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Giorno: 5 Aprile 2022

Crimea, una terra ricca, contesa con le armi:
paradigma di tutte le (3.000!) guerre oggi nel mondo

 

La Crimea (in russo: Крым e in ucraino: Крим) è una penisola fra Russia e Ucraina. Si affaccia sul Mar Nero ed è collegata alla terraferma dall’istmo di Perekop che lo unisce alle regioni sudorientali dell’Ucraina. Dal 2018 è collegata alla Russia dal ponte di Crimea, situato sullo stretto di Kerč’. È de facto una repubblica federata della Russia, corrispondente grosso modo alla penisola omonima, fatta eccezione per la città di Sebastopoli.
La crisi della Crimea del 2014 è stata una crisi politica scoppiata nella penisola, la cui popolazione è per maggioranza di etnia russa, conclusasi con la separazione dall’Ucraina dopo l’intervento militare russo di occupazione del territorio. Il 16 marzo 2014 si è tenuto un referendum in base al quale le due entità della Repubblica autonoma di Crimea hanno sottoscritto il trattato di adesione alla Federazione Russa. Tale atto [qui] è considerato valido solo da una parte minoritaria della comunità internazionale.

In Crimea esistono diversi tipi di suoli, tra cui il chernozem che occupa oltre il 45% della penisola e contiene una quantità altissima di humus e calcio. Il Chernozem è molto fertile, resistente alla compattazione, alla lisciviazione, agli agenti atmosferici e alla formazione di croste. Attraverso questo terreno, il sistema radicale delle piante riceve la quantità ottimale di umidità e aria. A causa della sua composizione, il chernozem ha sempre un colore più o meno nero, che è una caratteristica tipica del suolo Crimeo. Nel sottosuolo ci sono anche depositi di varie risorse naturali, come minerale di ferro, sale, petrolio e gas e vengono estratti vari materiali da costruzione. La terra di Crimea, su cui è possibile dedicarsi tra l’altro all’allevamento del bestiame e all’agricoltura, ha reso la penisola oggetto di migrazioni consistenti. [qui] Proprio questa penisola, per la sua posizione strategica e per la sua ricchezza, è sempre stata oggetto di conflitti fra nazioni e martoriata da guerre senza fine il cui ricordo si perde nella notte dei tempi.

Le motivazioni che portano alla guerra sono sempre molto complesse. Tra queste: la rivendicazione di diritti (che può essere allo stesso tempo causa e conseguenza del conflitto); il cambiamento climatico e le devastazioni ambientali; lo sfruttamento e l’accaparramento delle risorse (acqua, petrolio, minerali, gas, terra e legname); gli interessi economici in senso lato, che si legano spesso alla pessima redistribuzione della ricchezza; la conquista di autonomia e indipendenza. Tutte queste ragioni spesso si intersecano tra loro e questo mix, insieme alle differenze culturali, religiose e di comunità, alimenta e prolunga la situazione di conflitto in maniera esponenziale. [qui]

I civili continuano ad essere le vittime per eccellenza di tutte le guerre. Secondo i dati dell’Agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti in emergenza, nel 2021 il numero di persone bisognose di aiuti umanitari è il più alto mai registrato. La situazione è ulteriormente peggiorata in questo ultimo mese. La stima dell’Alto commissariato Unchr prevede un esodo dall’Ucraina di almeno 4 milioni di persone, il dieci per cento della popolazione residente nello Stato. Un dato impressionante, preoccupante che contribuirà a ridefinire assetti geo-politici in mutamento e a massificare ulteriormente lo stato di povertà della popolazione di questa povera terra. Quella della Crimea è una delle storie politiche e sociali più travagliate dell’intero pianeta:

