Il 12 dicembre è stato un anniversario importante per chi ha più di quarant’anni – per i più giovani invece, probabilmente, non ha un significato ben preciso. Il 12 dicembre è Piazza Fontana. La settimana scorsa, la scuola media Torquato Tasso di Ferrara ha organizzato una serie di incontri sul tema dello stragismo, scegliendo un argomento specifico: Giuseppe Pinelli [il programma]
Per curiosità, abbiamo sfogliato velocemente diversi volumi di storia di terza media: la strage di Piazza Fontana ha una riga (o due), Giuseppe Pinelli nemmeno una citazione. Allora che senso ha dedicargli una settimana intera? (per una biografia di Giuseppe (Pino) Pinelli, cliccaQui).
Dal sito della scuola, scopriamo che gli insegnanti hanno utilizzato questi materiali:
le foto di Uliano Lucas;
la stampa dell’epoca (Corriere della Sera);
testi di Giovanni Raboni e Franco Fortini (descrizione dei funerali di Pinelli);
i disegni di Franco Fortini (sui funerali di Pinelli);
la sentenza del 1975 (Gerardo D’Ambrosio);
Dario Fo (“Morte accidentale di un anarchico”).
L’ultima attività a scuola: un confronto tra Gogol’ e Dario Fo (il primo è fonte diretta del secondo). Insomma: da Giuseppe Pinelli a Gogol’ (passando per Lucas, Dario Fo, Fortini ecc.).
I disegni di Fortini, tra l’altro, li abbiamo visti esposti anche in piazza Trento Trieste, nella vetrina della libreria Il libraccio.
La libreria ha collaborato – così si legge sempre sul sito della Tasso – con la scuola, con la sezione ANPI “T. Tasso” e con l’ASFAI (Archivio storico della federazione anarchica italiana).
Di Pinelli dunque non si è parlato solo all’interno della scuola media, ma anche in città.
E ieri, domenica 19 dicembre, un gruppetto di insegnanti della Tasso ha partecipato a un incontro a Granze (in provincia di Padova) per presentare le attività svolte a scuola.
Le case editrici, dunque, fanno le loro scelte e decidono cosa privilegiare nella manualistica scolastica. Pinelli non pare, come abbiamo detto all’inizio, un argomento centrale nei testi di scuola media. Quest’anno, in ogni caso, in una scuola media di Ferrara è stato per una settimana l’argomento al centro dei lavori. Perché anche gli insegnanti fanno le loro scelte.
E se alla Tasso hanno costituito una sezione ANPI, Giuseppe Pinelli dev’essere davvero loro caro – per molti motivi – non ultimo il fatto che a sedici anni era partigiano.
Oggi 20 dicembre, ricorre l’anniversario dei funerali di Giuseppe Pinelli. Vengono intonati due canti nel corso della cerimonia: Addio Lugano bella e l’Internazionale.
Franco Fortini lavorerà diversi anni sul testo dell’Internazionale. Nell’ultima versione (1994) si legge questo passaggio: nelle fabbriche il capitale come macchine ci usò nelle sue scuole la morale di chi comanda ci insegnò
A scuola si possono fare tante cose – grazie alla libertà d’insegnamento. Un lavoro su Pinelli (che comprende testi letterari, teatrali, fonti giornalistiche, fotografie ecc.) forse può essere un segnale importante per i ragazzi e le ragazze.
Perché il 12 dicembre è per Piazza fontana. E la notte tra il 15 e il 16 è per Giuseppe Pinelli, partigiano sindacalista anarchico.
“Guardare oltre la propria comodità, per scoprire la scomodità dell’altro”. Queste sono le parole di un ragazzo alla fine del presidio. “Non conoscevo al situazione, non ne avevo mai sentito parlare. Ho preso contatti, grazie per esserci stati”.
In un pomeriggio a ridosso del Natale, la Darsena è uno dei luoghi di passaggio della Milano ignara, che vive lontano dalla Stazione Centrale, dove qualche sera fa la polizia locale in nome del decoro urbano è passata assieme all’Amsa gettando acqua addosso ai senza fissa dimora che dormivano sotto i tunnel e ha gettato infine nel camioncino dei rifiuti tutto ciò che le persone non sono riuscite a portarsi via, come coperte e sacchi a pelo bagnati ormai inutilizzabili.
Una Milano ignara che vive lontano anche da Via Corelli, dove sorge il famigerato Centro Per il Rimpatrio di Milano. Così proprio in questo luogo, sulle rive del Naviglio, domenica 19 dicembre la rete NOCPR ha organizzato un presidio per far conoscere ciò che si vuole far passare sotto silenzio, nascondendo la polvere sotto il tappeto.
La prima settimana di dicembre Wissem Abdel Latif, 26 anni, tunisino, è morto nel CPR di Ponte Galeria, e B.H.R. 41 anni, marocchino, in quello di Gradisca di Isonzo.
Si aggiungono agli altri 6 morti nei CPR d’Italia dal 2019 ad oggi:
Moussa Balde, 23 anni, Nuova Guinea, CPR di Torino, maggio 2021;
Vakthange Enukidze, 37 anni, Georgia, CPR di Gradisca d’Isonzo, gennaio 2020;
Ayman, 34 anni, Tunisia, CPR Pian del Lago – Caltanissetta, gennaio 2020;
Orgest Turia, Albania, luglio 2020, CPR di Gradisca d’Isonzo;
Hossain Faisal, 32 anni, Bangladesh, CPR di Torino, luglio 2019;
Harry, 20 anni, Nigeria, CPR di Brindisi Restinco, giugno 2019.
Non finisce qui. Sono circa 30 i morti di CPR dalla loro istituzione con la legge Turco-Napolitano nel 1998. Il 16 dicembre è arrivata la notizia di un 31enne incosciente soccorso in gravissime condizioni al CPR di Milano, in merito al quale non si hanno ancora aggiornamenti.
Al CPR di Torino si è giunti fino a 6 tentativi di suicidio al giorno.
Le condizioni sanitarie dei trattenuti del CPR di Milano, un lazzaretto alla deriva, e le notizie di pestaggi da parte delle forze dell’ordine hanno condotto all’apertura di due fascicoli alla Procura di Milano e alla richiesta di sequestro del centro.
