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Giorno: 28 Ottobre 2016

La pecora nera in Università:
incontro con José ‘Pepe’ Mujica,
ex presidente dell’Uruguay

Da Unife

Incontro pubblico con il senatore della Repubblica Orientale dell’Uruguay, José ‘Pepe’ Mujica, mercoledì 9 novembre 2016 ore 16 nell’aula magna del Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli studi di Ferrara, in via Voltapaletto 11.

Programma
Saluti istituzionali

Giorgio Zauli
Magnifico Rettore dell’Università di Ferrara

Simonetta Renga
Direttrice del Dipartimento di Economia e Management

Riccardo Bizzarri
Sindaco del Comune di Masi Torello

Introduzione

Giangi Franz
Dipartimento di Economia e Management

Conferenza
José ‘Pepe’ Mujica,
Senatore della Repubblica Orientale dell’Uruguay
‘Economia e società. Il tempo della vita non va sprecato’

Segue dibattito con il pubblico

Per saperne di più su José ‘Pepe’ Mujica leggi
Discorso per la terra della nostra Simonetta Sandri

Sovrani e cavalieri erranti a teatro, Ferrara Off per i più piccoli

Da: Ferrara Off

Sabato lo spettacolo ‘3 regine, 2 re, 1 trono’, da domenica il laboratorio ispirato a Don Chisciotte

Sovrani e servi insieme a cavalieri erranti e fidi scudieri, tra leggenda e letteratura, messa in scena e racconto teatrale, fantasia e comicità: questi saranno gli ingredienti che renderanno speciale questo fine settimana a Ferrara Off, un weekend dedicato interamente al divertimento dei più piccoli e alle loro famiglie.
Sabato 29 ottobre alle 17 il teatro di viale Alfonso I d’Este ospiterà lo spettacolo ‘3 regine, 2 re, 1 trono’, interpretato da cinque ragazzi in ruoli da adulti: detentori del potere ma anche servi, soldati e sudditi. In scena ci saranno Matilde Buzzoni, Sofia Chioatto, Michele Graldi, Giacomo Vaccari, Penelope Volinia, allievi lo scorso anno del corso di recitazione per adolescenti condotto dall’attore Marco Sgarbi, ‘Grandi speranze’. Sarà proprio la loro allegria e freschezza interpretativa ad avvicinare i più piccoli alla rappresentazione ironica del mondo ‘dei grandi’, un mondo dove gli umori si alterano molto facilmente e le dinamiche del potere rivelano presto tutta loro precarietà.
Genitori e figli si ritrovano assieme, in platea, per ridere dei comportamenti umani.
Domenica 30 ottobre dalle 14 alle 16.30 si terrà il primo incontro del laboratorio di teatro comico ‘Io, Don Chisciotte!’, curato da Officina Teatrale A_ctuar e rivolto ai bambini tra i 6 e gli 11 anni. I partecipanti prenderanno spunto dalle sconclusionate peripezie di Don Chisciotte e dello scudiero Sancho Panza per liberare la fantasia e inventare il proprio eroe errante. Passeranno – attraverso quattro incontri basati sul gioco e sull’improvvisazione – dal racconto alla drammaturgia, per creare dialoghi e avventure, costruire armature e scenografie. L’obiettivo è sperimentare le potenzialità espressive del corpo e della voce, esplorare in modo creativo la propria personalità e il rapporto con gli altri, favorire una crescita sociale positiva in un ambiente protetto, ludico e non competitivo. Il laboratorio si terrà tutte le domeniche pomeriggio, merenda inclusa, fino al 20 novembre. Si concluderà in uno spettacolo finale domenica 27 novembre alle 21.
Lunedì 31 ottobre invece – dalle 17 alle 18 – comincerà il corso propedeutico alla danza classica, per bambini dai 4 ai 6 anni, condotto dall’insegnante Paola Tomasotti, che si terrà nello stesso orario tutti i lunedì e i giovedì pomeriggio. Partendo da giochi divertenti per scoprire il ritmo, la gestualità e la postura corretta, i bambini prenderanno confidenza con lo spazio e con il tempo, imparando i fondamenti della coordinazione e della danza Al termine del corso si terrà un saggio aperto al pubblico.
I biglietti per lo spettacolo ‘3 regine, 2 re, 1 trono’ si possono prenotare scrivendo a info@ferraraoff.it oppure telefonando al numero 3336282360. Ingresso euro 8 soci Ferrara Off, euro 5 under 20, euro 10 non soci (comprensivi di tessera associativa).
L’iscrizione al laboratorio ‘Io, Don Chisciotte’ costa 140 euro, comprensivi di materiali teatrali, merenda e tessera associativa Ferrara Off. Per maggiori informazioni telefonare al numero 3404905137 oppure scrivere a baronerampanteactuar@gmail.com.
L’iscrizione al corso propedeutico alla danza classica è composto da moduli di dieci lezioni, che costano 100 euro ciascuno. Per maggiori informazioni telefonare al numero 3489120127 oppure scrivere a p.tomasotti@hotmail.it.

Presentazione Fabio Biondi

Da: Libreria Feltrinelli Ferrara

Domani 29 ottobre alle ore 16:30 sarà presentato, presso la libreria Feltrinelli, il libro di Fabio Biondi ‘Isacco, il cane’, Edizioni Augh! Dialogherà con l’autore, il Prof. Alberto Macchini del conservatorio di Adria.
Il libro è una lettura divertente per ragazzi a partire dai 10 anni.
Per cominciare bene il pomeriggio di Halloween!!!

La newsletter del 28 ottobre 2016

Da: Comune di Ferrara

Biblioteca Bassani – Mercoledì 2 novembre alle 17 in via Grosoli a Barco
Tra castelli e magie torna l”Ora del racconto’ per i bimbi dai quattro ai dieci anni

Nuovo appuntamento per bambini dai quattro ai dieci anni con l’attività di promozione della lettura l”Ora del racconto’, dedicata al tema ‘Tra castelli e Magie’, mercoledì 2 novembre alle 17 alla biblioteca Bassani di Barco (via G. Grosoli 42, Ferrara). Protagonisti del pomeriggio di letture, presentate da Anna Flora De Tommaso, saranno i libri ‘La zucchina reginella’ (di Guido Quarzo) e ‘La signorina Mezzopunto’ (di S. Enea).
La partecipazione è gratuita e non è richiesta la prenotazione.

Polizia Municipale – Operazione degli agenti del Reparto Zona Centro
Rintracciato e restituito ai proprietari furgone rubato colmo di refurtiva per 60mila euro

Nel pomeriggio di mercoledì scorso (26 ottobre) una pattuglia appartenente al Reparto Zona Centro, durante i normali controlli in area Giardino Arianuova Doro, ha notato in sosta nell’area di parcheggio di via Porta Catena, a lato del palazzo delle palestre, un furgone Fiat Scudo di colore bianco. Il veicolo ha attirato subito l’attenzione degli agenti della Municipale poiché non era fra quelli che abitualmente vengono notati sostare in questa zona. Nonostante il controllo assicurativo ne avesse confermato la copertura, gli agenti hanno eseguito anche un controllo più approfondito utilizzando il registro dei veicoli rubati, dal quale è risultato effettivamente che il veicolo era stato rubato in provincia di Modena nella seconda decade di ottobre da una ditta locale.
Nella giornata successiva (giovedì 27 ottobre), a seguito della riconsegna del furgone al legittimo proprietario sopraggiunto in città per la restituzione, è emerso che all’interno del vano trasporto erano nascosti dodici biciclette professionali da corsa, di varie marche, in gran parte smontate. Al termine di una serie di indagini si è scoperto che anche questi mezzi, del valore commerciale di circa 60.000 euro, erano il bottino di un altro furto avvenuto alcuni giorni fa ai danni di una azienda del rodigino. Grande è stata la soddisfazione dei legittimi proprietari, in particolare del commerciante di biciclette al quale veniva restituita la merce, in quanto era già stato vittima di un furto analogo.
A cura del Comando di Polizia Municipale Terre Estensi

Pubblici Esercizi – Stop ai documenti cartacei nella procedura di concessione
Occupazione suolo pubblico per distese di tavoli, dall’1 dicembre richieste solo online

Da giovedì 1 dicembre 2016 scatta l’obbligo, per chi vuole ottenere il permesso di occupare il suolo pubblico con una distesa tavoli, di presentare la domanda tramite la piattaforma telematica Suapfe. Da dicembre, quindi, gli esercizi che desiderano avere la concessione di un’area di suolo pubblico dove posizionare tavolini e sedie riservati ai clienti dovranno farlo esclusivamente online, perché non verranno più accettate le domande presentate in formato cartaceo.
Questo il testo integrale della comunicazione inviata alle associazioni di categoria e agli ordini professionali dal Servizio Attività produttive, Commercio e Sviluppo economico del Comune di Ferrara:

Oggetto – Occupazione di suolo pubblico con distese tavoli – Obbligo di presentazione delle domande tramite la piattaforma telematica ‘SuapFe’ – Dal 1 dicembre 2016
Già a decorrere dal 1.12.2014 questo Servizio ha trasferito le fasi del procedimento relativo al rilascio delle concessioni per l’occupazione di suolo pubblico con le distese tavoli, sulla piattaforma informatica ‘Suapfe’, reperibile sul sito del Suap online della Provincia di Ferrara, già utilizzata da numerosi utenti.
Con il nuovo regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico, approvato con provvedimento del Consiglio Comunale n. 3/18385 del 14.03.2016, è stato istituito un titolo VI specificatamente dedicato alle occupazioni con distese tavoli e, successivamente con atto di Giunta del 10.05.2016 n.238, sono state approvate specifiche disposizioni concernenti le distese delle attività artigianali e di commercio alimentare: il tutto consultabile alla pagina http://www.comune.fe.it/index.phtml?id=343.
In particolare, sono state approvate delle linee guida per facilitare la progettazione delle occupazioni e agevolare conseguentemente l’istruttoria relativa all’istanza; ed è stato sancito che la domanda di concessione deve essere presentata esclusivamente tramite la piattaforma digitale di cui sopra.
Pertanto, a partire dal 1 Dicembre 2016, le domande presentate in formato cartaceo non potranno essere accolte e non daranno luogo al rinnovo della concessione.
Da tale data è pertanto obbligatorio per l’utente presentare le richieste, (con relative documentazioni e compreso il pagamento del bollo), per ottenere il rilascio, il rinnovo e la voltura delle concessioni in oggetto, collegandosi al sito http://www.provincia.fe.it/suapfe.
Come per l’attivazione degli altri procedimenti già presenti sulla piattaforma, per l’invio delle pratiche è necessario essere iscritti al sistema e dotati di firma digitale; è inoltre necessario essere dotati di un indirizzo Pec per lo scambio di informazioni e ricevute con l’Amministrazione.
Ogni domanda sarà costruita in modo guidato, con controlli che impediranno di procedere in caso di informazioni incomplete o di allegati mancanti.
Si ringrazia fin da ora per la collaborazione che le Associazioni in indirizzo saranno, come sempre, in grado di prestare, garantendo la massima diffusione della presente fra i propri associati e promuovendo l’uso telematico delle domande; si è altresì disponibili ad accogliere suggerimenti per migliorare e rendere più efficiente la nuova procedura.
Per info ulteriori è possibile rivolgersi al Servizio Commercio, Ufficio Pubblici Esercizi-Cosap in via Boccaleone 19 a Ferrara, tel. 0532 419921 o 419941, nei seguenti orari: lunedì, martedì e venerdì dalle 9 alle 13, martedì anche dalle 15 alle 17.
La Dirigente – Dott.ssa Evelina Benvenuti

Celebrazioni di Novembre – Nelle mattinate di martedì 1 e domenica 6 novembre
Cerimonie a Porporana, Casaglia e Ravalle in ricordo dei caduti di tutte le guerre

Il ‘Comitato per le Celebrazioni del 4 novembre Ravalle – Casaglia – Porporana’ anche quest’anno ricorda i Caduti di tutte le guerre con celebrazioni civili e religiose, che si svolgeranno con il seguente programma:
Martedì 1 novembre 2016
>> Porporana ore 9 – Santa Messa e deposizione di una corona di alloro alla lapide presso la ex scuola elementare
>> Ravalle ore 10,30 – Santa Messa presso il teatro Venere di Ravalle (via Martelli 85) e deposizione di una corona di alloro alla lapide presso la ex scuola elementare
Domenica 6 novembre 2016
>> Casaglia ore 11 – Santa Messa e deposizione di una corona di alloro alla lapide presso la ex scuola elementare; interverrà Tiziano Tagliani sindaco del Comune di Ferrara che terrà il discorso ufficiale di commemorazione.

Celebrazioni di Novembre – Programma di mercoledì 2 e venerdì 4 novembre del Comitato cittadino per le onoranze
Le iniziative per commemorare i defunti e celebrare la Giornata delle Forze Armate

Come ogni anno il Comitato cittadino per le onoranze – formato da Comune, Provincia e Prefettura di Ferrara – ha definito l’agenda delle manifestazioni programmate in occasione della giornata dedicata alla Commemorazione dei defunti (mercoledì 2 novembre 2016) e della Festa dell’Unità Nazionale, Giornata delle Forze Armate (venerdì 4 novembre 2016). Questo il dettaglio delle celebrazioni:
>> Mercoledì 2 novembre 2016 – Commemorazione dei defunti
– Alle 10, al tempio di San Cristoforo della Certosa di Ferrara messa in suffragio dei caduti di tutte le guerre celebrata dall’arcivescovo di Ferrara-Comacchio Mons. Luigi Negri;
– alle 11 deposizione, con onori militari, di corone d’alloro al Famedio dei caduti in guerra e al Sacello dei caduti per la libertà.
In rappresentanza del Sindaco interverrà l’assessore ai Lavori Pubblici/Beni Monumentali Aldo Modonesi.
>> Venerdì 4 novembre 2016 – Festa dell’Unità nazionale – Giornata delle Forze armate
– Alle 10.25 in piazza Cattedrale si svolgerà l’alzabandiera;
– alle 10.30 in piazza Trento Trieste deposizione di una corona d’alloro alla Torre della Vittoria seguita dalla lettura del messaggio del Capo dello Stato da parte del generale D.A. Gianni Candotti (comandante del COA). Le celebrazioni proseguiranno quindi con gli interventi di un rappresentante della consulta degli studenti e del sindaco del Comune di Ferrara e presidente della Provincia di Ferrara Tiziano Tagliani.
In caso di maltempo la cerimonia si svolgerà nella Galleria Matteotti.
– alle 17.20 ammainabandiera (in rappresentanza del Sindaco interverrà l’assessore alla Contabilità/Bilancio Luca Vaccari)

Commercio su Area Pubblica – Pubblicazione dall’1 al 31 dicembre 2016
Mercati e fiere: il bando per la concessione dei posteggi disponibili agli ambulanti

Da giovedì 1 dicembre a sabato 31 dicembre 2016 sarà in pubblicazione il bando pubblico per l’assegnazione delle concessioni in scadenza nel 2017 dei posteggi di commercio ambulante nei mercati, nelle fiere e isolati che dovranno essere riassegnati. Il bando per partecipare all’assegnazione della concessione delle aree di suolo pubblico adibite al commercio ambulante sarà reperibile sul sito del Comune di Ferrara, dove sarà possibile individuare in linea di massima anche il posizionamento delle postazioni che verranno rimesse a disposizione per gli ambulanti.
Per ogni informazione: Ufficio Commercio del Comune di Ferrara, via Boccaleone 19, tel. 0532-419.912 oppure – 925 – 940. Il Bando sarà disponibile sul sito internet del Comune all’indirizzo www.comune.fe.it
Ecco il testo integrale dell’avviso a cura del Servizio Commercio del Comune
Avviso di informazione relativo alla pubblicazione del bando per l’ assegnazione di concessioni in scadenza dei posteggi per il commercio su area pubblica in attuazione dell’ art. 70 comma 5 del decreto legislativo 26/3/2010 N.59 di recepimento della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno.
Il Dirigente
Premesso
– che in data 5 luglio 2012 in sede di Conferenza Unificata si è raggiunta l’Intesa sui
criteri da applicare nelle procedure di selezione per l’assegnazione dei posteggi per il commercio su area pubblica, in attuazione dell’art. 70, comma 5 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di recepimento della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi del mercato interno;
– che in data 24 gennaio 2013 la Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome ha siglato un Documento Unitario per l’attuazione della sopra richiamata Intesa del 5 luglio 2012, in materia di procedure di selezione per l’assegnazione di posteggi per il commercio su aree pubbliche;
Considerato
– che in data 3 agosto 2016 la Conferenza Unificata ha approvato il documento unitario concernente “Linee applicative dell’Intesa della Conferenza Unificata del 5 luglio 2012 in materia di procedure di selezione per l’assegnazione di posteggi su Aree Pubbliche;
– che in data 26 settembre 2016 la Giunta Regionale Emilia Romagna ha recepito il documento unitario succitato con Delibera n. 1552/2016;
Vista
– la circolare del Servizio Commercio e Turismo della Regione Emilia Romagna Pg. 688834 del 26/10/2016 nella parte riguardante ‘Termini e modalità di pubblicizzazione delle selezioni’;
Avvisa
dal 1/12/2016 al 31/12/2016 sarà in pubblicazione il bando pubblico per l’assegnazione di concessioni in scadenza dei posteggi nei mercati, nelle fiere e isolati in scadenza nell’anno 2017, meglio individuati nel citato bando.
Il bando sarà reperibile sul sito del Comune di Ferrara.
La Dirigente del Servizio
Evelina Benvenuti

