ha portato alla loro totale condivisione con le associazioni regionali aderenti alle federazioni Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) e Fand(Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità), per stabilire insieme le modalità di accesso più agevoli alla campagna vaccinale delle persone ad elevata fragilità. Linee guida che sono già state inviate a tutte le Aziende sanitarie e ospedaliere e agli Irccs dell’Emilia-Romagna.

“C’è chi, in questa pandemia, ha sofferto doppiamente: sono le persone più fragili, più deboli, fisicamente e psichicamente- sottolineano la vicepresidente della Regione con delega al Welfare, Elly Schlein, e l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. Motivo per cui il nostro impegno è garantire a loro, ai genitori, ai conviventi e a chi se ne prende quotidianamente cura la massima sicurezza e protezione, nei tempi più veloci possibili. Le modalità per accelerare il percorso e renderlo più agevole- proseguono vicepresidente e assessore- le abbiamo pensate e ‘costruite’ a partire da un confronto, collaborativo e costruttivo, proprio con le associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari. Le ringraziamo, per la disponibilità, la competenza, l’energia che hanno messo ancora una volta a disposizione di tutti”.

Occorre poi ricordare che chiunque venga vaccinato può scaricare direttamente il certificato vaccinale completo dal proprio Fascicolo sanitario elettronico. La somministrazione del vaccino anti-Covid viene infatti immediatamente registrata sul Fse personale e il certificato può appunto essere consultato, archiviato o stampato in qualsiasi momento. Peraltro, alla persona vaccinata viene rilasciato subito direttamente anche il certificato cartaceo, sia per la prima sia per la seconda dose.

Le Linee guida regionali – Genitori dei minori non vaccinabili:

Le Aziende Usl o i Centri specialistici che hanno in cura pazienti minori che non possono essere vaccinati, perché di età inferiore ai 16 anni, e che rientrano in due categorie – patologici estremamente vulnerabili o disabili gravi – provvederanno rapidamente, già in questi giorni, a chiamare i genitori, tutori o affidatari per inserirli nei percorsi di vaccinazione.

Gli interessati, dunque (ad eccezione di quelli dell’Ausl Romagna) non devono fare nulla per prenotarsi, perché appunto saranno contattati; solo se entro la fine di aprile non verranno chiamati, potranno comunicare la loro mancata presa in carico al proprio medico di medicina generale per l’opportuna segnalazione all’Azienda Usl di competenza.

Conviventi e caregiver: chi ha diritto e da quando:

Secondo quanto stabilito dal Piano nazionale, hanno diritto alla vaccinazione i conviventi delle persone affette da patologie che le rendono estremamente vulnerabili (il cui elenco è già stato inviato dalla Regione alle Aziende e le cui vaccinazioni sono già partite) e, per le persone con disabilità gravi, sia i conviventi che i caregiver.

Per caregiver si intende la persona, anche non familiare o non convivente (incluse quindi le assistenti familiari) che – in forma gratuita o a contratto – assiste e cura in modo continuativo e in stretta relazione la persona e il suo ambiente domestico, la supporta nella vita di relazione, concorre al suo benessere psicofisico, l’aiuta nella mobilità e nel disbrigo delle pratiche amministrative.

Se saranno rispettate le consegne delle dosi vaccinali del mese di maggio, i familiari conviventi e i caregiver che non abbiano già avuto accesso alla vaccinazione (ad esempio, per fascia di età), potranno rivolgersi al proprio medico di medicina generale o a quello della persona assistita per la somministrazione del vaccino. Il medico di medicina generale, una volta contattato, verificata la “natura” di convivente o caregiver in base alla relazione di fiducia e conoscenza che caratterizza il rapporto medico di famiglia e paziente, vaccina le persone così individuate presso il proprio ambulatorio.

Le Aziende Usl di competenza, sulla base dei vaccini disponibili, possono decidere di vaccinare il convivente o il caregiver che accompagna l’avente diritto al punto vaccinale.

Pazienti con grave sovrappeso: è possibile prenotare il vaccino in farmacia:

Quanto più è accentuato, tanto più l’eccessivo peso corporeo è un fattore di rischio per il decorso di Covid-19. Per questo la Regione ha stretto un accordo, il primo a livello nazionale di questo tipo, con le associazioni dei farmacisti che già in questi giorni consente alle persone gravemente sovrappeso di eseguire in farmacia il test per l’indice di massa corporea; qualora il risultato li configuri tra coloro che sono inseriti tra gli estremamente vulnerabili e quindi tra i prioritari nella vaccinazione, il farmacista provvederà direttamente ad effettuare la prenotazione della vaccinazione per il cittadino. Chi, dunque, ritiene di far parte di questa categoria e non è già stato chiamato dall’Ausl, potrà rivolgersi in farmacia per fare il test.