Dossier su dossier stanno portando alla luce quei gironi infernali senza legge e senza controllo che sono i 10 Centri di Permanenza per il Rimpatrio disseminati sul territorio della nostra penisola, dove gli emarginati sono ancora più emarginati, dove è sospeso ogni diritto, dove con l’alienazione dentro gabbie disumane è annientata la dignità umana fino all’induzione al suicidio.
Quando, da porti franchi dove l’eccezione al rispetto dei diritti della persona in quanto tale è la quotidianità, si arriva a luoghi di morte – ricercata per disperazione o provocata da abusi e soprusi a danno di persone affidate alle cure dello Stato senza alcun controllo e spesso senza che ci sia una famiglia che pretenda giustizia – non è più tempo di esitare. E’ una questione che riguarda tutti e tutte.
(Fonte NOCPR)
Andrea Mancuso Sono nato e vivo a Milano. Operatore Socio Sanitario nell’ambito della disabilità, socio dell’Associazione Naga dal 2007. Scrivo e fotografo per passione. Raccontare una storia, ognuna narrata attraverso gli occhi. Documentare, cogliere, comunicare emozioni in uno scatto, riscoprendo la bellezza di un’immagine. La fotografia come incontro per conoscersi e socializzare, un ponte oltre le barriere.
Servizio pubblicato da pressenza del 20.12.21 – scelto dalla redazione di ferraraitalia
FERRARA, 20 DIC. 2021 – «La Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere dell’Arginone si trova a dover lavorare in condizioni di estrema difficoltà, tra ristrettezze di organico, turni sfibranti e rischi di aggressioni. La Regione faccia pressione sugli organi competenti per ristabilire una situazione di normalità nei nostri istituti detentivi». A dirlo sono il capogruppo regionale della Lega, Matteo Rancan, ed il consigliere leghista Fabio Bergamini, con quest’ultimo che ha portato in Assemblea Legislativa un Question Time per esprimere il disagio delle forze dell’ordine impegnate nel carcere dell’Arginone. «Sono troppi – ha detto Bergamini all’aula – gli episodi di violenza in carcere. L’organico conta 50 unità in meno rispetto a quanto previsto, mentre sono affidati agli agenti incarichi al di fuori delle proprie competenze, per fronteggiare la difficoltà di gestione dell’organizzazione carceraria. Si veda il sovrabbondante uso della “sorveglianza a vista”, che compensa attività insufficienti di terapia riabilitativa per i molti detenuti con problemi di natura psicologica». Bergamini sottolinea ancora come «all’Arginone siano carenti le strutture igieniche e manchino addirittura forme di tutela legale per la Polizia Penitenziaria, come hanno riportato le varie sigle sindacali. In caso di aggressione – ha aggiunto – gli agenti devono spesso recarsi autonomamente al Pronto Soccorso e nemmeno in caso di denuncia dei responsabili delle aggressioni le Istituzioni sono al loro fianco. Occorre intervenire subito, per evitare l’abbandono dei nostri istituti penitenziari».
Bologna, 20 dicembre 2021 – Il giudice del lavoro del Tribunale di Bologna ha condannato il Ministero dell’Istruzione al risarcimento del danno della somma di € 930.258,00 per la morte di mesotelioma per esposizione ad amianto della Prof.ssa Olga Mariasofia D’Emilio. Alla docente il 17 maggio del 2002 è stato diagnosticato il mesotelioma pleurico per l’esposizione alla fibra killer durante l’insegnamento nelle strutture e nei laboratori di chimica e fisica della Scuola Media Farini di Bologna. La sua agonia è durata 15 anni ed è terminata con la morte il 21 febbraio 2017. Nel corso della malattia la Professoressa aveva
ottenuto dall’INAIL il riconoscimento di malattia professionale, e nel 2007 aveva avviato la procedura giudiziaria per ottenere il risarcimento dei danni. Dopo la sua morte, i figli orfani, Andrea e Silvana, si sono rivolti all’Osservatorio Nazionale Amianto, per ottenere la tutela dei loro diritti. L’associazione si è costituita con gli avv. Ezio Bonanni e Massimiliano Fabiani che, con alterne vicende processuali, sono riusciti a dimostrare l’esposizione alla fibra killer ottenendo, con sentenza n. 838/2021, la prima condanna del MIUR per la presenza di amianto negli istituti scolastici.
L’azione proseguirà ora per il risarcimento dei danni subiti dagli orfani direttamente per la malattia e la morte della loro congiunta. “Il caso della Prof.ssa D’Emilio non è isolato, l’amianto nelle scuole sta provocando una vera e propria epidemia tra docenti e non docenti – denuncia Ezio Bonanni, Presidente ONA – “a decine, infatti, e ben oltre i 91 casi censiti dal VI rapporto mesoteliomi, sono deceduti per questa neoplasia molto rara, che è la punta dell’iceberg per le malattie da amianto. Per questo, insistiamo affinché il Ministero della Salute, d’intesa con il MIUR, disponga al più presto la bonifica e messa in sicurezza di tutti gli istituti scolastici”. “Il mio sogno è quello di far sì che le sofferenze di mia madre, e della mia famiglia, non si ripetano per altri insegnanti e impiegati nella scuola – dichiara Silvana Valensin, figlia della docente scomparsa, che aggiunge – “quello del mesotelioma è un flagello e dobbiamo vincere la nostra battaglia contro l’amianto. Mi auguro che si giunga quanto prima alla bonifica di tutte le scuole e di tutti i siti contaminati”.
Secondo ONA nel 9% delle scuole italiane (53.113 scuole, di cui 40.749 statali e 12.564 paritarie), sono stati censiti materiali di amianto. Nel 2021, alla ripresa dell’anno scolastico, risulta che ci sono ancora il 4,3% degli edifici scolastici con presenza della fibra killer, quindi nella misura di 2292 scuole, con esposizione di 356 mila studenti (rispetto alla totalità di 8.300.000), ai quali si aggiungono 50.000 tra docenti e personale scolastico. Il rischio negli istituti va oltre l’utilizzo delle onduline o altri materiali edili con dispersione esterna, in quanto, in molti casi, i materiali utilizzati sono interni, e quindi con una contaminazione dei luoghi in cui si svolge l’attività didattica. Sotto il profilo epidemiologico, rispetto ai 91 casi di mesotelioma segnalati e riportati anche dal registro (fino al 2014-2015), l’ONA ha ricevuto altre segnalazioni che portano, nel 2021, il numero dei casi a 130 e, aggiungendo i tumori del polmone e le altre neoplasie, si arriva a circa 500.