Festa della Legalità e della Responsabilità – Mercoledì 2 novembre alle 21 alla sala Boldini (via Previati)
Presentazione del progetto ‘The Harvest’, film sul nuovo caporalato agricolo in Italia

La sala Boldini di via Previati ospiterà mercoledì 2 novembre alle 21 la presentazione del progetto ‘The Harvest’, film sul nuovo caporalato agricolo in Italia. The Harvest è un documentario sulla vita delle comunità Sikh stanziate stabilmente nella zona dell’Agro Pontino e il loro rapporto con il mondo del lavoro. I membri di queste comunità vengono principalmente impiegati come braccianti nell’agricoltura della zona. Gli episodi di sfruttamento (caporalato, cottimo, basso salario, violenza fisica e verbale) sono stati rilevati in numerosi casi, quasi sempre da associazioni che operano sul territorio locale. A fianco di questi fenomeni è inoltre cresciuto in maniera esponenziale l’uso di sostanze dopanti per sostenere i faticosi ritmi del lavoro nei campi.
La giovane crew di registi e videoreporter (SMK Videofactory, di Bologna) presenterà il progetto, proiettando qualche spezzone del film (che è anche un musical) ancora in lavorazione, per chiedere il sostegno tramite crowdfunding.
Introduce la serata Federica Pezzoli del Coordinamento di Ferrara di Libera.
All’inizio della serata verranno proiettati i prodotti audiovisivi giunti in finale al concorso denominato appunto ‘Film(a)’ la cosa giusta’, indetto dal Comune di Ferrara e realizzati da giovani residenti in Emilia Romagna tra i 18 ed i 28 anni di età. Ne verranno quindi decretati i vincitori.
Appuntamento a ingresso gratuito.
L’iniziativa si inserisce nel calendario di appuntamenti della ‘Festa della Legalità e della Responsabilità’, giunta alla settima edizione.
Organizzata da Centro di Mediazione Sociale – Progetto Ferrara Città Solidale e Sicura del Comune di Ferrara, Coordinamento di Ferrara di Libera, Ufficio Stampa mdel Comune di Ferrara, Ufficio Diritti dei Minori del Comune di Ferrara, Pro Loco Voghiera, con la collaborazione di Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara, Arci Ferrara, Cinema Boldini, Presidio Studentesco di Libera di Ferrara “Giuseppe Francese”, Copresc Ferrara e con il sostegno della Regione Emilia Romagna e di Avviso Pubblico, la festa quest’anno si tiene dal 22 ottobre al 7 novembre, con un calendario ricco di appuntamenti.
Per info: Centro di Mediazione Sociale del Comune di Ferrara tel. 0532/770504 centro.mediazione@comune.fe.it

Conferenza Stampa – Venerdì 4 novembre 2016 alle 11 nella sala degli Arazzi della residenza municipale
Presentazione del ciclo di incontri ‘In rete è più facile! Digitali si diventa’
Venerdì 4 novembre 2016 alle 11 nella sala degli Arazzi della residenza municipale ci sarà la presentazione del ciclo di incontri pubblici di cultura digitale ‘In rete è più facile! Digitali si diventa’ che si terranno in Sala estense il 10 novembre, il 22 novembre, l’1 dicembre 2016.
All’incontro con i giornalisti interverranno l’assessore ai Servizi informatici e Smart city Roberto Serra, Anna Rosa Fava portavoce del Sindaco, il dirigente del Servizio Sistemi informativi e Statistica Fabio De Luigi, Massimo Formichella dell’Inps di Ferrara, Michele Greco dell’Ausl di Ferrara.

Conferenza Stampa – Giovedì 3 novembre alle 10.30 nella sala degli Arazzi della residenza municipale
Presentazione di ‘Novembre Magico’
Giovedì 3 novembre 2016 alle 10.30 nella sala degli Arazzi della residenza municipale si svolgerà la conferenza stampa di presentazione di ‘Novembre Magico’. La manifestazione è in programma da sabato 5 novembre a sabato 17 dicembre tra le sedi di Ferrara, Migliarino e Copparo.
All’incontro con i giornalisti interverranno il vicesindaco e assessore alla Cultura del Comune di Ferrara Massimo Maisto, la sindaca del Comune di Fiscaglia Sabina Mucchi, il responsabile del Teatro De Micheli di Copparo Sergio Guglielmini, Roberto Ferrari della società Stileventi che organizza la manifestazione, Dino Montanari direttore dell’organizzazione non governativa onlus Ibo Italia che è partner della manifestazione.

Assessorato ai Servizi alla Persona – Sabato 29 ottobre alle 16. Interverrà Chiara Sapigni, responsabile del Coordinamento Politico sull’Immigrazione di Anci regionale
La struttura di accoglienza per minori stranieri non accompagnati di Budrio apre le porte alla comunità

L’assessora comunale alla Sanità e Servizi alla Persona Chiara Sapigni, responsabile del Coordinamento Politico sull’Immigrazione di Anci Emilia-Romagna, interverrà sabato 29 ottobre dalle 16 alle 18, all’apertura alla comunità della casa Salina Aria (via Zenzalino Nord 140) a Vedrana di Budrio. All’iniziativa, promossa da ANCI-Associazione Nazionale dei Comuni Italiani dell’Emilia-Romagna insieme al Comune di Budrio, saranno inoltre presenti il sindaco di Budrio Giulio Pierini, l’assessore Sanità-Welfare-Innovazione sociale e solidale del Comune di Bologna Luca Rizzo Nervo e il direttore generale della Cooperativa Camelot Carlo De Los Rios.
Nella struttura sono accolti minori stranieri non accompagnati, per condividere le attività sviluppate nell’ambito del progetto di hub regionale diffuso del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione del Ministero dell’Interno partito in settembre.
L’iniziativa di sabato 29 novembre sarà l’occasione per incontrare i ragazzi accolti e gli operatori della cooperativa Camelot che gestiscono la struttura, e partecipare assieme a loro alle iniziative organizzate per l’occasione, oltre a degustare i piatti multietnici per conoscersi anche attraverso le tradizioni gastronomiche.
Per contatti: Segreteria Anci Emilia-Romagna – 051.6338911 – segreteria@anci.emilia-romagna.it
Miryam Cafaro, Assistente Direzione Amministrativa Anci Emilia-Romagna – 345.1358276 miryam.cafaro@anci.emilia-romagna.it

Decoro Urbano – Operazione volontaria in accordo con l’Ufficio Verde del Comune di Ferrara
La scalinata della chiesa di San Paolo pulita da due giovani richiedenti asilo

Vengono dal Mali e dalla Costa D’avorio i due ragazzi richiedenti asilo, ospiti dell’agriturismo Spagnolina di Porporana, che ieri mattina (27 ottobre), coadiuvati dal proprietario dell’agriturismo stesso e in accordo con l’Ufficio Verde del Comune di Ferrara, hanno ripulito volontariamente la scalinata della chiesa di San Paolo in piazzetta Schiatti. L’intervento ha consentito in particolare di liberare i gradini antistanti l’ingresso dell’edificio dalle erbe infestanti nate spontaneamente.
In allegato le foto dell’intervento

Conferenza Stampa – Venerdì 4 novembre alle 10 nella sala degli Arazzi della residenza municipale
Presentazione delle iniziative natalizie in zona Acquedotto (piazza XXIV Maggio)

Venerdì 4 novembre 2016 alle 10 nella sala degli Arazzi della residenza municipale si terrà la conferenza stampa di presentazione delle iniziative per il periodo natalizio in zona Acquedotto (piazza XXIV Maggio).
All’incontro con i giornalisti interverranno il vicesindaco e assessore al Turismo Massimo Maisto, l’assessore al Commercio Roberto Serra, l’assessore ai lavori pubblici Aldo Modonesi, il presidente di Visit Ferrara Matteo Ludergnani, il direttore artistico di ‘Made Eventi’ Alessandro Pasetti, il direttore generale di Delphi International Riccardo Cavicchi, Giuseppe Nadalini di Engi spa.

Viabilità – Provvedimenti in vigore lunedì 31 ottobre dalle 14 alle 24
Via Carlo Mayr interrotta al transito per la manifestazione ‘Carloween’

Per consentire lo svolgimento della manifestazione ‘Carloween – Halloween in Carlo Mayr’, organizzata dal Comitato Operatori di via C. Mayr e piazza Verdi, nella giornata di lunedì 31 ottobre dalle 14 alle 24, nel tratto di via C. Mayr, da corso Porta Reno a via Giuoco del Pallone, saranno in vigore i divieti di transito e di fermata.

Ambiente – Da venerdì 2 novembre, aperto ogni martedì nella sede del Servizio Ambiente-Energia (via Marconi 39)
Il Comune apre lo Sportello Energia

Sarà attivo da venerdì 2 novembre 2016 nella sede del Servizio Ambiente-Unità organizzativa Energia in via Marconi 39 – con ricevimento del pubblico tutti i martedì dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 17 – il nuovo Sportello Energia del Comune di Ferrara, presentato in anteprima in occasione dell’Energy day che si è svolto il 26 ottobre nella sede di Wunderkammer.
“Un nuovo servizio che il Comune offre ai cittadini – afferma l’assessora all’Ambiente Caterina Ferri – per ricevere informazioni e avere assistenza gratuita su risparmio energetico, incentivi, energie rinnovabili. Ringrazio i tecnici dell’Ufficio che si sono resi disponibili a offrire questa opportunità. L’uso attento dell’energia non solo può portare benefici economici, ma contribuisce a ridurre le emissioni in atmosfera e quindi a rendere l’aria più pulita”
Obiettivo. Lo Sportello Energia ha come obiettivo principale l’assistenza gratuita ai cittadini nel settore dell’Energia per spiegare e affrontare insieme tra collettività e Pubblica Amministrazione problematiche di tipo normativo, obblighi e adempimenti, opportunità di investimenti e finanziamenti relativi al settore energetico.
E’ anche un’opportunità per i cittadini di conoscere i progetti e le realizzazioni a tema sostenibilità energetica, realizzate da questa Amministrazione.
I cittadini possono collaborare anche facendo conoscere le proprie realizzazioni.
Lo Sportello Energia vuole rendere i cittadini maggiormente consapevoli degli interventi di risparmio energetico attualmente possibili.
Inoltre l’Amministrazione promuove iniziative e sensibilizzazione a tema.
Attività:
Lo Sportello è attivo per rispondere ai cittadini suoi seguenti temi:
– Modalità di lettura delle bollette energetiche;
– Nuove tipologie di impianti termici;
– La contabilizzazione del calore nei condomini;
– La gestione e la manutenzione degli impianti termici;
– Energie Rinnovabili;
– Strumenti di finanziamento e contributi fiscali;
– Certificazione energetica;
– Targa energetica elettrodomestici e illuminazione pubblica;
Modalità di funzionamento dello Sportello:
Lo Sportello, negli uffici della Unità organizzativa Energia di via Marconi 39, riceverà il pubblico, previo appuntamento telefonico, nella giornata del martedì dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 17.
Per info e per prendere appuntamento nelle giornate diverse dal giorno di ricevimento al pubblico rivolgersi, in orario d’ufficio, allo 0532 418777 e 0532 418881, email energia@comune.fe.it

Museo di Storia Naturale – Giovedì 3 novembre dalle 16 presentazione di due volumi
Pomeriggio botanico tra felci e licheni

Giovedì 3 novembre dalle 16, il Museo civico di Storia Naturale di Ferrara ospiterà la presentazione da parte di Pier Luigi Nimis, docente di Botanica all’Università di Trieste, e di Alessandro Alessandrini e Fausto Bonafede dell’Istituto per i Beni Culturali e Ambientali dell’Emilia-Romagna, delle loro ultime realizzazioni editoriali dedicate ai licheni italiani e alle felci dell’Emilia-Romagna.
L’incontro, al quale interverrà anche il direttore del Museo Stefano Mazzotti, è aperto alla partecipazione di tutti gli interessati nella sede museale di via De Pisis 24, Ferrara.
The Lichens of Italy. A second annotated catalogue. Pier Luigi Nimis (Trieste, EUT Edizioni Università di Trieste, 2016).
I licheni vengono spesso associati alle tundre artiche e agli ambienti freddi, ma l’Italia, con 2704 specie, è oggi uno dei paesi europei con la più alta biodiversità lichenica (per la Finlandia, ad esempio, si conoscono solo 1673 specie).
Nel nostro Paese i licheni abbondano sia in ambienti naturali che su monumenti in pietra, di cui sono tra le principali cause di bioalterazione, divenendo rari soltanto in ambienti inquinati. Per questo sono ampiamente usati come bioindicatori della qualità dell’aria, con centinaia di studi svolti negli ultimi decenni in tutta Italia.
Il monumentale catalogo dei licheni d’Italia redatto dal Prof. Pier Luigi Nimis, appena pubblicato da EUT, la casa editrice dell’Università di Trieste, fornisce una sintesi di tutte le specie presenti in Italia, specificandone la distribuzione regionale, l’ecologia e gli aspetti sistematici e nomenclaturali.
Pier Luigi Nimis, nel 2014, in occasione del X Congresso Internazionale di Micologia a Bangkok, l’International Association for Lichenology ha conferito la Acharius Medal, il più importante riconoscimento internazionale per studi in questo campo, per il contributo eccezionale allo studio dei licheni apportato nel corso della sua intera carriera scientifica
Felci dell’ Emilia-Romagna: distribuzione, monitoraggio e conservazione / Fausto Bonafede … [et al.]. (Bologna : Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, 2016).
Le ‘Felci’, sono piante molto antiche prive di fiori e di semi, rimaste fedeli (uniche tra le piante vascolari) alla spora quale meccanismo di dispersione della specie attraverso il vento. Il loro aspetto è in genere poco vistoso e i luoghi di crescita sono spesso umidi, ombrosi e in ogni caso lontani dalla luce e dai colori dei prati fioriti. Forse per questo le Pteridofite sono state relativamente trascurate sia dal botanico professionista sia da quello dilettante, anche se di recente si nota un sensibile aumento di interesse.
Eppure questo complesso gruppo di organismi esercita un fascino particolare tutto concentrato nella forma e nella struttura della fronda, un capolavoro di adattamento alla vita nel sottobosco più folto, negli anfratti rocciosi, sulle ceppaie degli alberi, sulla superficie dell’acqua.
Andare in cerca di Pteridofite significa quindi frequentare luoghi poco luminosi, nascosti, appartati; dove il verde profondo e la quiete rendono straordinario il momento della scoperta di una specie rara.
Il desiderio di far conoscere e di proteggere queste piante particolari è uno dei motivi per cui è stato a suo tempo realizzato l’Atlante regionale (Bonafede & al., 2001) e ora questo lavoro di aggiornamento e monitoraggio, che consiste non solo nel catalogo aggiornato delle entità presenti in Emilia-Romagna, ma anche nella rappresentazione della loro distribuzione geografica.

Biblioteca Ariostea – Appuntamento con la Compagnia del libro mercoledì 2 novembre alle 17
‘Sotto i cieli di Urano’, viaggio nella fantascienza assieme agli autori più celebri

Saranno i più celebri autori di fantascienza moderni i protagonisti del nuovo appuntamento con la ‘Compagnia del libro’, in programma mercoledì 2 novembre alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea. Nel corso dell’incontro, organizzato in collaborazione con l’Associazione culturale il Gruppo del Tasso di Ferrara, Enrico Neri, Eleonora Pescarolo, Elisa Orlandini, Silvia Lambertini, Linda Morini e Alberto Amorelli proporranno letture e analisi dalle opere di vari scrittori del genere.
La grande fantascienza sbarca alla Biblioteca Ariostea. La Compagnia del Libro, infatti, si occuperà di alcuni dei più importanti autori di fantascienza moderni. Asimov, Matheson, Gibson, Bradbury, Heinlen e Dick i nomi nel carnet. Ognuno di loro rappresenta un’idea della fantascienza, dalla classica, alla distopica al cyberpunk. Una carrellata per riscoprire un genere che erroneamente dal grande pubblico viene considerato solo di intrattenimento quando non un parente povero della letteratura mainstream.