Questa procedura è stata scelta perché, a fronte di ricerche che stimano 350mila persone in Emilia-Romagna tra i 16 e i 69 anni classificabili come gravemente sovrappeso, non è possibile sapere con precisione chi rientri nella fascia di rischio che dà accesso alla vaccinazione prioritaria: molti tra loro non ricorrono con frequenza a prestazioni mediche, a partire dalla visita al medico di famiglia, e non sono quindi stati certificati. Ciò rende così impossibile convocarli direttamente.

Fiume Po: portate ancora a -30% e temperature in rialzo. Alta attenzione sui sottobacini più aridi.

 

È questo l’esito emerso dal primo incontro dell’Osservatorio Permanente sugli utilizzi idrici dell’Autorità Distrettuale del fiume Po.

Parma, 20 Aprile 2021 – Il mese di Aprile 2021 si diversifica dal precedente presentando precipitazioni in grado di migliorare parzialmente il generale contesto del distretto del Fiume Po, risultato uno dei più aridi rilevati ad inizio di stagione primaverile; le piogge hanno ristorato le colture che avevano anticipato l’irrigazione di emergenza dal 1° Marzo per poter far fronte alla carenza e proseguire il loro percorso di maturazione e rimpinguato moderatamente le falde acquifere sotterranee. Se si esaminano però attentamente le portate del Grande Fiume anche questo periodo registra una situazione non particolarmente rosea confermando quantità che si distanziano in negativo del 30% rispetto alla media del periodo. Ciò che fa presumere un progressivo miglior andamento è rappresentato dalle previsioni meteoclimatiche di variabilità per i prossimi giorni che potrebbero incrementare leggermente i livelli idrometrici.

Quello che invece non rassicura del tutto è il contestuale aumento delle temperature che, dopo i primi venti giorni di Aprile, tra i più freddi di sempre, potrebbe far impennare l’asticella delle condizioni termiche verso livelli di calore tali da causare evotraspirazione dei terreni e quindi limitare il contributo stesso portato dalle piogge. Si segnala anche che l’attuale accumulo idrico nei grandi laghi regolati presenta volumi superiori alla media nel Lago Maggiore e nel Lago di Garda e inferiori nel Lago di Como, d’Iseo ed Idro. La disponibilità idrica nelle dighe montane vede ora gli invasi “scarichi” in attesa della fusione del manto nevoso, ancora abbondante sull’arco Alpino per un totale di capacità invasata pari al 20% delle generali potenzialità di accumulo. Infine si evidenzia come proprio le abbondanti quantità di neve caduta nel periodo invernale ed in parte anche in quello primaverile possono consentire, sulla parte centrale delle Alpi, di mantenere una buona riserva, mentre sulla catena Appenninica il contributo delle precipitazioni nevose va esaurendosi. Particolare attenzione sarà dedicata agli equilibri idrici nei sottobacini che hanno mostrato anche negli ultimi anni una manifesta aridità quasi a carattere endemico: Val Trebbia (PC), area di Boretto (RE) – dove l’impianto idrovoro di prelievo è insabbiato – e alcune zone del Bolognese.

Nel complesso dunque il monitoraggio capillare che l’Osservatorio Istituzionale Permanente sugli utilizzi idrici (che focalizza i potenziali stati di crisi in qualità di organo operativo in seno all’Autorità Distrettuale del Fiume Po – Ministero della Transizione Ecologica) in partnership collaborativa con tutte le Regioni del Distretto del Po (Valle d’Aosta, Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Provincia Autonoma di Trento) e insieme a Ministero della Transizione Ecologica, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, Dipartimento di Protezione Civile, ISPRA, CREA, ANBI, AIPO, TERNA, ISTAT, Consorzio del Ticino, Consorzio dell’Adda, Consorzio dell’Oglio, UTILITALIA, ANEA, Assoelettrica ci consegna, ad oggi, una complessiva condizione di BASSA criticità distrettuale, di colore GIALLO, ma che necessita di una continua e approfondita analisi in relazione alla quantità di precipitazioni che potranno o meno cadere nella prossima decade.

Al termine dell’incontro il Segretario Generale dell’Autorità Distrettuale del fiume Po Meuccio Berselli ha fissato i prossimi due appuntamenti dell’Osservatorio, che si riunirà martedì 11 Maggio e venerdì 11 Giugno.