In Emilia Romagna sono stati rilevati 431 istituti con amianto. A fronte di alcune bonifiche, negli anni sono stati segnalati altri casi di scuole contaminate (52 già nel 2016). Secondo le stime dell’ONA, quindi, nel 2021 ci sono più di 400 scuole con materiali contenenti amianto.
Per questi motivi, l’ONA confida nell’impegno assunto dal Sottosegretario al Ministero della Salute, Andrea Costa, sulla bonifica e messa in sicurezza delle scuole e degli istituti sportivi avvenuta nel corso della cerimonia di commemorazione del 60mo anniversario delle Olimpiadi di Roma. L’associazione già dal 2012, ha attivato il censimento della presenza di amianto nelle scuole italiane attraverso lo strumento “segnala amianto” ( https://onanotiziarioamianto.it/segnala-agn/ ), e con l’app (http://app.onanotiziarioamianto.it/ ).
Bologna, 20 dic – Dopo la Campania che è riuscita a ottenerlo, anche l’Emilia-Romagna chiede alla Regione l’istituzione dello psicologo di base, una figura riconosciuta come il “medico di famiglia” o il pediatra, ma dedicato al benessere psicologico, di cui soprattutto in questo periodo si avverte la necessità. La richiesta, avanzata già nell’agosto del 2020, arriva dall’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna, che per rafforzare i livelli di assistenza psicologica ha nuovamente scritto all’assessore regionale alla salute Raffaele Donini chiedendo un incontro.
“Le ricerche evidenziano che l’impatto psicologico del COVID sulla popolazione continuerà ad essere molto importante – dichiara Gabriele Raimondi, presidente dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna -. Le richieste dei cittadini in relazione a vissuti di ansia e depressione, il disagio dei giovani sia all’interno della scuola che nel tessuto sociale, il bisogno di sostegno nella gestione delle relazioni personali e delle situazioni di lavoro sono in aumento. Il nostro sistema pubblico regionale, pur con il massimo impegno dei professionisti impegnati, non è in grado attualmente di dare piena e tempestiva risposta alle esigenze dei cittadini. Occorre un percorso condiviso e strutturale – continua Raimondi – che veda la piena collaborazione tra Ordine degli Psicologi e Regione Emilia-Romagna per implementare l’investimento in psicologia. In altre Regioni questa collaborazione sta consentendo di ottenere risultati importanti”.
In particolare, la figura dello psicologo di base sarà presto realtà in Campania, grazie alla sentenza della Corte Costituzionale che ha respinto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri contro la Legge
Regionale della Campania considerando legittima la legge campana. “L’Emilia-Romagna si caratterizza da sempre come una realtà di eccellenza per l’attenzione alla salute e al benessere dei cittadini. Auspico – conclude il presidente Raimondi – che quanto prima l’assessore Donini vorrà dare risposta alla mia richiesta di incontro e collaborazione per definire insieme percorsi operativi e concreti di lavoro, tesi ad aumentare nel servizio pubblico e nella libera professione la disponibilità di professionisti psicologi a servizio dei cittadini. Come dimostrano importanti ricerche, l’intervento professionale degli
psicologi rappresenta non un costo ma un investimento e che, oltre a garantire sostegno e benessere ai cittadini, comporta importanti risparmi economici. E’ ora di dare seguito a quello che gli studi ci dimostrano e agire concretamente”.
“Domani, lunedì 20 dicembre, il consigliere Fabio Bergamini presenterà in Assemblea legislativa una interrogazione alla Giunta regionale chiedendo un aumento del personale penitenziario impiegato al carcere di Ferrara. Bene che anche la Lega con i suoi consiglieri dimostri attenzione al tema, ma la richiesta è tardiva e sufficiente”. A dichiararlo sono i consiglieri di maggioranza Marcella Zappaterra, capogruppo del Partito Democratico, e Federico Amico, presidente della Commissione Parità e diritti ed esponente di Emilia-Romagna Coraggiosa.
“Portare all’attenzione della Regione quanto accade nelle carceri dell’Emilia-Romagna è quanto da molti mesi la maggioranza sta facendo. – ricordano i consiglieri che ribadiscono come – In particolare, rispetto al carcere dell’Arginone a Ferrara, avevamo già sollecitato la giunta a intervenire perché non si procedesse all’insediamento di un nuovo padiglione in quanto la costruzione di nuovi spazi non è affatto garanzia né di riduzione del sovraffollamento, né di implementazione del personale penitenziario”.
“In questi mesi i gruppi di maggioranza hanno seguito e sollecitato alla priorità sia la campagna vaccinale per i reclusi e il personale penitenziario, sia, in collaborazione con il Garante Regionale Marcello Marighelli, monitorato lo stato delle carceri regionali che da lungo tempo versa in una condizione di sovraffollamento strutturale”.
“Gli episodi di esasperazione tra le celle sono senz’altro da ricondurre a una situazione da troppo tempo critica cui l’amministrazione penitenziaria non sta rispondendo prontamente” scandiscono i consiglieri di Pd ed Emilia-Romagna Coraggiosa che ricordano come in una risoluzione approvata lo scorso ottobre, a firma Zappaterra e Amico, si sottolineava come al conclamato problema di sovraffollamento si aggiunga un sottodimensionamento del personale carcerario di polizia e dei servizi educativi, con conseguenze pericolose sia dal punto di vista della diffusione pandemica – come è stato il caso degli elevati contagi da Covid19 nell’ultimo anno – sia sul fronte di episodi di violenze e rivolte avvenute nelle carceri italiane.
“La risoluzione, approvata anche dalla Lega che riottosamente aveva espresso il suo voto favorevole, ha impegnato la Regione Emilia-Romagna a perorare il superamento di modelli di gestione eccessivamente centralizzati, ritenendo necessario un maggiore coordinamento con le Regioni anche per le dotazioni penitenziarie” proseguono.