Conferenza in Municipio – Giovedì 3 novembre alle 17 nella sala dell’Arengo
Con Filippo Govoni alla scoperta di ‘Biagio Rossetti architetto contemporaneo’

Continuano con successo le conferenze promosse dal Comune di Ferrara in occasione della mostra di Claudio Gualandi dedicata a Biagio Rossetti, che rimarrà aperta al pubblico fino al 14 novembre prossimo nel salone d’Onore del Municipio.
Giovedì 3 novembre alle 17 nella sala dell’Arengo (piazza del Municipio 2) l’architetto Filippo Govoni terrà una conferenza dal titolo ‘Biagio Rossetti architetto contemporaneo’.
Il relatore si soffermerà sull’attualità del ‘modus operandi’ di Biagio Rossetti, particolarmente impegnato nello studio del contesto urbano in cui si trovò a operare, introducendo un linguaggio architettonico nuovo, sempre attento al tema della luce come strumento scenico, metaforico e funzionale. Il confronto, poi, tra gli edifici rossettiani più significativi con alcune costruzioni contemporanee, offrirà a Govoni l’opportunità di spiegare la grande modernità dell’architetto della Corte Estense.
Le iniziative, a ingresso gratuito, sono promosse dagli assessorati alla Cultura e ai Beni Monumentali del Comune di Ferrara.
Per tutti i dettagli sulla mostra e il ciclo di conferenze v. CronacaComune del 10 ottobre 2016
Organizzazione: Ufficio Ricerche Storiche, Servizio Beni Monumentali-Centro Storico, Comune di Ferrara.
Per info: f.scafuri@comune.fe.it; m.moggi@comune.fe.it

Lavori Pubblici e Viabilità – I principali interventi previsti in città dal 31 ottobre al 6 novembre 2016
In corso, in via Saraceno, la pavimentazione della nuova piazza-sagrato davanti la chiesa di Sant’Antonio. Proseguono gli interventi su strade, edifici e illuminazione

Questo l’elenco dei principali interventi e cantieri operativi o in fase di attivazione nel territorio comunale nel periodo dal 31 ottobre al 6 novembre 2016, condotti sotto la supervisione dei tecnici e degli operatori del Settore Opere pubbliche e Mobilità del Comune.
Maggiori informazioni sugli interventi più significativi sono disponibili sul sito http://mappaopere.comune.fe.it
>> Avvio Nuovi Lavori
Beni Monumentali
Al via il restauro delle colonne di piazza Municipio
Ha preso il via in questi giorni, con le operazioni di accantieramento, l’intervento di restauro delle colonne sul lato ovest di piazza del Municipio e del portale su via Garibaldi. Il progetto è frutto di una collaborazione tra pubblico e privato nata su sollecitazione della Fondazione Geometri di Ferrara, che ha proposto all’Amministrazione Comunale, per quest’opera di recupero denominata ‘Adotta una colonna’, il ricorso allo strumento dell’Art bonus. L’intervento sarà realizzato dalla restauratrice Federica Bartalini che provvederà alla pulizia e al restauro delle nove colonne marmoree e degli archi in cotto del loggiato.
L’opera avrà un costo totale di 9.200 euro, quasi interamente finanziato dalle donazioni private, e la sua conclusione è prevista entro il 22 dicembre prossimo.
(per tutti i dettagli sul progetto vedi CronacaComune del 27 ottobre 2016)
>> Proseguimento Lavori in Corso
Interventi Stradali
Riqualificazione di via Saraceno
Proseguono i lavori per la riqualificazione di via Saraceno promossa dall’Amministrazione comunale nell’ambito del Programma Speciale d’area, con il coinvolgimento di Hera spa.
Aggiornamento del 28 ottobre 2016:
Ultimati i sondaggi archeologici davanti la chiesa di Sant’Antonio si sta proseguendo con la realizzazione della pavimentazione della nuova piazza-sagrato; la settimana prossima si inizierà contemporaneamente a lavorare nel tratto stradale compreso tra via Cavedone e via Carmelino procedendo con lo sbancamento, gli allacci alla rete fognaria, i sottofondi ed infine le pavimentazioni in conglomerato bituminoso.
Continuano inoltre le opere per la realizzazione dei nuovi impianti di fognatura e acqua a cura di Hera nel tratto stradale tra via Belfiore e via Porta San Pietro.
La conclusione dell’intera opera è prevista per metà dicembre 2016.
(per tutti i dettagli sul progetto e le fasi di realizzazione vedi CronacaComune del 4 aprile 2016)

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LAVORI ALLE RETI GAS, IDRICA E FOGNARIA E TELERISCALDAMENTO A CURA DI HERA
AGGIORNAMENTO del 28 ottobre 2016:
Proseguono i lavori, a cura di Hera, per la sostituzione di condotte del gas in via Buonporto e via delle Volte angolo via Buonporto. Così come i lavori di manutenzione della rete fognaria in via Penavara (loc. San Martino), mentre in via Saraceno continuano i lavori per la posa di nuove condotte fognaria e idrica (v. sopra).
Nelle vie interessate sono previste modifiche al traffico indicate con segnalazioni sul posto.
Viabilità
Un tratto di via Copparo chiuso al transito per lavori sull’argine del canale
Dal 10 ottobre per circa un mese, per lavori a cura del Consorzio di Bonifica sull’argine del canale contiguo alla via Copparo, il tratto della stessa via Copparo compreso tra via Virgili e via Riminalda sarà chiuso al transito dal lunedì al venerdì, con conseguente deviazione del normale transito veicolare nel percorso alternativo via Virgili-via Viazza-via Riminalda e viceversa. Nei rimanenti giorni della settimana e in quelli festivi infrasettimanali il tratto stradale della via Copparo sarà riaperto al transito con modifiche alla viabilità (limiti di velocità e accantieramento stradale) che garantiscano condizioni di sicurezza in mancanza del guardrail nel tratto interessato dai lavori. Sul posto è presente cartellonistica di avviso.
Manutenzione alla Segnaletica
– Tracciamento della segnaletica orizzontale delle fermate dei bus urbani
Sono in corso i lavori di tracciamento della segnaletica orizzontale delle fermate urbane del trasporto pubblico di linea e delle corsie preferenziali/riservate bus. Per l’esecuzione dei lavori non sono previste chiusure al transito delle strade interessate, ma saranno possibili rallentamenti della circolazione.
– In corso il rifacimento delle banchine carico/scarico e per la sosta invalidi
Proseguiranno fino al 31 ottobre prossimo i lavori di rifacimento della segnaletica per la sosta carico/scarico e per la sosta di invalidi nelle vie e piazze del territorio comunale di Ferrara. Non è prevista la chiusura al traffico delle strade interessate.
– In corso il rifacimento della segnaletica orizzontale in una serie di vie
Proseguiranno fino al 31 ottobre prossimo i lavori di rifacimento della segnaletica stradale orizzontale nelle vie: Bassa, Bentivoglio, Biagio Rossetti, Bologna, Bova, Braghini + Popolo + Vicenza, Briosi, Buttifredo, Ca Bruciate + Carmignana, Canalazzi, Catena, Civetta, Comparto Scuole, Conchetta, Darsena, Due Abeti, Due Torri, F.Lli Rosselli, Fabbri (da via Del Campo a via Bassa), Ladino, della Liberta’ + Rabbiosa, Maragno, Marconi + Roiti, Massafiscaglia + Sabbioncello + Rampa, Michelini, Montesanto, Naviglio, Nuova + Ricostruzione, P.M.I. Comparto, Pioppa, Pontegradella, Porta Catena, Porta Mare, Porta Po, Prinella, Saletta, Scorsuro, Selva, Talassi, Tamara, Trigaboli.
Non è prevista la chiusura al traffico delle strade interessate.
– Manutenzione della segnaletica orizzontale per una serie di strade provinciali e rotatorie
Proseguiranno fino al 31 ottobre prossimo i lavori di rifacimento della segnaletica stradale orizzontale in una serie di strade provinciali e di rotatorie del territorio comunale. Non è prevista la chiusura al traffico delle strade coinvolte.
Saranno in particolare interessate le vie: SP 1 centro abitato di Cocomaro di Cona; SP 1 centro abitato di Cona; SP 1 centro abitato di Quartesana; SP 20 centro abitato di Pontegradella; SP 20 centro abitato di Contrapò; SP 22 centro abitato di Contrapò; SP 22 centro abitato di Codrea; SP 22 centro abitato di Cona; SP 22 centro abitato di Gaibanella – S. Egidio; SP 22 centro abitato di San Bartolomeo in Bosco.
E le rotatorie delle intersezioni tra le vie: Eridano – Diamantina; Eridano – Michelini; Ferraresi – A. Ducale; Ferraresi – C. Porta; Ferraresi – Della Fiera; Bologna – Wagner – Beethoven; Bologna – Veneziani; Wagner – Fabbri; Comacchio – Ponte Caldirolo; Comacchio – De Andre’; Comacchio Tambellina; Caldirolo – Turchi; Porta Catena – G. Bianchi; Isonzo – Ripagrande; Diamantina – Roffi; Fiera – Ingresso Fiera; Venturi – Misericordia; Bonzagni – Drigo – Trenti; Lavoro – Maverna – Puglisi.
Illuminazione Pubblica:
– Lavori di rifacimento della pubblica illuminazione in via Pomposa (tratto tra via Caldirolo e via Pontegradella), via Pacinotti, via Algeria, via Tunisia, piazza Europa, via Messico, via Portogallo, via della Fornace e via della Siepe.
La prossima settimana i lavori proseguiranno in via Algeria. Impatto sul traffico: i lavori potranno comportare qualche rallentamento nei tratti interessati.
– Lavori di rifacimento degli impianti di pubblica illuminazione in corso Isonzo, via Monte Nero, via Poledrelli e via Manini
I lavori proseguiranno la prossima settimana nel controviale di corso Isonzo, nei giardini in angolo con via Poledrelli.
– Lavori di rifacimento degli impianti di pubblica illuminazione nelle vie Montebello, Palestro, De Pisis, e vicolo del Voltino
La prossima settimana i lavori continueranno in via Palestro.
– Lavori di rifacimento degli impianti di pubblica illuminazione di via degli Spadari, via Malborghetto, via Frizzi e via Baruffaldi
La prossima settimana proseguiranno i lavori in via Spadari e limitrofe. Impatto sul traffico: i lavori potranno comportare qualche rallentamento nei tratti interessati.
Edilizia Scolastica
– Interventi per l’abbattimento delle barriere architettoniche alla scuola ‘De Pisis’ di Porotto
Sono in corso i lavori alla scuola secondaria di primo grado ‘De Pisis’ di Porotto (via Ladino 19) per l’installazione della piattaforma elevatrice necessaria all’abbattimento delle barriere architettoniche, per la quale nei mesi scorsi sono state realizzate le lavorazioni edili preliminari. Gli interventi si concluderanno, salvo avversità, entro venerdì 11 novembre. L’area dell’edificio interessata sarà accuratamente segnalata e delimitata ai fini della sicurezza e si cercherà di limitare al minimo i disagi alla normale attività didattica.
– Interventi di adeguamento e messa a norma antincendio della scuola primaria Poledrelli
Sono in corso gli interventi per l’adeguamento alle normative antincendio della Scuola Primaria Poledrelli. Aggiornamento: gli interventi nell’edificio scolastico principale sono ultimati, mentre restano da completare quelli nell’ex casa del custode situata nel cortile interno (conclusione prevista per la fine di novembre, senza disagi per l’attività scolastica regolarmente in corso).
– Ristrutturazione della palestra della scuola primaria Govoni
Sono in corso i lavori di ristrutturazione della Palestra della Scuola Primaria Govoni a Ferrara. Il progetto rientra tra gli interventi ammessi al contributo in conto interessi da parte dell’Istituto per il Credito Sportivo. L’intervento prevede la ristrutturazione, l’ammodernamento e l’adeguamento tecnologico alle normative sulla sicurezza e sull’abbattimento delle barriere architettoniche. Importo complessivo:120.000 euro. AGGIORNAMENTO: sono state completate le opere necessarie a rendere nuovamente disponibile (da giovedì 20 ottobre) la palestra per le attività motorie scolastiche (spogliatoi esclusi). Mentre i lavori di completamento degli spogliatoi, dei servizi e dell’area esterna attigua (oggetto di perizia suppletiva in corso di redazione) si protrarranno ancora fino alla prima settimana di novembre. La previsione è quella di poter restituire l’impianto finito all’uso extrascolastico dal 7 novembre prossimo.
Edifici Storici e Monumentali
– Restauro post sisma della Certosa monumentale di Ferrara
Sono iniziati il 26 settembre scorso i lavori programmati dall’Amministrazione comunale per il restauro e il miglioramento strutturale post sisma della Certosa monumentale di Ferrara.
Il progetto è stato impostato dopo una attenta analisi del quadro fessurativo e dopo avere individuato i principali meccanismi che lo hanno determinato. Gli interventi saranno realizzati per cantieri distinti e successivi, tutti all’interno dell’area cimiteriale.
Saranno eseguiti interventi sulle strutture in elevazione, sugli archi, sulle volte in muratura, e sulle coperture lignee e in laterizio. Durata prevista dei lavori 510 giorni (conclusione al 17/02/2018)
Per i dettagli v. CronacaComune del 26 settembre 2016
Aggiornamento del 28 ottobre 2016: I lavori saranno sospesi in occasione della festa di Ognissanti e della Commemorazione dei defunti, da venerdì 28 ottobre a domenica 6 novembre per consentire l’accesso a tutto il porticato del primo gran claustro. Gli orari di accesso al cimitero della Certosa prevedono fino al 31 ottobre l’apertura alle 7 e la chiusura alle 18 e dall’1 novembre l’apertura alle 7 e la chiusura alle 17. (v. Cronaca Comune del 27 ottobre 2016)
– In conclusione al Conservatorio ‘G. Frescobaldi’ gli interventi di riparazione post-sisma
L’intervento di riparazione e miglioramento strutturale post-sisma dell’Auditorium e della sede del Conservatorio ‘G. Frescobaldi’ di Ferrara, a seguito degli eventi sismici del 2012, iniziato il 16 maggio scorso, sta volgendo al termine.
Dopo agosto, sono stati completati i consolidamenti strutturali previsti all’interno dell’Auditorium quali la connessione con profili metallici dei principali elementi lignei alla sommità delle murature, l’iniezione di leganti idraulici nelle lesioni in corrispondenza ad intonaci decorati, le opere impiantistiche per l’illuminazione del sottotetto, la posa dei nuovi pluviali ed i raccordi con gli scarichi esistenti; cosi come si sono conclusi i lavori previsti alle strutture del corpo di fabbrica uffici/aule.
Sono state smontate, sia all’esterno che all’interno dell’Auditorium, le impalcature ed è stata ridotta l’area di cantiere, ora presente solo su parte di piazzetta Sant’Anna. Sono in corso il ripristino delle parti rimosse della centinatura lignea che ‘avvolge’ la sala.
Resta da eseguire il riposizionamento degli elementi ornamentali di coronamento del fronte su piazzetta Sant’Anna (due pinnacoli atterrati dal sisma), che avverrà nei prossimi giorni.
In considerazione di una perizia di variante suppletiva avanzata alla Struttura Commissariale, resasi necessaria per fare fronte ai maggiori oneri per puntellature e ponteggi, il cantiere potrà concludersi definitivamente, con la pulizia delle aree interessate dallo stesso, solo dopo la formale approvazione della stessa (presumibilmente entro novembre).
L’intervento, dell’importo complessivo di 260.000 euro, è interamente finanziato dalla Regione Emilia-Romagna con i fondi per la ricostruzione post-sisma di cui al D.L. 74/201 – assegnati al Conservatorio ‘G. Frescobaldi’ in qualità di Stazione Appaltante.
– A Palazzo Massari in corso i lavori di consolidamento post sisma
Sono in corso i lavori di consolidamento di Palazzo Massari, sede del Museo Boldini, in corso Porta Mare, pesantemente lesionato in occasione del sisma del maggio 2012. Conclusa questa fase di lavorazione verrà attivata l’operazione di restauro di interni ed esterni. L’importo dei lavori appaltati è di € 1.610.663,26. Il finanziamento è a carico del Commissario Delegato per il recupero delle Opere Pubbliche e dei Beni Culturali danneggiati dal Sisma 2012 (per un importo di 790.917 euro) e delle Assicurazioni stipulate dal Comune (per un importo di € 819.745 euro). Il costo totale dell’intervento è di € 2.504.557.
A eseguire gli interventi sarà l’impresa Emiliana Restauri soc. coop di Ozzano Emilia (Bo).
Gli interventi riguarderanno sia Palazzo Massari che l’adiacente Palazzina dei Cavalieri di Malta. Entrambi i fabbricati hanno subito lesioni importanti ma non gravi, che hanno comunque peggiorato un quadro fessurativo preesistente e da anni trascurato. La finalità del progetto di miglioramento sismico è quella di ottenere un consolidamento strutturale ottimale in conformità alla Direttiva P.C.M. del 9 febbraio 2011 nella quale, nel rispetto della storicità dei fabbricati vincolati, non viene richiesto il raggiungimento del livello di protezione sismica necessario per le nuove costruzioni, ma genericamente riferito alla situazione pre-intervento. Le operazioni di consolidamento comunque sono varie e articolate e coinvolgono tutti gli elementi strutturali del complesso in oggetto, implicando inevitabilmente anche aspetti tipicamente architettonici. Gli interventi di restauro e finitura da eseguirsi sui paramenti esterni di questi due palazzi, necessari e consequenziali agli interventi di miglioramento strutturale post-sisma, saranno dunque differenti a causa delle loro diverse caratteristiche storico-architettoniche. Per entrambi i Palazzi sarà eseguito il restauro di tutti gli elementi decorativi, in cotto, pietra e stucchi e, in accordo con la Soprintendenza ai Beni Architettonici, si è scelto di riproporre, le colorazioni originarie desunte dai ritrovamenti stratigrafici svolti. Dalle indagini stratigrafiche eseguite, è emerso che una prima stagione figurativa del Palazzo Massari si distinguesse per gli ordini architettonici scialbati ad imitazione della pietra d’Istria in contrapposizione alle specchiature di fondo, trattate con una leggera velatura color mattone. Mentre per la Palazzina settecentesca sono state ritrovate tracce di coloriture molto chiare, leggermente rosate. Per le cornici delle finestre, degli archi e degli elementi decorativi, le tinte ritrovate sono di colore grigio chiaro.
(per ulteriori dettagli sul progetto vedi CronacaComune del 6 ottobre 2016)
– Casa Niccolini in ristrutturazione per ospitare la sezione ragazzi della biblioteca Ariostea e la sede della Società Dante Alighieri
Sono in corso a Casa Niccolini i lavori per la ristrutturazione dell’edificio destinato a ospitare la sezione della biblioteca Ariostea dedicata ai ragazzi con spazi appositi per la lettura e per la didattica. Al proprio interno, Casa Niccolini ospiterà anche la sede della Società Dante Alighieri. La conclusione dell’opera è prevista per il luglio 2017. Per tutti i dettagli del progetto v. CronacaComune dell’1 luglio
– Alla Palazzina ex Mof interventi di riqualificazione nel segno della conservazione
Sono in corso gli interventi di riqualificazione della Palazzina ex Mof destinata a ospitare la sede dell’Urban Center comunale e dell’Ordine degli Architetti di Ferrara. La conclusione dell’opera è prevista per il luglio 2017. Per tutti i dettagli del progetto v. CronacaComune del 7 luglio
Verde Pubblico
Operazioni di sfalcio dell’erba e manutenzione del verde
Sono in corso nelle aree di verde pubblico cittadino le operazioni di sfalcio dell’erba curate da Ferrara Tua srl, sotto la supervisione dei tecnici dell’Ufficio Verde del Comune di Ferrara.