Pucciarelli (Difesa): lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare eccellenza italiana in ambito medico, scientifico e tecnologico.

 

Comunicato stampa Ministero della difesa.

“Fin dal primo giorno di questa emergenza sanitaria avete messo in campo a favore della collettività tutte le vostre risorse e la vostra professionalità che hanno contribuito a contrastare la diffusione di questa pandemia. Tutti gli italiani ve ne sono riconoscenti.” – ha detto il Sottosegretario alla Difesa, Stefania Pucciarelli, incontrando questa mattina a Firenze il Direttore, Col. Antonio Medica e il personale militare e civile dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare.

“Avete dimostrato una straordinaria professionalità ed umanità assicurando ai cittadini anche lo svolgimento delle vostre normali attività, come la produzione di farmaci e dispositivi che supportano le esigenze di molte persone che si trovano ad affrontare situazioni difficili o con malattie rare come la Sla, così come la produzione di medicinali “orfani”. Non dimenticheremo mai il vostro lavoro, soprattutto quello svolto all’inizio della criticità, che vi ha visto produrre, tra l’altro, una media di oltre 3.000 litri al giorno di gel disinfettante ed altri presidi medici utili per il contenimento del virus Covid-19.

Rappresentate un’eccellenza italiana in ambito medico, scientifico e tecnologico, un team di professionisti al servizio del Paese, che da sempre collabora con altre realtà italiane e straniere, producendo diverse tipologie di materiali sanitari.

Come ho avuto modo di dire in più di una occasione – ha proseguito Pucciarelli – la sinergia che si è realizzata in questo periodo tra Sanità Militare, Sanità Civile e il mondo dell’Università e della ricerca è stata fondamentale e ha dato un notevole contributo nella lotta al covid. Proprio in tale ottica, anche l’accordo recentemente sottoscritto dalla Difesa con l’Agenzia Industrie Difesa, lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare e la Fondazione Toscana Life Sciences, per la creazione di un polo di ricerca e sviluppo per la produzione di vaccini e anticorpi, conferma l’importanza dell’apporto fornito dalla Sanità Militare nella gestione della crisi pandemica e l’efficacia delle sinergie poste in essere, con il mondo dell’Università e della ricerca, per combattere più intensamente il virus.

Nel quadro più ampio, la Difesa proseguirà nella riorganizzazione della Sanità Militare, al fine di arrivare alla sua definitiva transizione in senso interforze e nell’ottica di una sempre maggiore interazione e interoperabilità con il Servizio Sanitario Nazionale.” – ha concluso il Sottosegretario Pucciarelli.

ALBERI E FORESTE AL BIVIO:
biomasse per pochi o benefici ecosistemici per tutti?

 

La corsa alle biomasse forestali mette e rischio la biodiversità e la salute dei cittadini: non sono una fonte di energia rinnovabile e non devono ricevere incentivi pubblici. Alberi e foreste a un bivio: biomasse per pochi o benefici ecosistemici per tutti?

Convegno nazionale: Stop al taglio delle nostre foreste per produrre energia
Giovedì 22 aprile, dalle ore 14,00 alle 16,30 – Link Zoom al convegno[clicca Qui]

Roma – Green Impact e GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, le due organizzazioni italiane che aderiscono alla Forest Defenders Alliance – l’alleanza di oltre 100 ONG in 27 paesi – insieme a ISDE – Medici per l’Ambiente, Parents for Future e WWF Forlì – Cesena hanno organizzato un convegno nazionale contro l’utilizzo delle biomasse forestali per la produzione di energia elettrica, che si terrà giovedì 22 aprile in streaming su Zoom e sulle pagine Facebook delle associazioni organizzatrici. Al convegno aderiscono anche Greenpeace Italia, ProNatura Emilia Romagna, ProNatura Forlì, Centro Parchi Internazionale, SISM (Società Italiana Scienze della Montagna), SIRF (Società Italiana di Restauro Forestale), CISDAM (Centro Italiano Studi e Documentazione degli Abeti Mediterranei), GrIG (Gruppo d’Intervento Giuridico), Italia Nostra Toscana, Italia Nostra Abruzzo, OIB – Osservatorio Interdisciplinare sulla Bioeconomia e Simbiosi Magazine.