“Chiedere semplicemente di aumentare l’organico della polizia penitenziaria per una maggiore capacità repressiva non è sufficiente – chiariscono Zappaterra e Amico aggiungendo – Fortemente carente è anche quel personale socioeducativo che avrebbe il compito di avviare i reclusi al reinserimento e alla riduzione della recidiva. Le carceri emiliano-romagnole necessitano di interventi importanti a cui lo Stato non può sottrarsi: per la manutenzione, per l’accrescimento e la qualificazione dell’organico, non solo di polizia, nel mettere in atto tutte quelle forme alternative alla detenzione per i reati minori, che allenterebbero la pressione sulle case circondariali e che possono rappresentare una vera opzione perché la giustizia sia effettivamente riparativa”.
Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, a seguito dell’aumento dei contagi del coronavirus in tutta Italia, preoccupa la variante Omicron – 84 casi – e il dato è in “forte crescita”.
Ieri durante il vertice urgente del G7 – 18 dicembre 2021- l’OMS ha avvertito: “Omicron si sta diffondendo rapidamente nei Paesi con alti livelli di immunità della popolazione, ma non è chiaro se ciò sia dovuto alla capacità del virus di eludere l’immunità, alla sua intrinseca maggiore trasmissibilità o a una combinazione di entrambi” – e ancora – “Omicron in 89 Paesi: i casi raddoppiano in 1,5-3 giorni nelle aree a trasmissione comunitaria, ed è possibile che molti sistemi sanitari vengano rapidamente sopraffatti”. Preoccupa, inoltre, l’incidenza dei casi COVID nei bambini nelle fasce d’età 0-9 anni e 10-19 anni. Mentre la maggior parte delle città, dell’Emilia-Romagna (Bologna compresa), hanno annullato gli eventi di fine anno nelle piazze non ci si spiega come mai, a Ferrara, l’amministrazione mantenga ferma la programmazione degli eventi di Capodanno. Non solo: il Sindaco Alan Fabbri, attraverso sponsor quali Massimiliano Rosolino e la di lui moglie Natalia Titova, punta sul turismo di una città vestita di luci e feste che certamente, dati gli annullamenti delle altre città della regione (compreso il capoluogo felsineo), porterà in piazza innumerevoli persone difficilmente gestibili e che sovraccaricheranno sia il sistema dell’emergenza-urgenza territoriale che il sistema di pubblica sicurezza. La massima autorità sanitaria locale, ovvero il sindaco, sembrerebbe non essere minimamente preoccupato delle possibili conseguenze di scelte che ricadrebbero sulla città con effetti potenzialmente disastrosi.
Per quanto possano essere contingentati gli ingressi e i controlli, l’esperienza ci insegna (dopo ciò che è accaduto all’Ente Fiera durante i mega eventi sia dell’Oktoberfest che di Monsterland) che nonostante tutti i buoni propositi prevale l’inefficacia quantomeno parziale dei controlli: infatti abbiamo le immagini, le testimonianze e i filmati che ci restituiscono, in diversi momenti, situazioni totalmente fuori controllo.
Ora con il prossimo evento – il GALACTICA – a cui parteciperanno persone da tutta Italia, la domanda più ovvia che viene da porsi è: “Chi sarà responsabile, qualora, grazie a questo evento vi sarà un’impennata anomala dei contagi?”.
L’Ospedale di Cona si sta riempiendo di pazienti COVID-19 positivi: quindi molti interventi e visite mediche sono saltate, dobbiamo e vogliamo peggiorare ulteriormente la situazione dopo tutto ciò che il Governo ha introdotto per contrastare la diffusione del Coronavirus?
Vorrei che fosse data una rassicurazione del Comitato Provinciale di Sicurezza e dall’AUSL di Ferrara al fine di comprendere se è garantita, ai massimi livelli, la sicurezza dei cittadini oltremodo alla luce delle ultime notizie nazionali, sempre più allarmanti, che indurrebbero una maggior cautela.
Chi garantirà, che a seguito di tali eventi, non si verificherà un’impennata di contagi e che, per effetto domino, non giungeremo al collasso della sanità ferrarese saturando reparti di area non critica e di terapia intensiva?
Per tale motivo chiedo rassicurazione da parte del Signor Prefetto e dai vertici del’AUSL in merito alla fattibilità in “totale sicurezza” degli eventi previsti per capodanno, in particolare di GALACTICA che si terrà all’Ente Fiera.
Cordialmente
Anna Ferraresi
Consigliera Comunale Gruppo Misto
Oltre all’elezione del presidente della Provincia, risultato Gianni Michele Padovani (sindaco di Mesola) con 51.284 voti ponderali (pari al 57,38%), sabato 18 dicembre si è votato anche per il rinnovo del Consiglio provinciale. Due sono state le liste presentate: “Terre Estensi” (centrodestra), che ha ottenuto 44.252 voti ponderali, e Ferrara Insieme (centrosinistra), che ne ha ottenuti 46.952.
I 12 nuovi consiglieri provinciali, che, come vuole la legge Delrio (2014) resteranno in carica due anni, sono andati 6 alla lista di centrodestra e altrettanti a quella di centrosinistra. Per “Terre Estensi” sono risultati eletti: Riccardo Bizzarri (sindaco di Masi Torello, con 11.083 voti ponderali), Francesco Carità (consigliere comunale di Ferrara, con 8.628 voti ponderali), Ottavio Curtarello (consigliere comunale di Argenta, 6.227 voti ponderali), Alessandro Guaraldi (consigliere comunale di Cento, 5.641), Simone Saletti (sindaco di Bondeno, 5.451) e Alessandro Amà (consigliere comunale di Copparo, 5.320).
Per la lista “Ferrara Insieme” entrano in Consiglio: Laura Perelli (consigliera comunale di Tresignana, con 7.035 voti ponderali), Rosa Sandoni (consigliera comunale di Cento, 6.528), Gianni Michele Padovani (sindaco di Mesola, 6.202), Andrea Baldini (sindaco di Argenta, 5.540), Francesco Colaiacovo (consigliere comunale di Ferrara, 5.300) e Anna Chiappini (consigliera comunale di Ferrara, 5.300).
A Padovani, eletto presidente, subentra Maria Dall’Acqua, consigliera comunale di Ferrara, risultata prima dei non eletti con 4.059 voti ponderali. Rispetto ai 331 aventi diritto, hanno votato per il Consiglio in 292, di cui 3 schede bianche e altrettante nulle.
