Skip to main content

Con nostalgia e umorismo Iosè Peverati descrive un luogo d’incontro di un tempo, fra amici e famigliari, ovvero in “cumpagné”. I gesti rituali del “mlunàr”, dalla scelta del cocomero ai “”baricòcal” sonori per valutarne la maturazione, agli abili colpi di coltello, così come gli arredi del “caśón”, richiamano con precisione l’atmosfera e l’attesa per il momento conviviale.
L’autore passa dall’esilarante atteggiamento degli avventori di una volta agli ironici suggerimenti delle buone maniere di oggi a tavola, concludendo con una malinconica riflessione.

 

La mlunàra

V’arcurdèv, ragazìt, quand una volta
as andava a pasàr i dopmeźdì
‘vśin i caśùn ad cana dla mlunàra,
o la sira, da prima ch’a fés scur
fin dop ónd’s ór o meźanot pasà?
Agh iéra un tavulón d’ass iηciuldà,
soquànt baηchéti fati źó ala bona
e dill scaraη stabià coi… zucatìn.

Al mlunàr al starnéva na laηguória,
al la pasàva da na man a cl’altra
com s’al la pśés o s’al źughés a bala,
algh cazàva na ciòpa ad baricòcal
par védar se la iéra źa bunìda,
po’ algh fundàva uη curtèl col maηgh ad legn
par fàragh un tasèl làragh dó dida:
al la taiàva ad śbiès, tiràndal fóra
e al la mustràva a tuti, pin d’argói,
génd la solita fraś: “Ohi, taglio rosso!”.

E nu santà a cavàl d’uη santarìn,
una meźa laηguória par da dnaηz,
coη na bela guciàra e uη grustìn ‘d pan
as gudévn a magnàrin di bei tòch
e po’ i aηmìn ai spudàvan in tera.
Agh iéra quìi che spés i s’iηgusàva

e chi s’a sbrudaciàva da par tut:
aηch s’as a stava atenti d’aη spurcàras
par quant as fés, an as vaηzàva sut.
Mo dop, chi’s vléva dar na riηfrescàda
l’andava int al canàl par na nudàda.
Int la staśón d’istà, s’agh fén a ment,
a gustàvn ill laηguóri aηch stand iη pié
però as gh’aveva al mèi di cundimént
ch’al iéra quél ad star iη cumpagné.

Adès che la mlunàra l’è scadùda
tut’ill laηguóri il viéη cargà sui camioη:
śbiàvdi… ad vargógna il vién distribuìdi
int i supermarcà, dai frutaró
e in ogni ristorant, indù ch’il s’magna
par strùsi o par “dessert” iη ftiη sutìli
con i curtlìn e i furzinìn d’arźént;
gli àηm il s’a spuda con delicateza
int al pàlum dla maη coη sentimént
e il s’fa śbliśgàr coη finta indifaréηza
sóra l’urdlìn dal piàt o uη po’ più in déntar.

Agh è la nuvità seηza i aηmìη
mo com as putrà far, dop, par sumnàril?
Ala fiη, malcuntent, spés anuià,
la fila di aventór i salta sù
e i paga al cónt ch’l’è sémpar bel salà.

Purtròp la cumpagné l’as è smarìda,
tut’i zérca ad muciàr dla baiucàra
chi’d za chi’d là… an as tgnuséη gnaηch più:
ognuη peηsa par lu e, d’altra part,
col temp ach fa la vita l’è ‘csì cara…
Aηch la laηguória ch’l’aη custàva nient
al dì d’iηquó la costa purasà.
Che bei i nòstar temp, ala mlunàra!

 

La cocomeraia
Ricordate, ragazzi, quando un tempo / passavamo l’intero pomeriggio / alla capanna del cocomeraio / fino alla sera, oltre l’imbrunire / oppure a mezzanotte già suonata? / C’era un tavolo grezzo di quattr’assi, / alcune panche fatte rozzamente / e sgabelli abbozzati con i tronchi… /

Il gestore sceglieva un bel cocomero, / come per gioco da una mano all’altra / lo palleggiava, quasi soppesandolo, / gli schioccava una serie di colpetti / per stabilirne la maturazione, / vi affondava la punta di un coltello / praticando un tassello di due dita, / lo tagliava di sbieco ed estraendolo / lo proponeva con ostentazione / esclamando orgoglioso: “Taglio rosso!”. /

E noi, a cavalcioni di sgabelli / con un mezzo cocomero davanti / un robusto cucchiaio ed un crostino, / ne gustavam pezzetti deliziosi / e sputavamo in terra i semi scuri. /

Spesso qualcuno si ingozzava in fretta / altri si sbrodolavano di brutto; / ma anche stando attenti a non sporcarsi / era difficil rimanere asciutti. / Ma poi, per salutare rinfrescata, / ci tuffavamo tutti nel canale. / Ed ogni estate, se ricordo bene, / gradivamo i cocomeri anche in piedi, / però c’era il miglior dei condimenti, / ch’era quello di stare in compagnia. /

Or si va meno alla cocomeraia, / i frutti sono messi su autocarri: / pallidi e… smorti son distribuiti / ai fruttivendoli, ai supermercati, / ai ristoranti dove si consumano / in fette trasparenti, per dessert, / con posatine lucide d’argento, / poi si sputano i semi dolcemente / sul palmo della mano con bel garbo / e si fan scivolare di nascosto / sul margine del piatto, al lato opposto. /

I nuovi sono pure senza semi, / ma come li potremo seminare? / Alla fine, annoiati e malcontenti, / se n’vanno gli avventori ad uno ad uno, / saldando conti sempre più elevati. /

Disperse le combriccole di amici, / ognuno è attento a cumular quattrini / quand’è possibile. Non ci si conosce; / si pensa più a sé stessi e, d’altra parte, / il costo della vita è lievitato / ed i cocomeri che costavan poco / aumentano di prezzo giornalmente. / Che bella un tempo la cocomeraia!

 

Tratto da:
Iosè Peverati, La giostra : poesie in dialetto ferrarese e in italiano, Bologna : Ponte Nuovo, 1996.

 

Iosè Peverati (Modena 1927)
Altre notizie biografiche sull’autore nel Cantóη Fraréś del 28 giugno 2020. [Vedi qui]

 

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia, esce il venerdì.
Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui]

 

 

Cover: Stadiéra con meloni: foto di Marco Chiarini

tag:

Ciarin


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it