Museo di Storia Naturale – Studenti e cittadini coinvolti nella conservazione della natura
Al via due progetti di citizen science per lo studio delle chiocciole e della mortalità stradale degli animali

Si è svolta lo scorso giovedì 27 ottobre ‘Biodiversità in città’, la giornata che il Museo civico di Storia Naturale di Ferrara ha dedicato alla Citizen Science, la scienza dei cittadini, per sensibilizzare ai progetti di scienza partecipata.
Nella mattinata, sotto la guida di esperti, tra i quali Fausto Benocci dell’Università di Siena, due classi dei Licei Ariosto e Roiti hanno sperimentato, nello straordinario scenario dell’area agricola, un tempo sede degli antichi orti dei Certosini, dell’Azienda Terraviva Biopastoreria, le tecniche di campionamento della fauna più comunemente utilizzate per le indagini sul campo, e hanno utilizzato due app per smartphone e tablet che consentono di effettuare segnalazioni naturalistiche raccolte da siti internet appositi. L’esperienza scientifica si concluderà giovedì prossimo con un laboratorio in Museo per l’analisi del materiale raccolto e l’elaborazione dei dati.
(Nelle foto gli studenti delle classi 3a S Liceo Scientifico “Roiti” con l’insegnante Monica Bonora, e 1a M del Liceo Ariosto con l’insegnante Anna Rosa Chieregato impegnati nelle attività)

Nell’incontro pomeridiano del 27 ottobre, aperto a tutti in Museo, Stefano Martellos dell’Università di Trieste, Stefano Mazzotti e Carla Corazza del Museo di Storia Naturale hanno presentato il protocollo d’intesa siglato nei mesi scorsi fra il Museo e l’Università di Trieste per il progetto europeo LIFE CS-MON.
Nel corso del convegno, il Museo ha lanciato i suoi primi due progetti di scienza dei cittadini: ‘CosMos’, dedicato al monitoraggio di alcune specie di chiocciole che hanno valenza di indicatori biologici, e ‘Delta Road Kill’, il cui scopo è quello di studiare il fenomeno della mortalità stradale degli animali nelle province del Delta del Po.
L’Azienda Agricola Terraviva Biopastoreria ha offerto a tutti i partecipanti una degustazione a base dei propri prodotti biologici.
La Citizen Science
La Citizen Science (la scienza dei cittadini), indica i progetti di ricerca scientifica finalizzati alla conoscenza e alla conservazione della natura che, per i monitoraggi delle specie animali e vegetali su aree estese, si avvalgono di scienziati dilettanti o non professionisti i quali trasmettono ai ordinatori dei progetti le loro osservazioni diventando parte integrante del processo scientifico..
Nacque in Gran Bretagna agli inizi del XX secolo con il censimento degli uccelli nidificanti ‘Christmas Bird Count’.
La ricerca scientifica e il monitoraggio delle specie animali e vegetali sono indispensabili
per valutare lo stato di fatto ed i cambiamenti in corso nel mondo naturale e quindi per elaborare piani e progetti di conservazione e tutela ambientale.
Negli ultimi anni la scienza dei cittadini per la biodiversità ha visto aumentare le sue possibilità in modo esponenziale, grazie alla diffusione degli strumenti web interattivi ed alla possibilità di gestire vastissime banche dati offerta dalle moderne tecnologie.

Gara Pubblica – Il bando consultabile sul sito del Comune
Appalto per i lavori post sisma a Palazzo dei Diamanti, Pinacoteca Nazionale, Museo Antonioni e Museo del Risorgimento

Scadranno il 28 novembre prossimo i termini per la presentazione delle domanda di partecipazione alla procedura aperta per i lavori di riparazione e miglioramento strutturale post sisma di ‘Palazzo dei Diamanti, Pinacoteca Nazionale, Museo Antonioni e Museo del Risorgimento – Ferrara’, il cui bando è stato pubblicato oggi dal Comune di Ferrara.
L’avviso e la relativa documentazione sono consultabili sul sito www.comune.fe.it alla voce ‘Bandi di gara’ (http://servizi.comune.fe.it/index.phtml?id=222)

Conferenza Stampa – Giovedì 3 novembre 2016 alle 11, nella sala dell’Arengo (residenza municipale)
I nuovi cantieri in partenza nei prossimi mesi nel territorio comunale

Giovedì 3 novembre 2016 alle 11, nella sala dell’Arengo (residenza municipale), verranno illustrati ai giornalisti i nuovi cantieri in partenza nei prossimi mesi nel territorio comunale. Interverranno all’incontro l’Assessore comunale ai Lavori Pubblici Aldo Modonesi, il direttore tecnico del Comune Fulvio Rossi, il capo settore Opere Pubbliche e Mobilità Luca Capozzi, la dirigente del Servizio Amministrativo Opere Pubbliche Patrizia Blasi, il dirigente del Servizio Edilizia Ferruccio Lanzoni e il dirigente del Servizio Infrastrutture e Mobilità Enrico Pocaterra.

movimento5stelle

Buoni spesa e richiedenti asilo

Da: Movimento 5 Stelle

Divampa la polemica dei buoni spesa destinati ai profughi utilizzati impropriamente da altri soggetti per acquistare beni di tutti i tipi alla Coop. È un tema complesso, proviamo a fornire alcuni chiarimenti e a proporre qualche riflessione critica.
Innanzitutto: perché le strutture di accoglienza distribuiscono buoni spesa?
Sgombriamo il campo da equivoci: non hanno nulla a che vedere con i 2,50 euro al giorno per migrante che vengono corrisposti per le piccole spese in contanti.
I buoni spesa vengono invece distribuiti per il vitto, quando manca la mensa interna e per l’acquisto di abbigliamento ai cambi di stagione.
Tutti questi costi sono ricompresi nei fondi destinati all’accoglienza, i famosi 35 euro a individuo.
È del tutto evidente che il mercato dei buoni spesa non dovrebbe esistere e il Direttore stesso di Camelot ne stigmatizza la diffusione, ma dal 2006 ad oggi non è stato in grado di intervenire sulla natura dei buoni spesa, né di ampliare gli esercizi aderenti, né di proporre soluzioni diverse.
La prima grave anomalia di questo sistema è che l’unico beneficiario dei buoni spesa è Coop, che si trova ad esercitare un monopolio assoluto di tutte le risorse pubbliche destinate all’accoglienza a Ferrara; devono essere coinvolte altre realtà, altri attori dell’economia del territorio.
In Val Camonica, provincia di Brescia, ad esempio, i Comuni hanno stipulato accordi coi negozi di vicinato per fare in modo che gli acquisti per le strutture di accoglienza vengano fatti lì, generando una ricaduta economica sul territorio.
Seconda questione è scoraggiare il mercato nero. La soluzione è molto semplice: i buoni devono diventare nominativi, spendibili unicamente dal beneficiario. Coop verifica l’identità di chi intende fruire della propria carta fedeltà, allo stesso modo potrà tranquillamente controllare anche l’identità di chi spende il buono e così potrà fare ogni altro esercizio aderente al progetto. Va inoltre limitata e mirata la spendibilità del buono verso alcune merci ben definite, ad esempio generi alimentari e vestiario, anche convenzionandosi con associazioni che operano sul territorio per il bene comune (pensiamo ad esempio al mercatino ADO, per il vestiario) per fare sì che le risorse tornino in circolo per la collettività.
Non è così importante quanto ampio sia il fenomeno, l’accertamento richiederà tempo. Piccolo o grande che sia, Camelot non può limitarsi a riconoscere la propria impotenza di fronte a questa pratica odiosa: ha l’obbligo civile e morale di fermarlo trovando soluzioni, che sono peraltro molto più semplici di quello che si vuol par credere. Pare impossibile che l’unica realtà che si occupa di accoglienza a Ferrara da tanti anni, anch’essa in regime di monopolio di fatto, e gestisce risorse della collettività per milioni di euro prendendo in carico migliaia di migranti, abbia generato un sistema così lacunoso.
Non è neanche detto che sia indispensabile ricorrere ai buoni spesa: nel trevigiano, ad esempio, non si utilizzano buoni spesa, i centri di accoglienza provvedono pasti e vestiti autonomamente approvvigionandosi nei diversi negozi del territorio, o recuperando i generi alimentari in scadenza.
È evidente quindi che se davvero si volesse affrontare il problema con spirito costruttivo, virtuoso e in piena trasparenza, ampliando anche la platea di attori in gioco, le soluzioni semplici ed immediate ci sarebbero, eccome. Ci attiveremo nelle sedi opportune nei prossimi mesi affinché questo accada.

Proiezione speciale di Halloween al Cinema Boldini. ‘The Rocky Horror Picture Show’

Da: Organizzatori

Lunedì 31 ottobre alle ore 21.00 verrà proiettato al cinema Boldini il film culto The Rocky Horror Picture Show. Per l’occasione la proiezione sarà animata dagli attori di Ferrara Off. La proiezione è organizzata in collaborazione con Miranda, Circomassimo arcigay arcilesbica e l’Associazione Feedback.
The Rocky Horror Picture Show, disinibito omaggio ai generi horror e fantascienza e alla musica rock, racconta la storia di Janet (una giovanissima Susan Sarandon) e Brad (Barry Bostwick), due fidanzati molto pudichi, che trovano rifugio da un temporale in un castello inquietante. Il non meno angosciante maggiordomo Riff Raff (Richard O’Brien) li introduce al padrone di casa, il Dr. Frank-N- Furter (Tim Curry), abbigliato solo di tacchi a spillo, calze a rete, babydoll e guanti di pizzo. Sono capitati in un’occasione molto speciale: la convention dei trans-vestiti della Transilvania, il fatidico momento in cui Frank-N- Furter dà vita a Rocky, la perfetta creatura sessuale. I due fidanzatini sono sconvolti dai bizzarri personaggi che abitano il castello, ma sono costretti a fermarsi per la notte, che segnerà la loro iniziazione al sesso. Di ogni tipo…
L’evento è stato organizzato utilizzando la piattaforma Movieday. Acquistando il biglietto online al sito www.movieday.it oppure i giorni prima della proiezione in cassa al cinema si avrà diritto ad un prezzo scontato (4 euro anziché 5).
Dopo la proiezione al cinema Boldini del Rocky Horror la serata proseguirà al circolo arci bolognesi (piazzetta s. nicolò) per una serata curata dallo staff di Miranda.
Per informazioni: www.cinemaboldini.it
t. 0532241419 – 0532247050 (Cinema Boldini).

Performance Tatsunori Kano ‘Oltre l’orizzonte’

Da: Organizzatori

Sabato 29 Ottobre dalle ore 17.00 Galleria del Carbone
Via del Carbone 18/a – 44121 Ferrara
Orario: dal Mercoledì al venerdì 17.00-20.00; sabato e festivi 11.00-12.30 / 17.00-20.00 chiuso lunedì e martedì.

In prossimità della Galleria del Carbone Sabato 29 Ottobre dalle ore 17.00, nell’ambito della mostra personale di Tatsunori Kano dal titolo ‘Oltre l’orizzonte’, l’artista giapponese di adozione bolognese realizzerà in estemporanea un’opera pittorica di grandi dimensioni. Sarà interessante da parte degli intervenuti vedere lo svolgersi dell’opera dalle primissime fasi di abbozzo alla continua ed incessante sovrapposizione delle mestiche cromatiche e materiche.
La mostra ha il patrocinio dell’Ambasciata Giapponese e del Comune di Ferrara, sarà visitabile fino al 6 Novembre con i seguenti orari: dal Mercoledì al venerdì 17.00-20.00; sabato e festivi 11.00-12.30 / 17.00-20.00 chiuso lunedì e martedì.

Il cordoglio al Sindaco Marco Fabbri

Da: Comune di Comacchio

L’Amministrazione Comunale è stata colpita da un grave lutto, per l’improvvisa scomparsa di Mara Viali, compagna del Sindaco Marco Fabbri. Il Segretario Generale, Dott.ssa Daniela Ori, la Giunta Comunale, i dirigenti e i dipendenti si uniscono al dolore del Sindaco e della sua famiglia, esprimendo sentimenti di profondo cordoglio e di sentita partecipazione al lutto.
Si ringraziano tutti coloro che in queste ore stanno facendo pervenire attestazioni di vicinanza con telegrammi, mails, telefonate e messaggi. Sabato 29 ottobre p.v., alle ore 11 nella Sala del Commiato di Copparo, sarà portato l’estremo saluto a Mara.

Copparo. Avviamento al lavoro per categorie protette

Da: Comune di Copparo

Il Comune di Copparo ha pubblicato un avviso di avviamento al lavoro per la copertura di un posto riservato alle categorie protette. Possono accedere: vittime del dovere, terrorismo e criminalità organizzata; orfani/vedove del lavoro; equiparati orfani/vedove del lavoro; orfani/vedove di guerra ed equiparati; profughi italiani; vittime della uno bianca, eccidio di Kinda e disastro di Ustica.
Per ogni ulteriore informazione rivolgersi all’ufficio personale dell’Unione Terre e Fiumi 0532 864616 e scaricare il bando e la documentazione dal sito del Comune di Copparo.

Coro Santo Spirito

Da: Organizzatori

Evento musicale cittadino di prim’ordine, in programma mercoledì 2 novembre alle 21. La Basilica di San Giorgio ospiterà l’Orchestra da Camera di Ravenna e il Coro Polifonico di Santo Spirito nella Messa da Requiem in Do minore di Luigi Cherubini. L’atteso appuntamento vedrà anche quest’anno la formazione corale diretta da Francesco Pinamonti e presieduta da Mauro Vignolo, collaborare con l’orchestra condotta da Paolo Manetti, direttore e compositore allievo di Bruno Bettinelli: un binomio ormai abituale, quello costituito dalla formazione ravennate e dal coro di Francesco Pinamonti, che propone ogni anno pagine per coro, soli e orchestra nelle chiese cittadine, in un programma coordinato con l’antica città bizantina. Oltre a Cherubini, gli autori che si sono succeduti nella ricorrenza sono stati tra gli altri Johann Sebastian Bach, Michael Haydn, Wolfgang Amadeus Mozart e Gabriel Fauré. Si è così consolidata dal 2009 ad oggi una consuetudine a cui gli ascoltatori hanno dimostrato di affezionarsi profondamente. Il concerto di San Giorgio ritroverà quest’anno una motivazione umanitaria di grande spessore: l’incasso sarà devoluto integralmente a sostegno dell’Associazione Nati Prima per l’acquisto di materiali destinati al Reparto di Neonatologia dell’Arcispedale Sant’Anna.
Sappiamo che se Beethoven avesse scritto un Requiem, avrebbe preso spunto da quello in Do minore di Cherubini («Sarebbe il mio solo modello», scrive …), da lui stesso considerato, negli anni Venti del diciannovesimo secolo, «il maggiore compositore vivente». Non è un caso che proprio questa musica sia stata eseguita ai funerali di Beethoven, nel 1827. All’epoca, l’opera di Cherubini aveva già dieci anni, essendo stata commissionata nel 1817 da Luigi XVIII re di Francia, per commemorare la memoria del fratello Luigi XVI, decapitato dai rivoluzionari ventiquattro anni prima. Proprio nella Chiesa di Saint Denis, tra i resti dei reali e in pieno clima di restaurazione post- napoleonico, il Requiem fu eseguito per la prima volta. In seguito, la pagina avrebbe trovato vari estimatori illustri, come Schumann e, soprattutto, Berlioz, che vi rilevava «straordinaria abbondanza di idee, pienezza di forme e stile sublime». Anche per compiacere l’intento commemorativo dettato dal re (su invito del quale, poco prima, Cherubini era stato chiamato a dirigere la Cappella Musicale) e assecondarne la volontà di riconciliazione suggerita dal momento storico, il compositore toscano sceglie di ricavare un lavoro di compostezza solenne e quasi distaccata, evitando soluzioni formali di sapore pur vagamente teatrale e accedendo, invece, ad atmosfere di oggettività spirituale lontane da ogni seduzione mondana. In quest’ottica si spiega pure la rinuncia alle voci soliste, quasi a esaltare un senso di collettività alieno da privilegi. La scelta di non includere violini in orchestra regala al racconto una tinta scura e connotante: qualcosa del genere farà Stravinskij, un secolo più tardi, nella Sinfonia dei Salmi.
Ingresso a 10 euro biglietto di entrata semplice, 20 euro con quota di sostegno dell’iniziativa.
Prevendita Teatro Comunale di Ferrara fino al 31 ottobre negli orari di biglietteria. La sera stessa del 2 novembre sul luogo del concerto.