L’election day del 18 dicembre di cui anche Ferrara ha fatto parte, ha riguardato il rinnovo di 31 presidenti e di 71 Consigli provinciali su 76 Province in Italia, esclusa La Spezia che ha votato l‘anno scorso e Foggia, Lecce, Taranto e Isernia, che rinnoveranno l’organo consiliare nel 2022. In Emilia-Romagna si è votato in tutte le otto Province, in quattro delle quali (Ferrara, Forlì- Cesena, Parma e Ravenna) anche per il Consiglio. Per il rinnovo degli organi delle Province con il sistema elettorale di secondo livello (riservato cioè agli amministratori comunali), sono stati chiamati al voto 68.499 sindaci e consiglieri comunali di oltre 5.500 Comuni italiani, in rappresentanza di oltre 32 milioni e mezzo di cittadine e cittadini.
Gli allievi della Scuola d’Arte Cinematografica Florestano Vancini hanno scelto il Santuario di Mottatonda, nella frazione di Gherardi, nel comune di Jolanda di Savoia, per realizzare il consueto video natalizio della scuola. “Ogni anno – afferma soddisfatto Stefano Muroni, Presidente della Vancini – la nostra scuola, unica in Emilia – Romagna e una delle poche in Italia strutturata sul modello delle grandi scuole di cinema d’Europa, realizza un video per salutare l’anno e augurare a tutti buon Natale e felice feste natalizie. Quest’anno abbiamo scelto Gherardi e la bellissima corte di Mottatonda, luogo sacro e mistico, non solo perché coloro che hanno cura del Santuario sono sempre aperti alla creatività dei giovani, ma anche perché vediamo in Gherardi grandi potenzialità per il futuro. Questo set è solo un primo esperimento”. Il Santuario ha accolto quasi 40 allievi della scuola, fra registi, attori, sceneggiatori, assistenti, fonici. “E’ un piacere portare il cinema nei piccoli borghi – afferma il regista del video, Francesco Meatta, allievo di regia del terzo anno – questo è un grande segnale che la meraviglia e il cinema possono veramente nascere fuori da Roma o anche da Ferrara, fuori insomma dai grandi contesti urbani. Questo video è per me, per noi allievi, solo un primo tassello per un grande progetto che vedrà in futuro Gherardi protagonista”. “Siamo orgogliosi e onorati – afferma soddisfatta Elisa Trombin, vicesindaco di Jolanda di Savoia – che la Scuola Vancini abbia scelto il nostro territorio e Gherardi per produrre questo video che avrà una grande visibilità. Per noi questo è un altro piccolo grande passo verso un importante progetto che stiamo costruendo assieme alla Scuola Vancini, alla filiera creativa Ferrara La Città del Cinema e ad altri importanti enti, per fare di Gherardi un luogo in cui sempre più ci sarà cinema e presenza di giovani. Con l’anno nuovo renderemo pubblico questa grande visione”.
Ferrara, 18 dicembre – “Intraprendere con estrema urgenza tutte le iniziative necessarie presso il Governo perché, nel Decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2022,” approvato definitivamente dal Parlamento, “venga revisionato l’articolo 5 (nei commi da 15-bis a 15-quater) che introduce, per il Terzo Settore, il passaggio da un regime di esclusione dell’Iva a uno di esenzione dell’Iva (ma che comporta il suo calcolo) per i servizi prestati e i beni ceduti dagli enti nei confronti dei propri soci”. A impegnare la Giunta con una risoluzione è il consigliere regionale del Pd Marco Fabbri che spiega che “questa variazione, che potrebbe sembrare neutra, in realtà, comporta diversi svantaggi come i costi di tenuta della contabilità Iva, oneri e ulteriori adempimenti burocratici che graveranno ulteriormente sugli enti del terzo settore, mettendone a rischio la sopravvivenza” come ha rimarcato lo stesso Forum del Terzo Settore che ha espresso “tutta la preoccupazione delle migliaia di associazioni presenti in Italia” .
Fabbri, nel ricordare che “Il Terzo settore sta affrontando il delicato passaggio di entrata in vigore del Registro Unico” rimarca inoltre che “anche lo scorso anno, con la Legge di Bilancio 2021, si puntava a considerare commerciali, ai fini del calcolo dell’iva, tutte le prestazioni effettuate dalle associazioni, previsione” ma questa disposizione “è stata poi eliminata dal testo definitivo approvato dal Parlamento”.
Bologna – In questi giorni è partita la vaccinazione dei bambini nella fascia 5-11 anni “e, come associazione, abbiamo appena lanciato un video sui dubbi dei genitori a proposito della ‘novità’ di questo vaccino. In realtà, non è proprio una novità. Negli Usa c’è uno studio consolidato, e pubblicato sulle riviste scientifiche, che mostra come su più di 5 milioni di bambini immunizzati non ci siano stati effetti ‘drammatici’, diciamo. Anzi, sono addirittura quasi nulli, come quelli di qualsiasi vaccino, dal dolore al braccio a quelli muscolari. Niente di particolare, quindi”. Lo segnala Vincenzo Paldino, presidente dell’associazione di consumatori Udicon Emilia-Romagna, in un’intervista alla ‘Dire’. Nei prossimi mesi, continua quindi Paldino, “sarà strategico vaccinare i bambini. Lo stiamo vedendo in questi giorni, dove abbiamo per ogni provincia 40-50 classi in quarantena: è in quel settore che si trovano i focolai oggi. Ai genitori diciamo di vaccinare i loro bimbi, del resto anche la società nazionale dei pediatri si è espressa favorevolmente. Fidiamoci della scienza e dei medici, mettendo i bambini al sicuro anche dal fenomeno del long Covid, che, come abbiamo letto, su di loro può essere piuttosto importante”.
Tamponi ‘dall’estero’ tutelano cittadini e imprese
“Ben venga, in fondo è solo un piccolo sacrificio”
La proroga dello stato di emergenza e i tamponi per chi viene dall’estero impattano su turisti e consumatori? “Se si decide per uno scenario del genere, lo si fa per tutelare i cittadini e anche le attività produttive verso il periodo natalizio. Quindi, ben venga. Si tratta nel secondo caso di un piccolo sacrificio per chi viene dall’estero, proprio per trascorrere serenamente il Natale”. Lo evidenzia Vincenzo Paldino, presidente dell’associazione di consumatori Udicon Emilia-Romagna, parlando alla ‘Dire’.