  • Nel 1261, in seguito al trattato di Ninfeo, i Genovesi sostituirono i Veneziani nel controllo degli stretti del Mar Nero e nel 1266 riuscirono a conquistare i porti e alcune città Crimee. Le città commerciali in mano ai genovesi vennero poi conquistate nel 1475 dal generale turco ottomano Gedik Ahmet Pascià e divennero una provincia dell’Impero ottomano.
  • Nel 1854-1855 la Crimea fu il principale teatro della Guerra d’Oriente, che è oggi nota come “Guerra di Crimea”: gli eserciti congiunti di Gran Bretagna, Francia e Regno di Sardegna riuscirono ad espugnare la cittadella militare russa di Sebastopoli, ponendo così termine alle mire espansionistiche dell’Impero Russo verso Costantinopoli. In quell’occasione Cavour mandò i bersaglieri del Regno di Sardegna a combattere a fianco degli alleati per avere l’aiuto della Francia contro gli Austriaci. Fu un massacro, i bersaglieri morirono quasi tutti. [qui]
  • La Crimea fu anche teatro di alcune delle più sanguinose battaglie della Seconda guerra mondiale. Dopo la liberazione il 18 maggio 1944 l’intera popolazione dei Tatari di Crimea venne deportata dal regime sovietico di Stalin per punizione, in quanto i tatari, dopo aver creato la Wolgatatarische Legion, avevano combattuto a fianco delle truppe del Terzo Reich. Si stima che il 46% dei deportati morì per la fame e le malattie.
  • Al termine della Seconda Guerra Mondiale, la Crimea ospitò la Conferenza di Jalta e fu trasformata in un oblast’ della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR). [qui]
  • Dopo il collasso dell’Unione Sovietica del dicembre 1991, la Crimea proclamò l’autogoverno il 5 maggio 1992, ma in seguito accettò di rimanere all’interno dell’Ucraina indipendente come repubblica autonoma.
  • Nel 2014 la Crimea è stata occupata militarmente e annessa alla Russia come Repubblica di Crimea a seguito di un referendum popolare avvenuto il 16 marzo. Tale referendum è stato considerato illegittimo e illegale e non riconosciuto dalla comunità internazionale, in quanto in violazione di norme cogenti del diritto internazionale, e condotto sotto occupazione militare. (La secessione ha contagiato immediatamente il Donbass. Gruppi militari Russi hanno preso progressivamente il controllo del territorio, specie nelle enclavi di Lugansk e Donetsk, fino a dichiarare l’indipendenza e la nascita delle due repubbliche riconosciute il 21 febbraio 2022 da Putin in diretta tv. Questo sancisce, di fatto, una rottura degli accordi di Minsk, con cui erano tornate sotto l’egida di Kiev).

Allo stato attuale, la base navale di Sebastopoli, strategica per la posizione di Mosca nel Mediterraneo, ospita una delle quattro principali flotte della Marina militare russa, che comprende la flotta del Nord con sede a Severomorsk, quella del Pacifico collocata a Vladivostok e quella del Baltico a Kaliningrad, alle quali si affianca la flotta del Caspio. L’importanza della base non si esaurisce nell’aspetto militare, in quanto attraverso i porti del Mar Nero transita il 30% del totale delle esportazioni marittime russe. Una storia di guerre senza fine, di deportazioni, massacri, soprusi, cattiveria senza ritegno. Una terra martoriata all’inverosimile perché ricca di risorse e in una posizione geopolitica strategica. A tutti i “potenti della terra” è interessata e/o interessa la Crimea.

Esistono altri territori del mondo che hanno subito un destino simile, tutti accumunati da presenze di risorse e posizione geografica strategica. Se consideriamo tutti i focolai di guerra, che allo stato attuale sono circa 3.000 in tutto il mondo, ci rendiamo conto di quanto si possa (in senso lato) parlare di “guerra mondiale” in corso, cioè di una guerra che ha focolai ovunque e che è accomunata dall’uso di armi sempre più distruttive, quali le bombe chimiche.
Nel mondo, USA, Russia e Cina sono i paesi con la forza bellica più imponente. Gli Stati Uniti hanno l’esercito più potente, la Russia ha il primato delle scorte nucleari e la Cina quello del maggior numero di militari in servizio attivo (2 milioni di persone.) USA e Russia hanno inoltre nelle loro mani il 90% delle testate atomiche presenti sulla Terra. Secondo il SIPRI – Stockholm International Peace Research Institute – gli arsenali atomici sono così suddivisi: Russia: 6225 bombe atomiche, Usa: 5550, Cina: 350, Francia: 290, Regno Unito: 215, Pakistan: 165, India: 156, Israele: 90, Corea del Nord: 40.