Nota politica di alternativa democratica, rifondazione e sel

Da: Organizzatori

Delta del Po. Chiunque si occupi di fiumi, anche solo superficialmente, sa che il loro luogo d’incontro con il mare è un territorio fragile per eccellenza. Costantemente mutevole. E l’adattamento ad esso delle comunità che lo abitano è sempre posto in tensione e a dura prova. In tutti i sensi: economici, sociali, culturali e politici. Essendo poi, il Delta del Po, il terminale di una delle aree più ricche del pianeta, la Pianura Padana – un terminale, che per di più si specchia nel Mediterraneo –, esso è tra i primi a soffrirne le molteplici contraddizioni. Vecchie e nuove. Compresa quella della inconsistente ‘superficie sottile della civiltà italiana’ dei piccoli centri di una periferia lunga quanto lo Stivale. Troppo facile ed ingiusto quindi mettere ulteriormente in croce la comunità di Gorino. La cosmica frittata, che ha fatto il giro del mondo, dello squallido respingimento di un pugno di migranti, di cui si è resa coprotagonista e allo stesso tempo vittima, porta delle responsabilità ben più grandi di lei. Ed è con queste ultime che bisogna fare, fin da subito, i conti. Per scacciare dal tempio al più presto la cattiva politica che l’ha prodotta e che rischia di vanificare nello spazio di un solo mattino anni e anni di sforzi ed energie profuse per qualificare con un più alto e più consono profilo il Delta. La cattiva politica si batte unicamente con la buona politica.
Non c’è altra strada. E di questa esigenza deve farsi interprete in primo luogo, a livello istituzionale, Comacchio, che alle conseguenze di quanto successo è, alla fin fine, la più esposta, proprio per la sua qualità di Città del Delta. Va immediatamente sollecitata in questo senso la Provincia perché, d’intesa con la Regione, convochi una urgente conferenza di tutti i Comuni ferraresi per definire una strategia di lunga lena volta a non lasciare sola la locale Prefettura nel delicato ed indifferibile compito di un’ equa accoglienza dei migranti. Per non ripetere più gli errori di questi giorni tristi.
Tristissimi anche per la prematura scomparsa della compagna del Sindaco di Comacchio, Marco Fabbri, a cui rivolgiamo le nostre più sentite e sincere condoglianze.

Alternativa Democratica
Rifondazione Comunista
Sinistra Ecologia Libertà

Divinità del mare e dei fiumi

Da: Organizzatori

Ritornano Fluviali, i laboratori per bambini per giocare e conoscere il mondo dell’acqua

Un racconto che scorre lungo i miti legati al mondo dell’acqua, con giochi per associare le divinità al loro attributo identificativo. Viaggiando indietro nel tempo, per questo secondo appuntamento di Fluviali l’associazione Encanto porta piccoli curiosi amanti della storia e dell’avventura alla ricerca delle ‘Divinità del mare e dei fiumi’, sabato 29 ottobre (dalle 17 alle 19) al Wunderkammer di via Darsena 57. Con l’utilizzo di carte si faranno scoprire ai bambini i miti del mondo acquatico, che i piccoli dovranno identificare e correlare al loro significato simbolico.
Seguendo l’argomento principale del progetto Smart Dock, che è il fiume e il suo sviluppo legato alla città, Fluviali porta alla scoperta di tutte quelle culture dell’antichità che utilizzarono l’acqua come via per il trasporto di persone e merci, trasmettendo anche nuovi stili e abitudini.
La volontà dei laboratori di Fluviali è quella di educare le nuove generazioni e favorire la consapevolezza del nostro territorio. La diffusione sia della storia che dell’archeologia nel ferrarese è infatti legata ai corsi fluviali. Per questo, Encanto ha voluto creare un programma di attività, pensato soprattutto per le famiglie, con l’utilizzo della rievocazione storica. I diversi incontri di Fluviali, che si svilupperanno per tutto novembre, sono strutturati in due diverse parti: da un lato in laboratori esperienziali per bambini da svolgere nella sede di Wunderkammer, dall’altro con visite monotematiche ai musei archeologici della città.
L’associazione Encanto del Centro Interculturale Italo – Español, con sede al Wunderkammer, promuove in maniera creativa attività culturali e artistiche tra le due culture, incrementando lo sviluppo e la rinascita del territorio. Per informazioni: associazione.encanto@gmail.com, 366.4803237.

Barry Harris Solo & Trio

Da: Jazz Club Ferrara

Sabato 29 ottobre, in collaborazione con Bologna Jazz Festival, il Jazz Club Ferrara ospita una leggenda vivente del bebop, il pianista Barry Harris che regalerà una doppia performance, in solo e in trio, accompagnato da Luca Pisani al contrabbasso e Fabio Grandi alla batteria.

In diciotto anni di storia il Torrione non era ancora riuscito a incrociare Barry Harris, uno dei più rappresentativi musicisti jazz viventi. È un appuntamento da non perdere, quindi, quello in programma per sabato 29 ottobre (ore 21.30) in collaborazione con Bologna Jazz Festival, in cui il pianista, compositore e didatta, regalerà al pubblico del Jazz Club un doppio concerto in solo e in trio, affiancato da Luca Pisani al contrabbasso e Fabio Grandi alla batteria.
Barry Harris (Detroit, 1929) è una vera e propria leggenda del bebop che, sin dagli anni ’50, ha influenzato decine e decine di pianisti in tutto il mondo attraverso la sua corposa produzione discografica, la miriade di concerti sostenuti e l’apprezzata attività di didatta.
Harris assorbe la vibe della città nel momento in cui Detroit è un fulcro musicale attorno a cui gravitano artisti del calibro di Thad Jones, Hank Mobley, Elvin Jones, Tommy Flanagan, Milt Jackson, Frank Froster, Yusef Lateef, Peeper Adams, Frank Rosolino, Kenny Burrell, Paul Chambers, e dove approdano, tra gli altri, Charlie Parker, Dexter Gordon e John Coltrane.
L’idioma bebop che gli scorre nelle vene esplode a New York, dove si trasferisce, e dove inizia a collaborare con Cannonball Adderley, Coleman Hawkins e Lee Morgan. Sono i mitici anni ’60, periodo in cui dà inizio anche all’attività didattica che prosegue senza sosta tuttora. Nel decennio successivo condivide l’appartamento di proprietà della baronnessa Pannonica de Koenigswarter con Thelonious Monk, e incide, con Sonny Stitt, ‘Tune Up’ e ‘Constellation’. Una quarantina sono gli album prodotti, circa la metà come leader per etichette quali Riverside, Prestige, Blue Note e Capitol. 
Harris ha scritto pagine indimenticabili della musica afroamericana accanto ai più grandi, da Miles Davis a Clifford Brown, e sebbene la sua estetica abbia acquisito nel tempo sempre maggior profondità e complessità, è rimasto fedele alle radici del bop alimentando quella fiamma accesa all’inizio della sua carriera.

Informazioni
www.jazzclubferrara.com
jazzclub@jazzclubferrara.com
Infoline 339 7886261 (dalle 15:30)
Prenotazione cena 333 5077059 (dalle 15:30)
Il Jazz Club Ferrara è affiliato Endas, l’ingresso è riservato ai soci.
Dove
Torrione San Giovanni via Rampari di Belfiore, 167 – 44121 Ferrara. Con dispositivi Gps è preferibile impostare l’indirizzo Corso Porta Mare, 112 Ferrara.
Costi e orari
Intero: 20 euro
Ridotto: 15 euro (la riduzione è valida prenotando la cena al Wine Bar, accedendo al solo secondo set, fino ai 30 anni di età, per i possessori della Bologna Jazz Card, per i possessori di MyFe Card, per i possessori della tessera AccademiKa, per i possessori di un abbonamento annuale Tper, per gli alunni e docenti del Dipartimento Jazz del Conservatorio ‘G. Frescobaldi’ di Ferrara)
Intero + Tessera Endas: 25 euro
Ridotto + Tessera Endas: 20 euro
Nb Non si accettano pagamenti Pos
Apertura biglietteria: 19.30
Cena a partire dalle ore 20.00
Primo set: 21.30
Secondo set: 23.00
Direzione Artistica: Francesco Bettini

Barry Harris Trio

Da: Organizzatori

Concerto di giovedì 3 novembre
Bologna, Cantina Bentivoglio, ore 22
Barry Harris, pianoforte; Luca Pisani, contrabbasso; Fabio Grandi, batteria

Il concerto del pianista Barry Harris alla Cantina Bentivoglio di giovedì 3 novembre (inizio alle ore 22) sarà il vero battesimo cittadino per il Bologna Jazz Festival 2016. Dopo un prologo, una serie di serate a Ferrara e la Hera Masterclass tenuta dallo stesso Harris, finalmente il capoluogo emiliano inizia a riempirsi di jazz dal vivo. Barry Harris, uno dei più longevi maestri della tradizione afroamericana in attività, si esibirà in trio, accompagnato da Luca Pisani al contrabbasso e Fabio Grandi alla batteria. Il Bjf proseguirà poi senza interruzioni sino al 20 novembre, tornando in alcune altre occasioni alla Bentivoglio e toccando inoltre importanti teatri (Manzoni, Duse, Unipol Auditorium) e altri club, non solo bolognesi (Bravo Caffè, Barazzo, Torrione di Ferrara).
Il Bologna Jazz Festival è organizzato dall’Associazione Bologna in Musica con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Fondazione Carisbo, Gruppo Unipol e del main partner Gruppo Hera.
Barry Harris (nato a Detroit nel 1929) è uno dei pochissimi musicisti in attività ad aver vissuto in pieno la stagione in cui il jazz transitò dal puro bop all’hard-bop: nel suo stile emergono echi di Monk e Bud Powel, ma quel che più si nota è la forte individualità del pianista del Michigan. Attivo sulla scena della sua città natale per tutti gli anni Cinquanta, ebbe presto modo di mettersi in luce al fianco di figure fondamentali come Miles Davis, Sonny Stitt, Thad Jones, Gene Ammons, facendo anche una comparsa nello storico quintetto di Clifford Brown e Max Roach. Nel 1960 si trasferisce a New York: è il periodo della sua più intensa produzione discografica come leader, prima per la Riverside, poi per la Prestige. Ma pur continuando a coltivare i propri gruppi (soprattutto trii) ed essendo costantemente attivo anche come didatta, Harris non smise di accettare le convocazioni che gli arrivavano dai più importanti leader in circolazione: da Cannonball Adderley a Dexter Gordon, Illinois Jacquet, Yusef Lateef, Hank Mobley, Lee Morgan (lo si ascolta nell’epocale The Sidewinder). Fu al fianco di Coleman Hawkins praticamente per un decennio e nel corso degli anni Settanta condivise con Thelonious Monk la residenza della baronessa Pannonica de Koenigswarter.
Da allora sempre più rilevante è diventata la sua attività didattica, che lo ha reso uno dei docenti più stimati a livello internazionale. Oltre ai corsi che tiene regolarmente a New York, è invitato a tenere stage e conferenze in innumerevoli università e istituzioni musicali statunitensi, europee e giapponesi.

Informazioni e prenotazioni Cantina Bentivoglio:
via Mascarella 4/b, Bologna.
tel.: 051 265416
www.cantinabentivoglio.it
Si consiglia la prenotazione. Rivolgersi direttamente al locale.

Dal teatro al cinema: un viaggio fra due mondi.

 

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“Dal teatro al cinema: un viaggio fra due mondi” (Scuola di teatro e audiovisivi). Una scuola di racconti teatrali e digitali. Non si tratta di un corso ma di una vera e propria scuola della durata di due anni e con diversi insegnanti, specifici per le diverse materie trattate. La filosofia che ispira il nostro lavoro è quella di tracciare un percorso che fonda nella forza del teatro, capace di raccontare storie nello spazio, quella di raccontarle anche su di uno schermo, che questo sia quello del computer, del video o del cinema. Recitare è “essere veri in una situazione finta”, una definizione bella e semplice, che descrive il processo profondo che sta alla base del lavoro creativo, in teatro e su uno schermo, ovunque vi sia una storia raccontata attraverso gli attori ed i personaggi cui essi danno vita. La regia teatrale è raccontare una storia nello spazio, componendo tutti i linguaggi, da quelli del testo, delle luci e dei suoni, dell’organizzazione visiva e dinamica della scena, fino a quelli degli attori.

Tutto questo costituisce il fondamento della possibilità di raccontare storie sugli schermi Finalità Attraverso l’antica e nobile radice teatrale intendiamo quindi dare una nuova dignità a tante forme di racconto contemporaneo di grande facilità tecnica ma spesso realizzate senza alcuna qualità artistica e con pessimi risultati comunicativi, come il video, il cortometraggio o la web serie, nonché contribuire alla qualità del lavoro cinematografico.

La struttura
I due anni e gli insegnamenti.Primo anno, insegnamenti: “Recitazione I: storie, personaggi, situazioni. La finzione, la presenza fisica e il personaggio”. “Regia I: i mondi possibili del racconto scenico” “Recitazione per lo schermo, davanti all’obiettivo. Acting e micromimica facciale”. “Realizzazione di un cortometraggio” Secondo anno, insegnamenti: “Recitazione II: La finzione, la presenza fisica e il personaggio, a confronto con vari tipi di testualità” “Regia II: storie, personaggi e situazioni da vari testi e sceneggiature: le diverse modalità del racconto spettacolare” “Sceneggiatura” “Realizzazione di un video originale degli allievi” .

“Caratteristica che riteniamo unica della scuola, sarà quella di presentare, come esercitazione di fine anno, una performance teatrale dalla quale trarremo spunto per creare un video su quello stesso soggetto, ma questa volta sceneggiato e montato secondo il linguaggio dell’audiovisivo, e quindi come racconto filmico per lo schermo.” La scuola è rivolta in particolare al mondo dei giovani e degli studenti universitari che abbiano avuto esperienze o abbiano un forte interesse per le arti dello spettacolo, la comunicazione, la recitazione e la fiction, attraverso i media “in presenza”, come quello teatrale, o il mezzo tecnologico, vissuto con una nuova qualità del messaggio e una diversa incisività del racconto sul piano emotivo, comunicativo, significativo. Opportunità create dalla scuola I prodotti, risultato del percorso fatto insieme, potranno partecipare a festival e rassegne, italiane e straniere, e girare su piattaforme web dedicate. Avremo l’opportunità di sottoporre il nostro lavoro al “Giffoni Film festival”, con cui collaboriamo, nonché network televisivi con i quali cooperiamo da tempo. Al termine del secondo anno sarà consegnato un diploma riconosciuto da Fonè e i suoi collaboratori e patrocinatori, come il “Giffoni Film Festival”, l’ARCI provinciale di Ferrara, il Comune di Ferrara

Organizzazione
Direttore artistico: Massimo Malucelli
Prima lezione gratuita: martedì 8 novembre 2016 ore 20,30 – 23 Periodo: novembre – maggio Frequenza: martedì e venerdì ore 20,30 – 23 Sede: associazione “Fonè”, via Arianuova, 128 Costi: 7 mesi per 20h al mese, tot 140h = Euro 665 totali, divisi in rate da 95€ mensili + 60 euro di iscrizione associativa annuale (comprensivi di materiali di consumo e saggio finale). Per gli studenti universitari c’è un forte sconto: 7 mesi per 20h al mese, tot 140h = Euro 455 totali, divisi in rate da 65€ mensili + 60 euro di iscrizione associativa annuale (comprensivi di materiali di consumo e saggio finale).