Le foreste sono già messe a rischio dagli incendi, dal disboscamento, dai cambiamenti climatici e dal sovra-sfruttamento. L’aumento dei tagli per sfamare la fame di legname delle centrali a biomasse forestali per la produzione di energia elettrica costituisce un’ulteriore minaccia per il nostro patrimonio forestale.
Un recente articolo pubblicato su “Nature” riporta un incremento del 49% della superficie forestale europea sottoposta a taglio e un incremento della perdita di biomassa del 69% in tutta Europa nel periodo 2016-2018 rispetto al quinquennio precedente. Il Wood Resource Balance (WRB) dell’Unione Europea (2018) mostra un incremento in Italia da 12 mila a 43 mila m3 tra il 2009 e il 2015, tra i primi cinque Stati dell’EU28. L’Italia è inoltre tra i maggiori importatori di “pellet”, per circa l’85% dei consumi, causando tagli boschivi e impatti sugli ecosistemi forestali anche fuori dal nostro Paese.
Questa tendenza è favorita dalle politiche, sia europee sia nazionali, di deduzioni fiscali e di incentivi che hanno incrementato l’uso delle biomasse legnose per riscaldamento e produzione energetica, promuovendolo come ecologico e rinnovabile nonostante le criticità in merito.

“L‘impiego delle biomasse legnose a scopo energetico è tutt’altro che neutrale rispetto alle emissioni di CO2 in atmosfera e contrasta con il perseguimento degli obiettivi di limitazione del riscaldamento globale”, dice Fabrizio Bulgarini di Green Impact. Le centrali a biomassa, nate per utilizzare i materiali di scarto, non possono in alcun modo ricevere gli alberi tagliati per essere ridotti in “pellet” e bruciati come biocombustibile.
Una posizione ribadita dalla scienza: a febbraio oltre 500 scienziati, anche italiani, hanno inviato una lettera a cinque leader politici mondiali (la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen; il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michael; il Presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden; il Primo Ministro del Giappone, Yoshihide Suga e il presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in) per chiedere di arrestare l’utilizzo di biomassa legnosa di origine forestale per produrre energia su grande scala.

Le problematiche poste dalla produzione e dalla combustione delle biomasse forestali sono numerose:

  • la combustione di legno produce CO2 e compromette la capacità delle foreste di assorbirla.
  • La combustione di legno produce particolato: le polveri sottili PM 2,5 e PM 10.
  • I boschi italiani stanno aumentando di superficie, ma rimangono di bassa qualità: hanno i bassi livelli di biodiversità e una bassa provvigione, ovvero pochi metri cubi di legname per ettero. La produzione di biomassa legnosa porta a una gestione forestale con tagli ravvicinati negli anni;
  • La richiesta di combustibile legnoso ha causato l’importazione di legname ottenuto con metodi impattanti quando non illegali da molti paesi del mondo.

“Gli alberi”, dice Giovanni Damiani del GUFI, “sono più preziosi come componente viva degli ecosistemi che tagliati e utilizzati come combustibile”. Le foreste forniscono infatti numerosi benefici ecosistemici: di supporto come la formazione del suolo, la fotosintesi, il riciclo dei nutrienti; di approvvigionamento (cibo, acqua, legno, fibre…); di regolazione come la stabilizzazione del clima, l’assesto idrogeologico, la barriera alla diffusione di malattie, il riciclo dei rifiuti, la purificazione dell’aria e la qualità e quantità dell’acqua nei bacini idrografici; benefici culturali con i valori estetici, ricreativi, culturali, scientifici e spirituali. La gestione delle foreste deve considerare e garantire tutte queste funzioni.

Contatti:
Valentina Venturi – GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane – 340 3386920 | press@gufitalia.it
www.gufitalia.it

250 anni dell’Orto Botanico di Unife.

 

Comunicato stampa Università degli studi di Ferrara

Un ciclo di conferenze fra le iniziative per celebrare l’anniversario della fondazione.

Dalla conservazione delle specie minacciate alla storia della botanica, passando per le riserve naturali, per arrivare ad ammirare, nel connubio tra arte e scienza, illustrazioni botaniche del XVI secolo.

Un viaggio di cinque conferenze, con interventi di esperte/i e studiosi della materia, che rientrano tra le iniziative organizzate dall’Università di Ferrara per celebrare i 250 anni dell’Orto Botanico.

Cinque appuntamenti online in diretta streaming aperti a tutte/i, a partire dal 22 aprile alle ore 17.45 con Thomas Abeli, Professore associato di Botanica e Biologia della Conservazione del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre, e la conferenza “Collezioni ex situ e loro ruolo nella conservazione delle specie minacciate”.