L’Italia non ha un proprio arsenale atomico ma ospita sul proprio territorio bombe atomiche americane, come anche Belgio, Germania, Paesi Bassi e Turchia in quanto membri della NATO.
Ce n’è a sufficienza per diventare tutti della carne bruciata, per pensare che semplicemente utilizzando parte di questo arsenale, sulla faccia della terra non resterà un solo essere umano. C’è il rischio che l’intero pianeta diventi come una immensa Cernobyl, quel territorio invaso dalle radiazioni, abbandonato e adesso ricco di vegetazione che si è riappropriata degli spazi umani con una prepotenza e una arroganza che impressiona. Un messaggio del pianeta Terra che non si può sottovalutare. Una Natura piegata alla cattiveria dell’uomo sa ribellarsi molto più e molto più prepotentemente di quanto può fare una nazione e un popolo. La forza della natura può annientare il maleficio che proviene dalle armi riemergendo nuova e libera, senza più la presenza di alcun essere umano, però.

E allora non resta che tornare a parlare di pace e di disarmo. riposizionandoli all’interno delle agende mondiali come temi centrali. Solo così sipotrà salvare la vita su questo pianeta. Proprio su questi argomenti e su tutte le loro possibili implicazioni, tutte le menti illuminate del mondo dovrebbero indirizzare le loro risorse, conoscenze e abilità.

In copertina: Marcia della Pace (Mosca 15,03.2014) Nello slogan: “L’occupazione della Crimea è una vergogna della Russia” (su licenza Creative Commons)

Una Matrioska salverà il mondo

 

Patria: il territorio abitato da un popolo e al quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni“. “Nazione: il complesso delle persone che hanno comunanza di origine, di lingua, di storia e che di tale unità hanno coscienza, anche indipendentemente dalla realizzazione in unità politica“. (Treccani)

Mi sono sempre meravigliato di quanto l’uomo, nella storia, abbia sentito il bisogno di combattere per qualcosa che pone fuori (sopra) di sé, invece che per sé. Dio, Patria, Nazione. Uso la parola “uomo” in senso specifico: sono i maschi che hanno costruito queste astrazioni. Per renderle dei feticci in nome dei quali uccidere e morire, i maschi ci hanno iniettato dentro concetti tratti dalla fisiologia: il sangue, come se un legame di sangue potesse allargarsi dalla propria ristretta cerchia di avi e discendenti, fino a ricomprendere una moltitudine di consanguinei che fanno un popolo, che formano una nazione. Anche qui, il maschio umano parte da un elemento reale, che scorre nelle sue vene, e lo trasforma in un’astrazione. Un allargamento della propria genìa ad un numero indefinito di pseudo-consanguinei. Un’idea folle. Che infatti porta all’altra follia genocida, quella della razza pura.

Non so se sia completamente attendibile, ma obbligherei tutti i nazionalisti, tutti i razzisti, tutti i sostenitori della superiorità della loro razza a fare il test genetico che attraverso il DNA rivela le varie origini etniche. Sarebbe bello vedere la faccia di un suprematista che scopre che nelle sue vene scorre sangue nigger, l’espressione di un nazista con la svastica tatuata addosso che scopre di essere di origine ebraica, l’amara sorpresa di un turco fanatico che scopre di avere ascendenze armene e curde.

Qui si innesta un altro elemento, questo sì biologico. Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che un elevato livello di testosterone aumenta l’aggressività e diminuisce la capacità di ponderare le proprie decisioni, rendendole più impulsive. Lo ha detto anche la bravissima Francesca Mannocchi, inviata di guerra (anche) in Ucraina: “c’è troppo testosterone”. Si riferiva nello specifico ai proclami bellicisti di politica e stampa. Fino a che un uomo soddisfa il bisogno simbolico di prolungarsi il pene acquistando un Suv, i rischi sono limitati. Quando l’uomo in questione ha la possibilità di imbracciare un fucile, i rischi aumentano. Se poi il maschio in questione può azionare dei missili, diventa anziano ma non lo accetta ed è strafatto di steroidi, il rischio diventa maledettamente alto.