Pagamento
Alla prima lezione del mese al nostro incaricato.
Per motivi amministrativi questa regola dovrà essere rispettata con rigore.
Il pagamento sarà effettuato mese per mese 
A dicembre però si richiede anche il versamento della quota corrispondente al mese di maggio, a titolo di cauzione ed impegno da parte dello studente. Le lezioni saranno quindi pagate fino ad aprile compreso, in quanto maggio sarà già stato pagato.
Si capirà che l’organizzazione del corso è onerosa e soggetta a spese fisse, inoltre pensiamo che aderire a quest’esperienza debba essere un impegno che va rispettato seriamente, tanto da parte di chi la organizza come da parte di chi la frequenta, per cui, comunque, il pagamento dell’intera quota annuale rateizzata secondo cadenza mensile, è obbligatorio. Numero chiuso: minimo 8 massimo 20 persone.

Contatti
Vedi sito: www.foneteatro.com  Per info: foneteatro@gmail.com     Tel: 347 5997889 Si prega di prenotare la lezione di prova tramite mail

INSOLITE NOTE
L’antidoto: il nuovo album di Eugenio Picchiani contro discriminazione e pregiudizio

La cover di “Vedrai vedrai” è il biglietto da visita di Eugenio Picchiani, interprete della versione rock del brano di Luigi Tenco, sorprendente per l’energia che riesce a dare a questo classico della canzone italiana. Il brano riflette i sensi di colpa del cantautore ligure nei confronti della madre, in ansia per il figlio che non vede ancora realizzato.
Picchiani ha alle spalle esperienze importanti come i due anni trascorsi alla RCA Italiana con Bruno Zambrini e Cesare De Natale, dove ha realizzò numerosi demo nell’attesa di un debutto discografico che sarebbe avvenuto qualche anno dopo con “Angeli” (1990).
Il cantautore romano ritorna sulla scena musicale con “L’antidoto”, il nuovo album in cui l’amore è il medicamento necessario per sconfiggere discriminazione e pregiudizio, comun denominatore dei 14 brani che legano antichi sentimenti a nuove realtà.

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La copertina del nuovo album di Eugenio Picchiani

“Tempi duri – tempo nuovo” parla delle libertà essenziali dell’uomo, libero dal vuoto degli ultimi della terra, immaginati mentre salgono le scale di grandi palazzi. Il brano è il manifesto dell’intero album, un mare di sottotracce da individuare e comprendere.
“Siamo liberi di amare come ci va, siamo liberi l’amore non conosce età, non conosce sesso e non ha diversità, siamo liberi l’amore è questo che ci da amore mio infinito sarai per me…”. Queste le parole dell’inciso di “Liberi di amare”, inno all’amore universale, il cui video è stato girato da Gianni Catani ad Assisi, logico scenario per un messaggio d’amore.
In “È più che amore”, nella duplice versione in italiano e spagnolo, la passione ferma il tempo per evitare il distacco dalla persona amata: “Senza te io sono niente, se è lo stesso che provi anche tu allora abbracciami e sarà per sempre estate in questo inverno”.
A volte piccole canzoni possono sorprendere, come nel caso di “Non farlo”, dall’inciso breve ma contagioso, impreziosito dai vocalizzi di Helen Tesfazghi e dalle armonizzazioni del coro: “Aspettami che arrivo, dammi solo un minuto, prendo il bagaglio dei pensieri e ti chiedo aiuto”. “Non farlo” è un brano importante, la chiave segreta con cui entrare nel cuore del disco.

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Eugenio Picchiani

“Ma se la mente chiede aiuto all’anima, nelle sue mani torna libera”, questa frase svela l’essenza de “L’aquila”, esortazione a vivere esperienze ed errori, eloquente sintesi della poetica del suo autore: l’artista è libero di credere, sbagliare e immaginare un mondo diverso.
“Liberamente” esplora soluzioni e speranze, prive di vincoli e frontiere, per chi non deve mai sentirsi diverso: libero amore per libero pensiero. Le metafore sono da interpretare ma la chiave di lettura è ancora volta l’amore. La musica sorregge il testo in una sorta di marcia incalzante, adatta ai toni profondi della voce di Picchiani. “Sognami” è una canzone intensa che prosegue idealmente lo stesso percorso di “Liberamente”, un luogo della mente dove “… lampioni a tratti spenti per la strada conducono in un mondo dove nessuno sa le coordinate e io ti darò la chiave”.
“Niente per caso” si apre al ritmo della batteria, un inizio in punta di piedi per affermare che “Il pensiero popolare non è legge universale da poter decidere di rinunciare per sempre…”. Il desiderio di essere un ladro d’amore svela la paura di perdere chi si ama. Completano il disco le mille porte che si chiudono nel brano “Il canto dell’anima”, oltre ai brividi del sogno sterile di “Solo aria”, intreccio ricco di figure dirette e riflesse.

Il disco è stato realizzato con la collaborazione di Stefano Zavattoni, direttore d’orchestra conosciuto a livello internazionale, che ha firmato gli arrangiamenti e diretto la sessione di 18 archi “All time strings ensemble”, oltre a Davide Aru, chitarrista di importanti protagonisti della scena musicale.
“L’antidoto” è un sogno divenuto realtà, la conferma della forza della voce e soprattutto del talento come autore di Eugenio Picchiani.

Guarda il video ufficiale di “Liberi di amare”

Guarda il video ufficiale di “Sognami”

Guarda il video ufficiale di “Non farlo”

Da X Factor ai Green Day
Intervista ai ‘The Bastard Sons of Dioniso’
“Ecco la nostra anima bio-rock”

Salve ragazzi, come sono nati i The Bastard Sons of Dioniso e cosa ha ispirato questo nome singolare?
I bastard sono nati ad una festa in baita, adibita a sala prove, la notte di ferragosto del 2003. Tutti e tre provenivamo da esperienze musicali differenti, ma volevamo creare qualche cosa di nuovo e di nostro. Il nome rappresenta il nostro modo di comunicare, che spesso è ambivalente, lasciando a chi ascolta ed interpreta il compito di farsi un’idea.

Dopo esperienze musicali varie nella provincia trentina e veneta, nel 2009 siete approdati alla seconda edizione di X Factor, nel team di Mara Maionchi. Qual è stato l’impatto con il palcoscenico televisivo, la competizione e le dinamiche che regolano un mondo al quale forse non eravate abituati? Quali sono stati i momenti critici con le vere difficoltà e quali i risvolti positivi?
La nostra prima impressione del palco televisivo non è stata diversa da quella di uno spettacolo teatrale. Certo, il pubblico in puntata era bello fragoroso, e noi ci trovavamo ad esibirci in maniera completamente diversa dal solito. Abbiamo vissuto X factor come un gioco in cui si interpretano tutte le canzoni che ti capitano e si cerca sempre di dare il meglio di se divertendosi. Non abbiamo fatto troppo caso alle dinamiche e non ci sono stati momenti veramente critici, ma abbiamo avuto la possibilità di farci conoscere a livello nazionale e poter girare l’Italia con la nostra musica.

La vostra partecipazione a X Factor si conclude con un secondo posto, nonostante il grandissimo consenso e la convinzione di tanti che avreste ampiamente meritato la vittoria. Come avete vissuto questo epilogo nell’immediato successivo e quali sono stati i cambiamenti nelle vostre vite artistiche ma anche nella vostra privacy?
Sinceramente a noi ha fatto piacere vedere felice Matteo, per lui la vittoria era importante, ci dispiace avere deluso chi si aspettava un risultato diverso, ma a noi interessava più uscire ed iniziare a registrare un vero disco e tornare a suonare live.

Sotto l’egida di importanti Case discografiche il vostro EP L’amor carnale ha venduto più di 35mila copie ed è stato certificato Disco d’oro dalla FIMI; siete stati premiati ai Wind Music Awards come giovani talenti e ricevuto un Premio Speciale Rivelazione Giovani del MEI; avete partecipato all’Heineken Jammin’ Festival e molto altro. Come funziona la grande macchina dell’industria discografica e come avvengono, secondo voi, le selezioni di artisti che meritano investimento ed appoggio piuttosto che esclusione?
Rispondere a queste domande risolverebbe molti problemi di noi musicisti. La grande macchina dell’industria funziona per il profitto, questo ti pone in diverse situazioni in base al tuo potere contrattuale, soprattutto ora che i dischi si vendono molto meno che in passato. Servono planning, pubblicità, sponsor, editori, uffici stampa, agenzie di concerti, video, partecipazioni, tutte cose legate ad investimenti e conoscenze nel giro, tutti elementi che partendo da zero sono difficili da comprendere e conoscere.
Non sappiamo chi si meriti di avere questo tipo di supporto, ma sicuramente, chi ce l’ha, ha dovuto fare (o spendere) molto per averlo.

Una nota un po’ particolare: com’è il personaggio Mara Maionchi, la vostra mentore a X Factor e la figura che vi ha seguiti anche dopo per un breve percorso?
Mara è un vulcano, non ha peli sulla lingua, non te le manda a dire, è un grande personaggio dello spettacolo, con un grande carisma e un ottimo fiuto per i talenti. Simpatica e generosa con chi lo merita, arrogante e vipera con chi invece no: una gran donna.
Purtroppo le regole di mercato negli ultimi anni sono cambiate, un abisso rispetto agli anni 70/80/90 dove era un big della discografia. I metodi di lavoro, i mezzi di comunicazione e soprattutto il pubblico sono completamente diversi, forse lontani dalla sua prassi lavorativa.

Nel 2011 avviene la rottura con l’etichetta Sony Music e con Non ho l’età di Mara Maionchi. Cos’è successo?
Noi e Sony avevamo in mente una proposta artistica decisamente diversa, la nostra non rientrava nei canoni di mercato che solitamente la major tratta con partecipanti dei talent (con un pubblico quasi esclusivamente pop). La loro proposta invece non risultava naturale se applicata al nostro trio. Abbiamo deciso in comune accordo di rescindere il contratto in anticipo, rinunciando alla pubblicazione di altri due dischi.
Con ‘Non ho l’età’ di Maionchi/Salerno la storia è simile. C’era sicuramente un buonissimo rapporto dal punto di vista umano, ma diverse filosofie artistiche.

La vostra band ha continuato in produzioni, concerti ed appuntamenti, supportando anche le due date del tour di Ben Harper e Robert Plant, e poi aprendo il concerto dei Green Day a Milano nel 2013. Cosa significa continuare a lavorare da indipendenti nella musica, lontano da Case discografiche di peso che in qualche modo preparano e assicurano successo?
Non crediamo sia vero che le case discografiche major preparano e assicurano il successo sempre. Le Major possono permettersi un investimento maggiore, hanno un buon feeling con le radio e altri contratti di marketing vantaggiosi ma spesso i prodotti che costruiscono non sono comunque forti e vengono rimpiazzati velocemente, vendono per poco tempo e il riciclo è estremamente crudele e veloce.
Con artisti pop o con “veterani” riescono a gestire il mercato, ma il rock ormai non c’entra niente (o mai c’è c’entrato). Il rock si basa su una costante attività live che permette di guadagnarsi il pubblico, una buona campagna pubblicitaria sui nuovi media come internet, dove i giovani si informano, ed una proposta autentica e sincera del proprio sound, per arrivare direttamente, senza intermediari, agli ascoltatori.
Alcune etichette indipendenti hanno lanciato negli ultimi tempi dei ‘big’ nel panorama alternativo italiano, proprio per una presa di posizione intelligente ed onesta, senza sprechi e artifici. Sto ovviamente parlando del mercato italiano.

Rock di montagna, bio-rock, due termini associati recentemente alla vostra musica: qual è l’elemento distintivo dei vostri pezzi rispetto ad un rock più definibile o tradizionale?
Fanno sorridere le etichette che ci vengono attribuite. Alcune ci piacciono, rock di montagna o biorock fanno trasparire la genuinità delle nostre creazioni, nate e costruite nei nostri paesi, influenzati dall’ambiente rurale e artigiano che ci circonda.

I The Bastard Sons of Dioniso hanno ancora un notevole numero di fans che seguono la loro interessante epopea musicale, ne apprezzano l’originalità, i toni cool alternati a quelli più stravaganti. Apprezzatissimi i contenuti dei testi che lasciano all’ascoltatore un bel margine di interpretabilità, cosa non da poco. Cosa volete lasciare come messaggio a chi vi segue da vicino e anche a coloro che vi osservano discretamente in attesa di scoprire qualcosa di nuovo?
Come già anticipi nella domanda, una nostra particolarità sta nel lasciare una libera interpretazione al senso dei nostri testi, spesso pieni di doppi sensi, modi di dire, giochi di parole. Noi non vogliamo lanciare un messaggio, ci sembra un po’ arrogante, preferiamo disegnare delle immagini, o delle sensazioni, a cui ognuno possa far riferimento come gli pare.

Quali i vostri progetti per il futuro? Avete mai pensato di tentare l’avventura all’estero, in altre piazze discografiche come Londra, USA…?
Dopo il tour estivo abbiamo deciso di concretizzare in studio le idee che sono nate dopo l’uscita dell’ultimo album. Stiamo quindi registrando cose nuove e scrivendo i testi per un nuovo album, che avrà nuovamente un sound rock, quello che contraddistingueva gli album precedenti, ma con una cura e un approccio più maturo.
Il nostro sound è decisamente poco italiano, strizza l’occhio agli inglesi e americani… ma crediamo risulti interessante se cantato in italiano, per questo abbiamo sempre creduto più normale suonare in Italia.

Famiglia monogenitoriale, bigenitore o binucleare?

Di Cecilia Sorpilli

La costante evoluzione in atto nel rapporto uomo-donna crea le premesse per nuove formule familiari che si sviluppano e affermano nel moderno tessuto sociale. Cecilia Sorpilli ci fa il punto della situazione

Nell’epoca della modernità liquida, come la definisce Zygmunt Bauman, dove tutto si dissolve in una sorta di liquidità, anche i legami familiari si sciolgono facilmente e rapidamente. Convivenze che finiscono da un giorno all’altro, separazioni e divorzi in costante aumento sono il terreno su cui nascono e crescono le cosiddette famiglie monogenitoriali.
Oggi infatti, nella maggior parte dei casi, la famiglia con un solo genitore nasce da una separazione o un divorzio o, dove è possibile, da un’adozione di un bambino da parte di un single o una single.
Spesso i genitori soli sono donne, questo perché, in caso di separazione o divorzio, i figli solitamente vengono affidati alle madri. Diversamente da quanto accade nelle famiglie in cui la coppia è unita, nelle famiglie in cui la madre è sola con i figli si assommano due compiti per la donna: accudire i figli e mantenerli economicamente. Le madri sole sentono di dover rispondere ad un’alta aspettativa sociale che impone loro di ricoprire sia un ruolo materno che paterno e questo, talvolta, genera in loro vissuti di inadeguatezza, ansia, depressione che possono inficiare le loro competenze genitoriali. Molte donne separate però si dicono soddisfatte della loro capacità di affrontare un carico di responsabilità così gravoso, sono contente del rapporto che riescono ad instaurare con i figli e soprattutto si mostrano fiere di riuscire a mandare avanti la famiglia solo con le proprie forze. Molte donne attribuiscono alla separazione un significato di autonomia e libertà che non avevano mai potuto sperimentare prima della rottura della coppia coniugale.
Quando l’unione della coppia si rompe e il figlio rimane a vivere con la madre sola, risente anch’esso delle difficoltà che emergono. Spesso il figlio sperimenta un repentino cambio del suo stile di vita e questo può comportare il possibile insorgere di problematiche psicologiche e comportamentali che rischiano di segnare la carriera scolastica. La presenza di fratelli o sorelle può essere un fattore positivo perché permette ai figli di sfogarsi emotivamente e di condividere i propri sentimenti e i propri vissuti di sofferenza durante la separazione dei genitori. Se però la differenza di età tra i fratelli è elevata può accadere che i fratelli minori si appoggino al fratello maggiore considerandolo quasi come un sostituto del genitore che, in quel momento a causa della separazione, appare distante fisicamente e/o emotivamente.
A volte capita che, per ragioni economiche, il genitore affidatario decida di tornare ad abitare con la propria famiglia, dando origine al fenomeno della ri-coabitazione. La famiglia di origine pur essendo una risorsa fondamentale può divenire una limitazione sia per l’autonomia del genitore, che corre il rischio di regredire allo status di figlio/a perdendo così autorevolezza nei confronti della propria prole, sia per i nonni che si trovano per molte ore al giorno a doversi assumere la responsabilità educativa dei nipoti. I figli, allo stesso tempo, rischiano di trovarsi disorientati di fronte a ruoli educativi che diventano ambigui e davanti alla progressiva perdita di autorevolezza del proprio genitore.
Negli ultimi anni sono in aumento gli affidamenti dei figli ai padri. I padri che scelgono, e quindi lottano per ottenere l’affidamento dei figli, in genere appaiono più sereni rispetto alle madri sole e riescono a sfruttare meglio le risorse della rete parentale per l’accudimento dei figli. Anche i padri però che da soli debbono occuparsi dei figli incontrano le stesse criticità incontrate dalle madri sole; difficoltà nel posto di lavoro, poca disponibilità di tempo, limitazioni nella vita sociale. Inoltre i padri affidatari sono privi di modelli e percorsi di sola paternità per l’educazione dei figli e quindi è importante fornire loro un supporto pedagogico per aiutarli ad affrontare compiti nuovi per la storia personale e sociale della formazione paterna. Vanna Iori, Professore Ordinario di Pedagogia Generale e Sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, afferma che “Le pratiche educative messe in atto dai padri soli dimostrano che è possibile travalicare gli steccati che dividono le vecchie aspettative nei comportamenti di genere, che la contaminazione non è affatto lesiva dell’identità di genere, che la tenerezza e la cura possono essere espresse anche come virtù maschili”.
In Italia, rispetto ad altri paesi, i rapporti tra padri e figli continuano a perdurare anche dopo la separazione. Questo è un elemento molto importante perché da varie ricerche è emerso che i maggiori danni psicologici per i figli che vivono la separazione dei genitori siano dati sia dal livello di conflitto tra gli ex coniugi, che dall’impossibilità di continuare la relazione con il genitore non affidatario. Per questo motivo è necessario garantire ai figli, per il loro benessere psicologico, la possibilità di continuare la relazione con il genitore non convivente, dando così al ragazzo o bambino la possibilità di mantenere “rapporti validi e continuativi” con entrambi i genitori secondo il principio della cogenitorialità o bigenitorialità. Per tutelare la relazione dei figli con il genitore non affidatario la Legge 54 del 2006 ha stabilito che in via prioritaria i figli devono essere affidati a entrambi i genitori, i quali esercitano congiuntamente la potestà genitoriale (affidamento condiviso). Anna Laura Zanatta, docente di Sociologia della famiglia presso l’Università di Roma La Sapienza, apre un interrogativo: è giusto continuare a chiamare questi nuclei familiari “monogenitoriali” quando i figli mantengono le relazioni con entrambi i genitori? La docente infatti sostiene che “L’affermazione del principio della bigenitorialità mette in evidenza il problema di individuazione dei confini familiari: se dopo la rottura coniugale entrambi i genitori mantengono rapporti validi e continuativi con i figli, è improprio continuare a parlare di famiglia con un solo genitore e diventa più corretto usare il termine famiglia bigenitore o binucleare.”