Un invito a servirsi dei negozi di vicinato: è la campagna di comunicazione che prende il via nei prossimi giorni promossa da Hera con il supporto del Comune di Ferrara ed Ascom Confcommercio. Un progetto che prende lo spunto dalla conclusione dei lavori della geotermia in quell’arteria strategica che è via Bologna, porta d accesso alla città di Ferrara. L’intervento che si è concluso a fine novembre è stata salutato con soddisfazione dai commercianti della zona preoccupati che il cantiere – complesso per la sua collocazione – iniziato a primavera potesse sforare nel periodo delle festività natalizie, un periodo che come si sa può pesare da un 30 ad un 40% sui bilanci delle attività commerciali.
Un lavoro di confronto e collaborazione che ha visto il prezioso coordinamento del Comune. “Sono felice che Hera abbia accolto le mie sollecitazioni promuovendo, con il Comune e Ascom, un’iniziativa di sostegno concreto ai negozi di vicinato – dice l’assessore Andrea Maggi -Fin dall’inizio ho cercato di agevolare il dialogo tra le parti e in diversi incontri con i cittadini ho esplicitamente invocato, da parte di Hera, misure fattive per dare supporto a chi ha vissuto una prolungata fase di cantieri, cantieri ovviamente tesi al miglioramento della fruibilità, dei servizi e della sicurezza in via Bologna. Oggi quelle misure si sono tradotte in una campagna di comunicazione per stimolare acquisti negli esercizi della zona, per contribuire a stimolare la ripartenza. Rimarrà la nostra costanze attenzione e disponibilità a corrispondere alle istanze dei commercianti e residenti della zona”.
Un dialogo proficuo che ha portato ad: “Una soluzione che è stata il frutto di un’attenta collaborazione tra pubblico e privato – aggiunge Giulio Felloni, presidente provinciale di Ascom Confcommercio – un tavolo di coordinamento del quale Ascom si è fatto carico. Un periodo complesso che però ha insegnato qualcosa di importante ossia come la collaborazione e la concretezza siano fondamentali per raggiungere i risultati. Il lavoro svolto da Ascom Confcommercio in questo senso è utile ed è funzionale non solo allo sviluppo ed alla crescita delle nostre attività di vicinato del Commercio, del Turismo e Servizi ma più in generale alla intera città ed a supporto di tutte le sue valenze economiche e sociali”. Stefano Venier, Amministratore Delegato del Gruppo Hera, a conclusione di un cantiere strategico come quello della geotermia, commenta: “Grazie ai lavori di questi mesi si è concluso un importante intervento di estensione del teleriscaldamento cittadino nella zona sud di Ferrara: questo sviluppo della rete rappresenta, per la città estense, un nuovo impulso all’utilizzo di una fonte di riscaldamento a basso impatto ambientale, che utilizza calore proveniente, in forma significativa, dalla fonte geotermica cittadina e dunque garantisce una notevole riduzione dell’uso dei combustibili fossili, delle emissioni di CO2 e di polveri sottili.Durante tutta la durata dei lavori, Hera supportato il più possibile le esigenze degli esercizi presenti in zona e confidiamo che questa campagna, che abbiamo contribuito a finanziare, possa essere utile per una pronta ripartenza delle attività dell’area.”
Avevamo lasciato Valentina Brunet e la sua bicicletta denominata ‘Rosa’, nonostante il suo colore fosse tutt’altro, al valico del confine tra l’Uzbekistan e il Turkmenistan.
Che Paese è il Turkmenistan?
E’ un Paese [Qui] che non ha ancora completamente aperto le porte ai visitatori e turisti, ma rilascia costosi visti di transito di 5 giorni, secondo parametri ancora sconosciuti! L’ho notato fin da subito al confine, in quegli uffici di un grigiore assoluto, dove comunicavo attraverso finestrelle dalle quali gli impiegati non davano risposte né spiegazioni. La maggior parte degli hotels, che portano tutti il nome della città di appartenenza, non sono autorizzati ad ospitare stranieri e il Turkmenistan è il settimo tra i Paesi al mondo meno visitati. E’ ricchissimo di gas che viene distribuito gratuitamente a tutti i cittadini e continuerà ad esserlo almeno fino al 2030. Ho visto imponenti edifici governativi, che contrastano con le umili abitazioni della gente e ovunque enormi gigantografie del Presidente. Nelle città che ho attraversato c’era una pulizia totale, grandi piazze vuote e immacolate, telecamere di controllo, mi sentivo sempre osservata. Come nelle altre ex repubbliche sovietiche, ogni auto può fare servizio taxi a pagamento. Il Presidente ha voluto accentrare tutti i servizi sanitari e ospedalieri a Ashgabat, licenziando tutto il personale medico delle altre città e chiudendo gli ospedali. E poi ancora, il divieto di possedere animali domestici e di spettacoli come opera, balletto e circo. Internet funziona malissimo e molti siti sono stati bloccati.
Quali sono i momenti particolarmente piacevoli che hai trascorso là?
Ospite in una famiglia, Kamila e Maya mi hanno fatto provare i loro vestiti tradizionali, che sono bellissimi, delle autentiche opere d’arte di tessitura e colori. Mi hanno acconciato i capelli e mi hanno fatto un vero e proprio servizio fotografico. Mi è toccato come regalo l’abito viola che conservo ancora gelosamente. La nonna, una guaritrice, mi ha offerto un massaggio con oli speciali, che hanno bloccato il mio raffreddore incipiente. Mi hanno anche letto il destino nei fondi di caffè.
Come si conclude il tuo breve passaggio in Turkmenistan?
Avrei voluto fermarmi un po’ di più in questo strano Paese ma ero condizionata dalle date previste nel visto per l’Iran. Sono ripartita tenendo a portata di mano una sciarpina che fungesse da hijab, il copricapo femminile, come previsto in Iran anche per le turiste. Al posto di blocco per il confine, tutti i viaggiatori sono stati costretti a salire su un autobus, io e la mia Rosa comprese, e al confine ho lasciato senza intoppi quel Paese del tutto particolare.
E quindi l’Iran.