La parola “patria” ha un etimo che deriva da “terra dei padri”, ma sono le madri che danno la vita. Sono persuaso che questa, come tutte le guerre, sia una guerra dei maschi, come scrive anche Roberta Trucco in un bello e drammatico pezzo appena pubblicato sul nostro giornale (qui). Una progressiva presa delle leve del potere (potere anche mediatico) da parte delle donne non rivestirebbe solo una funzione di riequilibrio sociale ed emancipazione culturale, ma contribuirebbe a spostare le priorità nei valori e le modalità di narrazione e magari anche gestione dei conflitti. Le donne non hanno bisogno di esibire ed esercitare la virilità: non è nella loro natura. Non intendo essere agiografico (ci sono state donne di potere feroci o spietate, perchè hanno mutuato un attitudine maschilista), nè costruire un santino: sono disperatamente interessato a intravedere un futuro per la specie umana. Guardate due donne che litigano. La loro ferocia verbale è superiore a quella maschile, più raffinata e greve al tempo stesso. Si potranno odiare per sempre, difficilmente arriveranno ad ammazzarsi.

Quando qualcuno mi dice che ho una spiccata parte femminile lo considero un bel complimento. Gli uomini ucraini in età dai 18 ai 60 anni, come sappiamo, hanno il divieto di uscire dal loro paese da quando è partita la guerra di aggressione russa. Questo divieto oblitera d’imperio la loro parte femminile, statuendo per legge la declinazione della loro individualità in termini esclusivamente virili: lotta, combattimento, aggressività. Le donne e i bambini possono andarsene, loro no. Loro devono rimanere a difendere con le armi…che cosa? La Patria, la Nazione. Non venitemi a raccontare che separarli dai figli e dalle compagne e lasciarli lì a combattere e a morire (non su delle alture, non lontano e sopra i bombardamenti ma sotto le bombe) serve a difendere la loro famiglia. Se volessero proteggere i loro affetti dovrebbero avere la possibilità  – almeno la possibilità – di andarsene via insieme alle loro famiglie. Se lo ritengono necessario, dovrebbero avere la chance di ricostruire un futuro altrove insieme ai loro cari. Invece, anche solo parlare di questa opzione (trovare una “seconda patria”) ti fa incasellare dentro una scatola con l’etichetta di smidollato, di vigliacco. Sono loro che ci chiedono di avere le armi, sento dire. Ma loro chi? Chi è costui che ha parlato con ogni singolo maschio ucraino per essere così sicuro delle sue intenzioni? Se lui muore, la Patria un giorno forse gli sarà grata, ma sicuramente i suoi figli saranno orfani e sua moglie vedova.

Albert Einstein dopo la salita al potere di Hitler si trasferì negli Stati Uniti. Sarebbe stato meglio per l’umanità se avesse imbracciato le armi contro il Kaiser? Sigmund Freud dovette chiedere un visto per l’Inghilterra, mentre le sue opere venivano bruciate e quattro delle sue sorelle trovavano la morte in un campo di concentramento. Rudolf Nureyev chiese asilo politico alla Francia e in Unione Sovietica – dove, accusato di essere una spia, fu condannato in contumacia per alto tradimento –  tornò solo nel 1987, grazie ad un permesso concessogli da Gorbaciov. Avrebbe dovuto andare in galera, anzichè espatriare? Cosa sarebbe stato meglio, per lui e per tutti, che ballasse tutta la vita in carcere? Cassius Clay rifiutò di arruolarsi per il Vietnam, affermando che, a differenza di quanto accadutogli nella sua nazione, nessun vietcong lo aveva mai chiamato “sporco negro”.

Però i partigiani hanno fatto la Resistenza armata, si obietta. Certo, ma chi si trovava in guerra e come l’hanno fatta la Resistenza? Pietro Secchia (Brigate d’assalto Garibaldi) afferma che, su 1.673 nomi di dirigenti del movimento partigiano, circa il 90% erano militanti che erano già stati condannati al carcere, al confino o all’esilio dal regime fascista. Moltissimi erano disertori. Quanto all’approvvigionamento di armi e alle leggendarie piogge di rifornimenti aerei dagli Alleati, cito quanto scrive Carlo Levati (partigiano Tom) nel suo libro “Ribelli per Amore della Libertà”:
«Dal Comando di Brigata ci veniva comunicata l’imminenza di un rifornimento di armi da parte degli Alleati; e la notizia ci procurò molta gioia. Il lancio dall’aereo sarebbe avvenuto entro il territorio sotto il nostro controllo e cioè tra Gorgonzola, Trezzo e Vimercate. Il segnale avrebbe dovuto darlo Radio Londra con queste parole: “Lucio 101” che significava attesa; “Lucio 1O1 il pollo è cotto” voleva significare che la notte seguente noi avremmo dovuto accendere dei falò nelle località citate e quindi recuperare le armi venute dal cielo. Andammo avanti tante notti ad ascoltare la radio e ad aspettare il famoso “pollo”, che non venne mai; tant’è che anche il più paziente di noi, dopo un paio di mesi di vana attesa, si lasciò sfuggire questa battuta: “Se il pollo c’è … ormai è carbonizzato!”. Così, senza ulteriori attese di lanci, decidemmo di organizzare l’assalto alla Caserma dei repubblichini di Vaprio d’Adda per recuperare armi.»