UN FIUME DI MUSICA
Jimi Hendrix: quando una chitarra elettrica può cambiare il mondo

di Tiziano Albieri

Se dovessimo elencare le figure socio-politicamente e musicalmente più influenti dello scorso secolo, non sarebbe certo sorprendente concordare sul fatto che Jimi Hendrix abbia dato un contributo fondamentale non solo alla musica, ma anche alla società come oggi la conosciamo. Cavalcando l’onda di quel movimento libertario che sarebbe poi sfociato nella cultura dei figli dei fiori, si rese portabandiera dell’unica vera rivoluzione sociale del secolo passato.

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James Marshall Hendrix nasce a Seattle nel 1942, e nel ’66 forma a Londra la “Experience”, anche grazie al suo manager Chas Chandler convinto che nella capitale inglese potrà davvero dimostrare le sue qualità artistiche.
Perchè proprio oltreoceano e non negli Stati Uniti? La risposta può sembrare di primo acchito molto banale, ma non è affatto così. Certo, Londra già dall’inizio degli anni ’60 aveva dato alla luce i Beatles, i Cream ed i Rolling Stones, ed era stata in assoluto la terra più fertile per il Rock N’ Roll, ma la vera “marcia in più” della capitale inglese era, ed è tutt’ora, legata alla natura cosmopolita della città, alla sua apertura mentale e alla quasi totale assenza di pregiudizi verso il colore della pelle di un artista, e, più in generale di una persona. Far “scoppiare” un fenomeno come Hendrix nella sua terra natia, gli States, sarebbe stata un’impresa pressoché impossibile: immaginate come sarebbe stato accolto un artista che predicava la libertà sessuale, l’uguaglianza e la pace, dalla stessa (o quasi) massa che qualche anno prima aveva negato un posto a sedere su un autobus a Rosa Parks, che non consentiva a studenti di carnagione differente di frequentare le stesse scuole e che riteneva la musica rock un artefatto del diavolo. Provateci!
Nell’estate del 1967 prende forma il movimento hippie: San Francisco, “roccaforte” della controcultura della pace e dello spiritualismo viene letteralmente invasa da giovani in contrapposizione ai valori tradizionali della cultura americana, arrivati come in una sorta di pellegrinaggio da ogni angolo degli Stati Uniti. Il festival di Monterey ne è l’attestazione ufficiale: oltre 200.000 spettatori prendono parte ad una tre giorni di concerti unica al mondo. Assieme ad Hendrix parteciparono gli Who, i Grateful Dead, i Jefferson Airplane, Simon & Garfunkel, i Byrds; fece inoltre la sua prima comparsa Janis Joplin: tutti nomi che avrebbero fatto negli anni avrebbero fatto la storia della musica, oltre a quella del movimento hippie. Ad ogni modo, Hendrix fece non poco scalpore e si consacrò a vera e propria leggenda vivente quando, al termine di un’esibizione superlativa, decise di commettere il famoso “sacrificio” della propria Fender Stratocaster, dandola alle fiamme. Un gesto che racchiudeva in sé tutto il senso di innovazione, di sregolatezza, di genio e follia, che avrebbe accompagnato Jimi per il resto della sua, purtroppo breve, carriera. “Sbalorditivo” è minimale per descrivere l’impatto che da quel momento la musica dell’Experience avrebbe avuto non solo sui musicisti a venire, ma sulla società in generale.

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Il ’68 è universalmente conosciuto come l’anno delle rivolte studentesche, della rivendicazione dei diritti dei lavoratori, del disappunto nei confronti del conflitto in Vietnam e della ribellione al sistema capitalista e consumistico statunitense, che coinvolse giovani e non, da ogni parte del globo indistintamente. La cultura hippie vide l’apice della sua portata anche grazie all’ondata di protesta che avvicinava sempre più adolescenti al movimento: la musica era la vera bandiera di questa rivoluzione.
Il sessantotto fu anche l’anno dei Giochi Olimpici di Città del Messico e credo abbiamo tutti presente le fotografie che ritraggono Tommie Smith e John Carlos in piedi sul podio con il pugno alzato ed il capo chino a sostegno del “potere nero”. Era il chiaro segnale che il mondo volesse cambiare, erano le armi pacifiche di una rivoluzione innanzitutto musicale, della quale le chitarre elettriche suonarono la colonna sonora negli anni in cui i giovani furono i veri protagonisti. Per Hendrix è l’anno di Electric Ladyland e dello sgretolamento della Experience, ma il culmine della propria notorietà lo avrebbe raggiunto l’anno successivo, in seguito all’esibizione di Woodstock.
“Three Days Of Peace And Music” recitava la locandina dell’evento che si sarebbe svolto dal 15 al 18 Agosto del 1969, senza dubbio il più grande concerto che la storia della musica ricordi: vi parteciparono molte delle band che due anni prima avevano composto la scaletta del festival di Monterey, ma questa volta i numeri del pubblico superarono ogni limite. Bethel, la piccola cittadina che ospitò il concerto venne invasa da mezzo milione di giovani; le cronache locali raccontano di autostrade intasate nei dintorni della città e di enormi disagi dovuti all’ingente numero di partecipanti, ben oltre ogni aspettativa. Lo spirito dell’evento rappresentò a pieno l’ideale della cultura hippie, della pace, dell’amore e della solidarietà, tanto da far sì che non accadessero incidenti rilevanti. Nonostante ciò, le grandi testate giornalistiche statunitensi avevano forzato i propri reporter a recensire negativamente ciò che stava accadendo al fine di far sembrare non solo l’evento, ma tutta la comunità dei figli dei fiori, una catastrofe sociale. Barnard Collier del New York Times, avrebbe raccontato che i redattori a New York lo incitavano a sottolineare i blocchi stradali, le sistemazioni improvvisate, l’uso di droghe fra i ragazzi e la presunta aggressività di alcuni di loro. Nulla fu sufficiente a smontare l’evento. L’esibizione di Hendrix fu una delle più lunghe della sua carriera, sebbene abbia suonato davanti ad un pubblico quasi dimezzato e stremato (avrebbe dovuto suonare la domenica sera, ed invece suonò la mattina del lunedì, e molti fan dovettero abbandonare il festival). L’intero concerto culminò con l’esecuzione del brano che meglio avrebbe potuto rappresentare il clima di contrarietà alla guerra del Vietnam, di opposizione al sistema socio-politico statunitense e di ribellione al costume ed alla società americana in generale: “Star-spangled Banner”, l’inno “Stars and Stripes” eseguito con la chitarra elettrica, volutamente sporcato con suono acido, spesso in feedback, effetti cacofonici ed un uso esagerato del tremolo, cosa avrebbe potuto rendere meglio l’idea? Sarebbe diventato l’icona della protesta, l’emblema della ribellione di quegli anni d’oro.
La fiamma che ardeva negli animi dei giovani hippie, dopo Woodstock sarebbe andata affievolendosi sempre di più e mai avremmo assistito ad un fenomeno tanto imponente quanto quello che aveva imperversato dalla Summer of Love ad allora.

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Il recente scioglimento della Experience e alcuni obblighi contrattuali firmati prima di arrivare a Londra costrinsero Jimi a formare una band provvisoria e registrare un album; per non “bruciare” le idee migliori, che sarebbero state pubblicate postume, vennero prese in considerazione alcune canzoni scartate da Electric Ladyland ed altre idee del batterista Buddy Miles, che assieme a Billy Cox ed il genio di Seattle componevano la Band Of Gypsys. Pare un caso (ma non tutti sostengono così) che tutti e tre i musicisti fossero di colore, e di fatto nessuna dichiarazione o intervista a riguardo è mai stata rilasciata. Ad ogni modo, l’album omonimo non venne apprezzato a sufficienza dalla critica, che era stata abituata a dischi del calibro di “Are You Experienced?”, “Bold as Love” ed “Electric Ladyland”.
Jimi Hendrix si sarebbe spento in circostanze misteriose il 18 Settembre del 1970 nella sua camera d’albergo a Londra, in presenza della sua compagna dell’epoca: Monika Danneman. Se ne andava così il più grande rocker che il mondo intero avesse mai avuto la fortuna di ospitare, nonché una figura di esempio per le generazioni a venire. Un’icona dello scorso secolo in grado di influenzare e coinvolgere i giovani del tempo con le sue idee rivoluzionarie di libertà, pace, uguaglianza, ma soprattutto, di umanità. Gli stessi giovani che oggi sono diventati adulti, e si spera possano tramandare a loro volta ciò che Jimi avrebbe voluto.

Il deficit ci affossa. Eppure l’Italia è prima della classe per la tenuta dei conti pubblici

L’Italia ha i propri conti a posto: ma allora perché il debito pubblico è così alto?

Tabella 1

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La tabella del nostro Ministero delle Finanze ci mostra come l’Italia sia stata dal 1995 la prima della classe in quanto a entrate / uscite e tenuta dei conti pubblici in fase di avanzo primario. Per chi avesse qualche dubbio su che cosa indichi l’avanzo primario, si immagini la contabilità dello Stato come un foglio sul quale tracciamo una sorta di partita doppia dove da una parte ci sono le entrate e dall’altra le uscite. A fine anno si traccia una riga e si sommano entrate ed uscite (senza conteggiare ancora gli interessi), se le entrate sono superiore alle uscite abbiamo un avanzo primario, se le uscite sono invece superiori abbiamo un disavanzo, ovvero un deficit di bilancio. Ebbene, come ci mostra il MEF, dal 1995 al 2014 l’Italia ha sempre tenuto a posto i conti, anzi ha realizzato dei surplus di bilancio, spendendo meno di quanto ha incassato tranne che nel 2009. Un vero record a livello europeo e quindi siamo, in questo settore, i primi della classe. Continuando con l’esempio della partita doppia dobbiamo però aggiungere al nostro primo totale di entrate ed uscite gli interessi e qui viene la nota dolente. Infatti seppur ho un surplus nel 1997 di 85,952 miliardi dopo aver pagato 123,664 miliardi di interessi sul debito accumulato mi ritrovo con un deficit finale di 37,712 miliardi nonostante il surplus iniziale (ottenuto ovviamente con aumenti di tasse, vendite di patrimonio pubblico e peggioramento dei servizi, quindi nonostante lo Stato sia più povero ho un deficit). Dal saldo primario della prima tabella per l’intero periodo sono stati pagati in totale 1.650 miliardi di euro (pari al 6% del PIL), ma se partissimo dal 1981 (tabella 2) scopriremmo che addirittura ne abbiamo pagato più di 3.100. Cifre spaziali!

Tabella 2.

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Dai dati precedenti e sugli anni considerati nella tabella del MEF l’avanzo accumulato è di 585 miliardi di euro (dalla tabella 2: 740,232 partendo dal 1980 al 2012) contro, ad esempio, quelli della Germania che sono 80 miliardi per lo stesso periodo, mentre la Francia ha disavanzi per – 475 miliardi. Un primato che però non ci ha dato benefici né in termini di crescita né in termini di diminuzione di stock del debito pubblico e nonostante le tante svendite di patrimonio nazionale, a dimostrazione che sono sbagliate sia le politiche economiche intraprese in questi anni dai vari governi che si sono succeduti sia come sono state impostate le entrate e le uscite, un vero disastro. Qualcuno potrebbe dire che si sono succeduti tanti governi e che se hanno tutti seguito questa strada vuol dire che non c’erano soluzioni alternative. La risposta sta’ nel fatto che se è vero che sono cambiati i governi è altrettanto vero che le persone che hanno intrapreso i grandi cambiamenti degli anni ’80 e ’90 sono in realtà sempre presenti sulla scena italiana ed europea. Hanno variato solo la carica, ergo ci hanno governato sempre le stesse persone e gli stessi grandi interessi (da Draghi Monti, da Amato a Ciampi e Andreatta. Ultimamente si è affacciato sulla scena qualche loro figlio politico).

Tabella 3.

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Quest’ultima tabella (fonte DEF 2015) ci mostra la ripartizione del debito, cioè chi detiene i titoli pubblici italiani. Possiamo osservare che l’eurosistema ne detiene il 29,4%, percentuale in calo rispetto agli anni prima del 2011-2012 da quando cioè la fiducia nel nostro Paese e sulla nostra “solvibilità” è cominciata a venire meno. Serve per avere idea di quanto sia il debito vero, cioè quello dovuto all’estero che ha un peso diverso rispetto a quello interno (non vuol dire che non deve essere onorato ma che cambiano i parametri di pericolosità). Inoltre si noti che al 2014 la Banca d’Italia deteneva il 7,8% di questo debito. Il Quantitative Easing (QE) di Mario Draghi è iniziato a Marzo del 2015 per cui la percentuale si è di molto ingrossata calcolando che, secondo il piano della BCE, la stessa ha inizialmente comprato titoli per 8 miliardi al mese e attualmente quasi 10. Se come previsto gli acquisti dureranno fino al 2017 la Banca d’Italia avrà acquistato più di 200 miliardi in titoli di stato sui quali, tra l’altro, versa una percentuale al Tesoro di profitti di esercizio e di tasse sulle plusvalenze (per avere un’idea: nel 2015 la Banca d’Italia ha versato allo Stato 3.169 miliardi – fonte Banca d’Italia). Insomma il Tesoro, l’Italia, guadagna subito sui Titoli detenuti dalla Banca d’Italia e più acquista più il debito diminuisce, del resto il Giappone ne detiene quasi il 50% e Londra circa il 25%. Inoltre un debito detenuto dall’emittente dello stesso, si intuisce, non è poi un debito così problematico.

La fotografia oltre il confine:
“Exodus”, il reportage di Mario Fornasari

“Exodus”: il reportage di Mario Fornasari in una mostra documento a Ferrara fino al 10 novembre 2016 ci mostra la drammatica realtà dei campi profughi.

di Eleonora Rossi

“Continua ad appassionarmi tutto ciò che muove il mondo e si muove nel mondo”.
Mario Fornasari non è solo un giornalista professionista e un reporter. È un viaggiatore.
Sa osservare, mettersi in ascolto; sa adattarsi, o cambiare rotta.
Del vero viaggiatore ha la curiosità, il rispetto, lo spirito libero, il senso della sfida.

“Al liceo sognai d’essere testimone nel mondo e comprai la prima Nikon”.
Il suo lavoro di cronista lo ha avvicinato quotidianamente all’uomo e all’umanità, alle storie dentro alla storia. Dopo anni intensi di giornalismo, oggi Mario Fornasari si dedica alla fotografia: l’obiettivo della macchina fotografica è il suo sguardo, profondo, di attenzione. Di comprensione.