Qua ho trovato il primo impiegato doganale che parlasse un inglese fluente. Ero in Iran [Qui] ed era sparita la segnaletica in cirillico, sostituita dalla scrittura in farsi. Stavo affrontando un radicale cambiamento di cultura e ambiente, avevo oltrepassato la linea immaginaria di demarcazione tra un mondo e l’altro. Edoardo, la mia guida in questo Paese aveva avuto un incidente e quindi mi sarei dovuta arrangiare da sola, donna straniera in un luogo dove l’emancipazione femminile era un miraggio. Per fortuna ho conosciuto a Mashad un cicloviaggiatore iraniano, Saeed, che mi ha affiancata in questo nuovo tratto di viaggio garantendomi protezione.
Come è stato il contatto con la gente?
Ho trovato molta generosità da parte di molte persone e ho potuto avvicinarmi alla loro quotidianità, le loro abitudini e attività in un confronto fatto di entusiasmo, osservando come in questo Paese le sanzioni stabilite dagli Stati Uniti e il nuovo regime islamico abbiano prodotto un crollo economico evidente. Ho notato anche come le nuove generazioni vivano la dicotomia tradizione-modernità con sofferenza e senso critico. C’è stato chi mi ha invitato a un matrimonio addobbandomi a festa in abito rosso improponibile, chi mi ha accolta in famiglia, chi ha aperto la porta del suo piccolo mondo con semplicità e disponibilità. Mi hanno rifocillata con ogni sorta di cibo, ospitata per un bagno e regalato sciarpe per il viaggio. Ho trovato però anche qualche maschio che mi ha insultata pesantemente, affiancandomi con l’auto. Io e Saeed abbiamo bivaccato con dei pastori, condividendo il fuoco e il cibo, e abbiamo assistito alla nascita di un agnello.
Come procede il viaggio in terra iraniana?
Le strade erano molto trafficate da mezzi pesanti, gli incidenti erano frequenti e il paesaggio era a volte delizioso, colline e campi di zafferano, altre desertico. Molti i controlli della polizia nei territori del narcotraffico dal Pakistan e dall’Afghanistan, che interrogavano insistentemente Saeed; ci hanno perfino offerto una scorta per accompagnarci. Abbiamo dormito anche in due angoli opposti di qualche moschea, svegliati dalla voce tonante del muezzin. Ho avuto qualche problema con il ginocchio e altri disturbi, che hanno reso tratti del mio viaggio dolorosi. Ho visitato le rovine di un antico villaggio distrutto dal terremoto e a Nayband le stradine erano così strette che abbiamo dovuto lasciare le bici a un venditore di sciroppo di datteri e addentrarci a piedi. Ho sentito ululare gli sciacalli di notte e ho alloggiato in un caravanserraglio che sembrava un castello nel deserto. Nei rari momenti in cui mi sono concessa un giro da sola nelle zone di qualche città, ho constatato da vicino il disprezzo dei maschi nei confronti di una donna sola, la volgarità e la sfacciataggine. Ho provato insofferenza profonda, esasperazione, Rabbia.
Cosa ti ha colpito particolarmente di questo Paese?
La città di Yzad, un’intera città costruita con la terra curda, una meraviglia, patrimonio UNESCO, che si espande tra viuzze pulite e labirinti. Viene chiamata “città della bicicletta” e si crede che la cultura della bici diffusa in tutto l’Iran sia nata proprio qua, eredità dei cicloviaggiatori stranieri. Mi ha colpito la città di Shiraz e il paesino di Ghalat, un pittoresco agglomerato antico tra le montagne, alberi e cascate. Qua ho conosciuto un artista eclettico, Ramin, e nella sua casa si respirava aria di libertà amicizia, musica, e una connessione potente nei momenti di meditazione. Ricordo poi che quando siamo arrivati a Qeshm Island era la vigilia di Natale: era da Hong Kong che non vedevo il mare. Me lo sono gustato tutto su quelle spiagge, dove tutti rimangono vestiti e coperti anche nell’entrare in acqua, dove le donne lasciano liberi solo gli occhi attraverso due fori dei loro abiti colorati. Eravamo ospiti in un appartamento lussuoso, il cui proprietario ostentava la sua ricchezza e ci ha offerto di tutto e di più, compresa una mega festa con drink e musica a palla.
Come finisce l’avventura Iran?
Finisce su un traghetto per Dubai, Emirati Arabi. Una vispa signora che vestiva in blu, a differenza di tutte le altre in nero, dichiarava di volermi seguire su Instagram per imparare l’inglese, mentre il capitano mi intervistava e mi riprendeva con telecamera. Salvo poi invitarmi nella sua cabina di comando e tentare di allungare le mani. L’Iran sfuma con quest’immagine di Paese contraddittorio, tra ospitalità e accoglienza ma anche momenti come questo. Un Paese che, alla fine, si è fatto voler bene e mi ha voluto bene.
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Lo ha detto anche Matteo Renzi, durante uno dei suoi adoranti endorsement al principe saudita Bin Salman: “sono invidioso del vostro costo del lavoro”.
A leggere i dati, l’invidia dovrebbe riguardare soprattutto il costo – e quindi lo stipendio – dei lavoratori non sauditi in Arabia, molto più basso della paga media degli “indigeni”. Ad ogni modo, la logica è quella: vi invidio perché potete permettervi di pagare poco i vostri lavoratori.
Meraviglioso, non trovate? Eppure l’amico dei califfi rinascimentali Matteo (mi limito a definirlo così, senza ulteriormente indugiare sul tipo di califfi da cui si fa pagare) dovrebbe accontentarsi. In fondo, l’Italia è l’unico paese dell’area Euro in cui le paghe sono arretrate in valore reale negli ultimi 20 anni, rispetto agli altri paesi (Germania, Francia, Spagna, Grecia…) in cui invece sono aumentate, in misura maggiore o minore.
Secondo alcuni economisti, più che all’elevata incidenza dei contributi, la dinamica depressiva salariale sarebbe da correlare alla scarsa produttività del lavoro in Italia. Un modo semplice per spiegare il concetto di produttività del lavoro è dividere i ricavi di un’azienda per il numero dei suoi addetti. Se il risultato è basso, non dipende dal fatto che in Italia i lavoratori sono dei fannulloni e altrove degli stakanovisti, ma dalla combinazione dei fattori della produzione: numero degli addetti, prezzi di vendita, grado di automazione. In una parola, dall’organizzazione dei fattori di produzione, tra cui il lavoro delle persone.