Si prosegue poi il 5 maggio alle ore 17 con Gianni Bedini, Professore associato del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, che relazionerà sul tema “Gli Orti botanici italiani, il fil rouge nella storia della botanica”.

Terzo appuntamento il 10 maggio alle ore 17 con la presentazione del volume “The Vascular Flora of the Bosco della Mesola Nature Reserve (Northern Italy)”. Relatori della giornata saranno Alessandro Alessandrini, Istituto per i Beni Culturali e Ambientali della Regione Emilia Romagna, Giampaolo Balboni, Presidente WWF di Ferrara, Lisa Brancaleoni, Ricercatrice del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie dell’Università di Ferrara, Renato Gerdol, Professore ordinario di Ecologia Vegetale di Unife, Giovanni Nobili, Comandante Reparto Cc Forestali Biodiversità di Punta Marina, Mauro Pellizzari, Biologo-naturalista e docente dell’Istituto comprensivo ‘Bentivoglio’ di Poggio Renatico, Filippo Piccoli, già Professore di Botanica di Unife, Michele Ravaglioli, Comandante NIPAAF (Nucleo investigativo di polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale).

“Sharing is keeping’ – gli Orti Botanici lavorano in rete”, il titolo della quarta conferenza che il 12 maggio alle ore 17 vedrà intervenire Costantino Bonomi, Responsabile della sezione Botanica del MUSE, Trento.

L’appuntamento conclusivo, il 19 maggio sempre alle 17, è affidato a Lucia Tomasi Tongiorgi, già Professoressa ordinaria di Storia dell’Arte Moderna dell’Università di Pisa e Presidente onoraria del Museo della Grafica di Pisa, che parlerà di “Gherardo Cibo dilettante di botanica e pittore di ‘paesi’. Arte, scienza e illustrazione botanica nel XVI secolo”.

E per festeggiare insieme a Unife i 250 anni dalla nascita della grande culla di biodiversità che è l’Orto Botanico, fino al 30 aprile è possibile partecipare al concorso gratuito e aperto a tutte/i senza limiti di età “1771-2021 Orto Botanico di Ferrara in festa. Partecipo anch’io”.

Aderire al concorso è molto semplice, basta presentare un elaborato creativo che racconti cosa rappresenti l’Orto Botanico per le/i partecipanti attraverso una foto, un disegno, un racconto, un video o qualsiasi altra forma espressiva culturale, artistica e scientifica. Le opere possono essere realizzate sia manualmente che in formato digitale.

Il concorso è rivolto a singole persone, scuole, associazioni di volontariato, case di riposo/famiglia e saranno premiate le opere, che dopo essere state valutate da un’apposita Commissione di esperti in materia (entro il 15 maggio 2021), saranno state considerate le più originali.

Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito dell’Orto Botanico o inviare una email a ortobotanico@unife.it

 

Ghedini nuovo Presidente Balneari Cna.

 

Comunicato Stampa CNA Ferrara.

I Balneari Cna hanno eletto il proprio presidente: è Nicola Ghedini, titolare del Kursaal di Spina.

“Nei tre anni in cui sono stato portavoce dei Balneari di Cna abbiamo ottenuto risultati importanti grazie a un costante lavoro di squadra, grazie al sostegno degli imprenditori associati e alla competenza dei funzionari messi in campo dall’associazione. Per questo accolgo con entusiasmo l’elezione a Presidente di mestiere. Possiamo fare molto per far crescere ulteriormente una categoria, quella degli stabilimenti balneari, che considero centrale per lo sviluppo del turismo sulla nostra costa”.

Nicola Ghedini, da 21 anni è socio e gestore del Bagno Kursaal di Lido di Spina. E’ socio Cna dal 2013. Lunedì’ pomeriggio è stato eletto Presidente di Cna Balneari, mestiere di cui era già portavoce dal 2018.

Nel corso della propria carriera di imprenditore ha investito molto per ampliare l’offerta dei servizi ai clienti contribuendo a qualificare l’offerta turistica della costa. A Ferrara, in pieno centro storico, gestisce anche il locale Skottadito. In stagione fa lavorare circa 24 dipendenti.

CNA Balneari da quest’anno avrà anche un Consiglio direttivo che affiancherà il Presidente: sarà costituito da Nicola Veronese-Bagno Ristoro di Lido di Volano, Alan Morena – Bagno Patrizia di Lido di Pomposa, Sara Bonazza – Bagno Delfinus di Lido degli Scacchi, Alessandro Lalario -Playa Loca di Lido degli Estensi, Anis Ben Aissa – Bagno Marrakech.