Questo accadeva, tra l’altro, in una situazione completamente diversa dall’attuale: le truppe di Hitler avevano già sfondato in mezza Europa. La guerra era già diventata mondiale, e gli italiani non solo avevano i nazisti in casa, ma facevano i conti da anni con un regime interno che si era alleato coi nazisti per mandare i giovani italiani coscritti a morire in nome del Duce. I fautori dell’invio di armi alla “resistenza” ucraina, facendo un parallelismo con l’aiuto alleato ai partigiani, raccontano una favola ad un tempo mitologica e superficiale: mitologica perchè, come l’episodio sopra narrato mostra, gli alleati lanciarono armi soprattutto a partire dalla tarda primavera del 1945, alla vigilia della Liberazione; superficiale, perchè l’Europa e l’Italia non sono alleati bellici dell’Ucraina contro la Russia. Chiunque sostenga il contrario (compreso il nostro Governo) dovrebbe spiegare su quali basi giuridiche l’Italia offrirebbe assistenza armata all’Ucraina, che non è un paese aderente alla Nato e non fa parte dell’Unione Europea. 

Per quanto mi riguarda, sono e sarò un renitente e un disertore. Preferisco andare in carcere che ammazzare persone che non conosco e che non mi hanno dichiarato guerra, per soddisfare la brama di potere di qualcuno. Potessi avere una remota possibilità, imbracciando un fucile, di far fuori il tiranno: invece ho la certezza che dovrei ammazzare l’ innocente per salvare la mia vita, contemporaneamente perdendola per sempre. La guerra la dichiara qualcuno che sta in cima alla piramide, ma a morirne sono quelli che si trovano alla base della piramide. In nome di cosa? Il mio nemico è Putin, ma il mio fucile al massimo potrebbe uccidere un potenziale Bulgakov, un futuro Kandinskij, un Cechov, un Dostojevskij.

Tutta questa gente che si è messa in modalità “partigiana”, esaltando e propugnando la magnifica resistenza dei camerieri e ragionieri ucraini che diventano guerriglieri e “dobbiamo mandare loro le armi”: intanto se ne sta a casa, e sfoggia il proprio patriottismo in un talk show (in Italia, una delle peggiori degenerazioni dell’informazione). Avrei un briciolo di rispetto per questa posizione se chi la sostiene si muovesse per andare a combattere in prima persona a fianco degli ucraini, perchè almeno rischierebbe in proprio. Invece non ho nessun rispetto per i colonnelli da tastiera, nè per le margherite che si scoprono tupamaros, ma non si schiodano dalla poltrona. La battaglia per la “patria” la combatta chi la vuole combattere, ma almeno lo faccia assumendo il rischio sulla propria pelle. Altrimenti sono esercizi di oscenità verbale. Come l’osceno Ed-War-d Luttwak, che racconta che l’Europa è cresciuta a guerre, che lui se ne è fatte tre (mai una in trincea o sotto le bombe) e che è “un’esperienza bellissima”.

Io mi sento a mio agio nella “matria“, insieme alle donne e madri russe, alle donne e madri ucraine, che vedo già nel mio condominio, con bambini ma senza uomini. Sono loro che possono cambiare il paradigma della storia umana, perchè hanno dentro il seme della vita e non l’anelito alla morte. La mia estrema speranza che questa non diventi una guerra all’ultimo europeo, o all’ultimo essere umano, ha l’aspetto di una matrioska.

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