L’organizzazione dei fattori di produzione è nelle mani di chi governa le aziende. Siccome la nostra dinamica salariale è già abbastanza depressa, per aumentare la produttività del lavoro occorrerebbe agire non sull’abbassamento dei salari, ma sull’innovazione dei processi e dei prodotti. Purtroppo, la maggior parte delle imprese italiane sono piccole aziende piuttosto allergiche all’innovazione, all’utilizzo delle tecnologie digitali, alla formazione del personale. Sto chiaramente generalizzando, ma i dati mi autorizzano a farlo: molte imprese italiane sono piccole, impiegano un capitale modesto e sono governate da persone con la testa rivolta all’indietro.
Questo pistolotto serve (anche) per comprendere a chi è destinato l’emendamento alla legge di bilancio con il quale il Governo dichiara di voler combattere, o almeno disincentivare, il fenomeno delle delocalizzazioni.
Fenomeno che possiamo esemplificare così: una mattina il Cda o l’AD di turno si svegliano, e indipendentemente dal fatto che l’azienda o il ramo italiano di quell’azienda sia in crisi, decidono di chiuderlo, e di licenziare i dipendenti. Per poi riaprire in un luogo dove la manodopera costa meno e rompe meno i coglioni.
Può bastare anche una dichiarazione di ristrutturazione aziendale per far sparire centinaia di posti di lavoro. Tutto il resto previsto dalla legislazione attuale è una semplice procedimentalizzazione della “crisi”, che passa attraverso il rispetto formale di tempi e modi di gestione della vertenza, che si può concludere comunque con la conferma unilaterale dei provvedimenti d’impresa. Non parliamo delle cessioni di ramo d’azienda, in cui gli unici deputati dalla legge a stabilire il “perimetro” dei lavoratori ceduti e non ceduti e gli eventuali esuberi sono il cedente ed il cessionario.
I lavoratori si attaccano al tram e tirano.
Questa è la cornice, di arbitrio legalizzato (non mi viene da chiamarlo altrimenti), nella quale ci troviamo.
In tale cornice si inserisce questo emendamento, che anzitutto presenta una singolarità: pare riferirsi solo alle imprese che occupano più di 250 dipendenti. Chissà quante saranno, uno pensa. Un estratto del censimento Istat delle Imprese 2019(qui) lo chiarisce: ” i due terzi delle imprese (821 mila, pari al 79,5% del totale) sono microimprese (con 3-9 addetti in organico), 187 mila (pari al 18,2%) sono di piccole dimensioni (10-49 addetti), mentre le medie (con 50-249 addetti) e le grandi imprese (con 250 addetti e oltre) rappresentano il 2,3% delle imprese osservate (24 mila unità), di cui 3mila grandi.”
Se perimetriamo le aziende con più di 250 dipendenti, quindi, non arriviamo allo 0,5% delle aziende italiane. Mi auguro almeno che il numero di addetti sia riferito al totale degli stabilimenti facenti capo allo stesso marchio, altrimenti i padroni destinatari di queste norme non sarebbero pochi, sarebbero un numero quasi impercettibile. E’ poi evidente che il peso occupazionale di questo numero di imprese aumenta, perché sono poche ma occupano (dato del 2018) il 28,3% degli addetti. In ogni caso, fuori dalle nuove regole resterebbe comunque il restante 72 per cento circa dei lavoratori, e se si può comprendere per le microimprese, faccio fatica a concepire l’esclusione per le medie, che occupano fino a 249 addetti.
Ma veniamo al merito delle novità che dovrebbero fungere da deterrente al “chiudi, scappa e apri da un’altra parte”.
Intanto, non c’è nessuna sottrazione del potere unilaterale di una impresa di dichiarare uno stato di crisi o una necessità di ristrutturazione con taglio di posti, anche se i numeri di bilancio dicono che non sussiste alcuna crisi (ricordate la Logista che trasportava i tabacchi in area Interporto Bologna? Ricordate la Gkn di Campi Bisenzio? sono solo due esempi). Viene confermata la logica “io so’ io e voi non siete un cazzo”, traduzione brutale ma efficace del principio costituzionale della libertà di iniziativa economica.
L’articolo della Costituzione proseguirebbe con: “(l’attività economica)…non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, ma queste sono dichiarazioni di intenti buone per un Angelus di papa Francesco, mica devono tradursi in leggi a tutela di chi lavora.
Quello che cambia è la “sanzione” nel caso in cui l’azienda non adempia a qualche regoletta: la mancata presentazione di un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura, entro sessanta giorni dalla comunicazione alle rappresentanze sindacali e contestualmente alle regioni interessate, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello Sviluppo Economico e all’Anpal.
Senza presentazione del piano o se il piano non contiene gli elementi essenziali che lo qualifichino come “rilancio”, il datore di lavoro è tenuto a pagare il contributo alla disoccupazione del lavoratore in misura pari al doppio. In caso di mancata sottoscrizione dell’accordo sindacale il datore di lavoro è tenuto a pagare il contributo aumentato del 50 per cento.
Tradotto in schei, vuol dire dover pagare un massimo di 3.000 (tremila) euro per ogni lavoratore licenziato, ogni mese per gli ultimi tre anni. Postilla: se l’impresa in precedenza ha ricevuto sovvenzioni statali, non le deve nemmeno restituire.
Più che un deterrente, somiglia ad una stima di rischio aziendale. Se posso calcolare in anticipo la spesa massima che dovrei sostenere (se mi comporto proprio male) per chiudere e tagliare posti, si tratta della trasposizione su base collettiva della logica individuale del Jobs Act: ti licenzio illegittimamente? Non importa, tanto so prima di licenziarti quanto mi costa il tuo licenziamento.
Il capo di Confindustria Carlo Bonomi farà finta di lamentarsi, ma questa è una vittoria per il suo modo di concepire le relazioni industriali.
Il ministro del Lavoro e quello dello Sviluppo Economico hanno raggiunto un non-compromesso, e la cosa contiene una traccia di feroce verità: tutela del lavoro e sviluppo economico sono considerati temi antitetici.
Il che equivale ad ammettere che il conflitto di classe esiste.
Peccato che da anni stravincono sempre i più forti.