Per la sua pagina Facebook ha scelto il nome “Contrarian”, ovvero “l’investitore in controtendenza”. Forse per questo Mario Fornasari investe proprio in ciò che non ha prezzo: “È il tempo che fa la differenza – racconta con voce pacata e rassicurante -. Nel tempo ritrovato è come se riuscissi a ricongiungere i fili spezzati”.
Sulla pagina “Contrarian” (così come sul sito mariofornasari.net, su blog.Quotidiano.net e flickr) si possono ammirare alcuni degli scatti del fotografo: reportage da inviato accanto a paesaggi interiori e immagini della nostra città.
Una Ferrara dal volto inconsueto, sorpresa nei suoi dettagli inediti: ellissi ritagliate nell’azzurro, architetture di nebbia, “segni agli angeli”, diamanti di pietra imbevuti di luce.
Gli occhi dell’autore si illuminano mentre descrive la “serie del volare”: immagini fotografiche dove i particolari artistici sembrano spiccare verso il cielo, in ascesa vertiginosa.

“Exodus, trappola nei Balcani” è il titolo della mostra al numero 46 di via Ripagrande, allestita nella sala dell’associazione Rrose Sélavy fino al 10 novembre 2016 (mercoledì, venerdì, sabato, 15.30-19).
Professionista scrupoloso, Mario Fornasari ci accoglie con calore nella terra delle sue fotografie: landa di confini da oltrepassare, anche metaforicamente.
“Le mani del profugo siriano, aggrappate alla rete che sbarra la frontiera tra Serbia e Ungheria, sono il marchio di un’ Europa incapace di accogliere il sogno di una vita migliore per chi fugge dalle tragedie della guerra”. È questa l’immagine simbolo di Exodus, mostra documento inaugurata nell’ambito di Internazionale. Qui il reporter è “testimone nel mondo”.
Ogni singolo scatto racchiude una narrazione, racconta un vissuto. Immagini garbate, rispettose, che rivelano nobiltà d’animo e capacità empatica non comuni. Cogliendo “gli sguardi, le sensazioni, i gesti” nell’istante di massima espressività, la fotografia di Mario Fornasari incontra le persone.

Come è nato questo reportage?
La migrazione di popoli in cerca di una vita migliore ha messo sotto pressione l’Italia e, più in generale, l’Europa. Ma l’esodo dal Medio Oriente in guerra ha qualcosa di imponente, di biblico: incalza gli Stati, scuote le coscienze, mette in crisi le classi dirigenti. La rotta balcanica ha visto transitare, lo scorso anno, all’incirca un milione di persone, in condizioni spesso disperate: la chiusura delle frontiere, nel sud dell’Europa, ha acceso il mio desiderio di vedere e capire di più.

Quando sono state scattate le foto?
Sono partito due volte, in agosto e in settembre dell’anno scorso, per testimoniare con immagini e servizi quanto accadeva nel confine settentrionale tra Horgos (Serbia) e Roszke (Ungheria), nei cosiddetti campi di accoglienza o nei bivacchi improvvisati a ridosso dei confini blindati dai muri di rete e filo spinato. Poi, nell’aprile di quest’anno, con tutte le frontiere chiuse, sono arrivato a Idomeni, un paesino greco di 150 abitanti al confine con la Repubblica di Macedonia: ospita il più grande campo profughi assieme alla giungla francese di Calais. Sono all’incirca 5000 foto, tra le quali una cinquantina sono selezionate per le clip e una ventina per la mostra.

Che cosa ha provato Mario Fornasari quando era là?
Immaginate donne e bambini a cui non è permesso di uscire dai campi di accoglienza, sotto tendoni bollenti per il sole, disperati nel chiedere acqua a cronisti o fotoreporter che si ritrovano a lanciare bottigliette sopra le reti di recinzione finché la polizia non interviene. Oppure pensate a giovani donne con figlioletti di pochi mesi che hanno percorso migliaia di chilometri e, stremate, cercano di dormire tra i guard-rail dell’autostrada chiusa. Ti chiedi quanto debba pesare l’essere nato dalla parte (oggi) sbagliata del mondo. Fa pensare la solidarietà tra loro, che vedi nelle situazioni più disperate, nelle parole dei bivacchi, tra tende precarie, immondizia, fumi densi del fuoco che brucia bottiglie, sterpaglie, cassette per riscaldare le persone. Ho passato notti accanto a siriani, afghani o iracheni, senza grandi timori. Situazione diversa a Idomeni, dove le associazioni umanitarie garantiscono comunque cibo per tutti, dove l’emergenza si cronicizza e pian piano rimette in moto le divisioni di genere, di clan, di nazionalità.

Un esempio…?
Una mattina all’alba il vento era terribile, alzava nuvole di polvere che sferzavano i volti e arrivava a spazzare via le tende meno solide. In una parte del campo, quella più battuta dalle raffiche, le tende erano state protette e sormontate da coperte legate tra loro e fissate a pali o per terra: uno sforzo spesso inutile. Due donne irachene, una delle quali in gravidanza ormai avanzata, stavano lottando per mantenere la protezione alle tende, dentro le quali dormivano i figli. Immagini quasi epiche che tentavo di riprendere, prima del dubbio che può inquietare il cronista: lasciare quelle donne sole a lottare contro le intemperie e continuare a lavorare, oppure intervenire per dar loro una mano? Ho riposto la macchina fotografica. Dopo una ventina di minuti di lotta impari contro il vento è esploso un gran vociare e sono tranquillamente usciti dalle tende i due mariti. Le differenze di genere erano già rientrate nel campo, cosa che non avevo mai visto ad Horgos, dove tutti sembravano molto più solidali.

Ed è riuscito a ricreare con le immagini le stesse sensazioni?
Le foto hanno un significato particolare quando sono capaci di darti una chiave di lettura, di farti entrare in un universo che non conosci e di svelartelo confida Paolo Pellegrin, uno dei migliori fotoreporter italiani di sempre. L’obiettivo è ambizioso, mi accontento di essere testimone e tentare di condividere, con le parole e le immagini.

Mi ha colpito nelle fotografie il colore, la caparbietà nell’espressione dei volti. Sono ritratti di vita che resiste, con tenacia. Era questo che voleva catturare nelle immagini?
Non sempre quel che ritrai con la macchina fotografica racconta un percorso intellegibile, predefinito, conscio: a volte è vero esattamente il contrario, è istintivo, assomiglia a una visione che man mano si svela.

Ha raccontato la storia di quelle persone anche con le parole?
Sì, Quotidiano Nazionale e Quotidiano Net hanno pubblicato foto e servizi.

Quale colonna sonora ha scelto per le sue immagini?
Le clip propongono un brano sempre diverso: Trappola nei Balcani, la clip complessiva, è arricchita dal concerto numero 2 di Rachmaninov che mi ricorda il senso della storia, di un fiume che scorre tra gli argini, dei migranti in cammino accanto a muri e sbarramenti. La clip Madonne con bambino seleziona le immagini con madri che curano i propri figli, a volte di pochi giorni, accompagnate da un preludio di Chopin mentre Idomeni ha la voce di Freddie Mercury con i Queen in Who wants to live forever. I Bambini infiniti, dedicata alle centinaia di ragazzini incontrati in questi viaggi, sono accompagnati dalla chitarra di Paco de Lucia in Cancion de Amor.
Giornalismo e fotografia: due talenti che si specchiano e si completano per raccontare la storia. Quando ha iniziato a scrivere?
Talento è un termine impegnativo e non so se lo sento adatto. Al liceo sognai d’essere testimone nel mondo e comprai la prima Nikon (che conservo ancora), grazie a un mese di lavoro estivo: iniziai con reportage dal nord Africa, scritti e fotografici, e con un viaggio tra i ragazzi che morivano di droga a Verona. Quest’ultimo fu acquistato per 100 mila lire. In seguito lavorai all’esperienza degli asili-modello in Emilia Romagna, alla vita nelle case di riposo o nei manicomi prima della riforma Basaglia, mi dedicai al carnevale di Venezia e alla foto di teatro senza grandi risultati per dire il vero. Ma oggi si direbbe che il tutto non era economicamente sostenibile, cioè non riuscivo a vivere di quel tipo di attività: la scelta fu di affinare la scrittura e approfondire i temi del giornalismo. Sono stato a lungo corrispondente di Repubblica che mi sgrezzò grazie a Luca Savonuzzi, il primo di tanti maestri. L’assunzione al Carlino mi cambiò la vita, il giornale mi diede quasi tutto quel che cercavo dal punto di vista professionale e mi costrinse a dare tutto: il ruolo di capo della redazione di Ferrara mi ha permesso di approfondire il legame con la città, il passaggio alla redazione nazionale ha implicato il confronto con i grandi temi italiani e internazionali, l’arricchimento, lo studio continuo. Ho seguito gli sviluppi della grande crisi americana come caporedattore responsabile di politica, economia e finanza, passando notti a tentar di capire cosa potesse esserci dietro ai famigerati prodotti finanziari derivati, l’arma di distruzione di massa per dirla con il guru Warren Buffett. Dal cronista che racconta prevalentemente le persone e le comunità, al cronista che testimonia e commenta fatti politici, mercati finanziari, banche centrali.

Che cosa significa per lei scrivere?
Mi piace soprattutto descrivere le situazioni, gli sguardi, le sensazioni, i gesti, gli odori, i sogni. Il tempo. In politica e in economia bisogna svelare i retroscena, intuire gli indirizzi, capire gli sgambetti e, a volte, raccontare le utopie. Dopo l’uscita dal desk del giornale ho provato a riunificare le varie esperienze di scrittura: raccontando la crisi ad Atene, le operazioni tecniche di blocco della liquidità da parte della Bce e gli errori della Troika si sono impersonificati nelle parole disperate dell’impiegato che ha perso il lavoro con il taglio degli statali, nel volto dell’anziano che non riesca più ad avere medicine o nella rabbia di chi non vede più un futuro in patria.

Cosa rappresenta invece la fotografia?
L’immagine è immediata, arriva subito. È spietata: come giornalista posso essere lontano da un fatto ma riuscire a raccontarlo lo stesso, non è così per il fotoreporter che non può recuperare la foto di un episodio passato a meno di non patteggiare con la propria coscienza e proporre immagini costruite. Grandi fotografi hanno osservato che una bella foto non ha bisogno di descrizioni o didascalie, però in un reportage immagini e parole, magari anche brani musicali, possono completarsi nell’esprimere una sensazione.

Quali sono i progetti futuri?
Continuo a seguire i mercati finanziari che ora guidano il mondo, intriganti nella loro aridità e nell’apparente follia: non so se sia finita per sempre l’era in cui l’ingegneria finanziaria avrebbe dovuto migliorare l’esistenza di tutti. In parte l’ha fatto, nonostante oggi prevalgano avidità e cinismo. D’altra parte mi stimola lo studio sulla luce di Ferrara e quest’anno vorrei continuare lavorare sul tema delle migrazioni e spostarmi sulla rotta italiana, dal Mediterraneo al Brennero. Mi piacerebbe poi tornare dove sono già stato per il giornale in Sardegna, nel Sulcis, quattrocento metri sottoterra dove gli ultimi minatori italiani lottano per continuare un lavoro duro e ottocentesco che non ha più prospettive economiche di sopravvivenza.
E continua ad appassionarmi tutto ciò che muove il mondo e si muove nel mondo.

Bambina di Mario Fornasari
Madre di Mario Fornasari
Mano di Mario Fornasari

Trump o Clinton, Renzi o antirenziani? Vince sempre chi ha la ‘storia’ migliore
Viaggio nei meccanismi della narrazione

Quale può essere il valore di una storia ben raccontata? E quali sono i contesti sociali in cui serve saper raccontare? Bruno Vigilio Turra riflette su usi e forme dell’odierna comunicazione sociale

Raccontare storie è un’arte antica quanto l’uomo. Una storia, infatti, è una struttura capace di connettere in un tutto significativo e compatto eventi ed accadimenti, sentimenti ed emozioni, finalità ed obiettivi, cause ed effetti, valori e preferenze. Il racconto – ricordava Roland Barthes – è una delle grandi categorie della conoscenza che utilizziamo per comprendere e ordinare il mondo. Vediamo chiaramente la forza della narrazione nei miti, nelle saghe, nelle leggende e nelle fiabe che hanno accompagnato e orientato lo sviluppo della civiltà; forse se ne colgono ancora vaghe tracce in quelle culture dove sopravvivono cantastorie e griot.

Le neuroscienze dimostrano oggi ciò che era già evidente un tempo: è la struttura stessa del nostro apparato cerebrale a rendere così importante il meccanismo della narrazione. In fondo, cosa si fa quando ci si presenta, si sostiene un colloquio di lavoro, si racconta la propria azienda o la propria vita, si descrive qualche evento importante? Solitamente, si racconta una storia che vuole essere persuasiva e convincente. Dalla capacità di raccontare storie coerenti e affascinanti dipende, spesso, il successo e, a volte, il potere delle persone. Dalle storie che ognuno di noi costruisce e ripete dentro di sé, dipende il tono della conversazione interiore, dalla quale deriva in buona parte la qualità della nostra vita, il significato della nostra biografia, la bontà delle relazioni che stabiliamo con gli altri.
Chi, dunque, sa produrre storie convincenti che entrino nella conversazione collettiva e, soprattutto, diventino parte della conversazione interiore delle persone, ha immediato accesso a una grande fonte di potere poiché, attraverso le storie, ne può influenzare le opinioni e gli atteggiamenti e ne può indirizzare i comportamenti.

Esattamente per questo la narrazione, è diventata l’ultima frontiera del marketing e della comunicazione politica: lo storytelling è oggi il prodotto di punta dell’industria della persuasione che confeziona per noi le storie che dovrebbero dar senso al nostro mondo. Guru del management, eminenze della comunicazione, spin doctor, ne sono i pagatissimi profeti; le tecnologie digitali ne sono lo strumento principale.

Le storie hanno il potere di costruire una realtà e sono diventate – nella nostra epoca narrativa – un sostituto pericoloso dei fatti, degli argomenti razionali e financo dell’argomentazione scientifica, che viene riconosciuta come autorevole e degna di fede solo se inserita all’interno di un adeguato tessuto retorico di tipo narrativo.

Se le antiche narrazioni si presentavano come un dato, le cui origini si perdevano nella notte dei tempi e proprio da questo traevano autorevolezza, lo storytelling compie in verità il percorso inverso: incolla su una “realtà” voluta e costruita da certi attori sociali qui e ora (grandi imprese, governi, Ong, gruppi organizzati), racconti artificiali, narrazioni che sono in grado di orientare flussi di emozioni, portando gli individui a conformarsi con certi modelli e ad accettare standard determinati.

Se l’economia è una conversazione lo storytelling è allora la capacità di rendere questa conversazione ricca, attiva e coinvolgente, anche a prescindere dai contenuti di verità. Ciò che conta è inventare una storia potente, capace di affascinare, che possa essere venduta con profitto: e la fabbrica delle storie non si ferma mai.
Da oltre venti anni anni lo storytelling ha invaso la comunicazione politica; il marketing l’ha poi introdotta nei media, nei telegiornali, nel cosiddetto no profit, nelle aziende, nelle chiese. Una legione di esperti si adopera per costruire storie convincenti che sono diventate il bene da vendere al posto degli oggetti, dei servizi, dei progetti e delle politiche. Così la storia, la narrazione, da elemento di unione e riconoscimento è diventata anche mezzo di propaganda e temibile arma di disinformazione.

Questa situazione pone una questione di fondamentale importanza per la nostra società e per la democrazia: nel mondo della comunicazione globale esiste ancora il contratto narrativo che consente di separare la realtà dalla finzione? E quale potrebbe essere la realtà per milioni di persone che passano buona parte del loro tempo consumando informazione?

Davanti a noi ci sono due appuntamenti importanti che riguardano il referendum sulla Costituzione e l’elezione del presidente americano; ci possono essere mille buone ragioni per scegliere tra un nome e l’altro, tra un sì e un no; ma al di là di ogni argomentazione razionale è molto probabile che vincerà la parte che sarà riuscita a raccontare la “storia migliore”.

Quelli che l’immigrazione…

Parlare di immigrazione di questi tempi è pericoloso. Certo, grandi e piccole migrazioni fanno parte della storia dell’uomo e lo scontro tra popolazioni residenti e popolazioni nomadi è stato per secoli una costante antropologica. Le migrazioni, legate a condizioni culturali, a guerre ed epidemie, a carestie e disastri ambientali, a miseria o ricerca di fortuna, hanno sempre trovato nei diversi tassi di natalità responsabili delle differenze demografiche un motore biologico inesauribile.
Ma il contesto entro cui, oggi, le migrazioni si manifestano è completamente nuovo: per l’ampiezza della popolazione mondiale innanzitutto (7,46 miliardi di persone in rapida crescita), per l’iniqua distribuzione di una quantità di beni primari che sarebbero sufficienti per soddisfare i bisogni essenziali di tutti, per la diffusione globale delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione che indottrinano e connettono miliardi di persone facendo balenare loro il sogno dell’abbondanza, per l’abbattimento delle barriere che impedivano il libero flusso di merci e capitali finanziari, per la facilità dei movimenti e dei trasporti.
Catastrofi climatiche (basti pensare al Darfour), land grabbing, sfruttamento delle risorse naturali, conflitti geopolitici e guerre, distruzione delle culture locali, il fallimento completo della cooperazione internazionale e del sostegno ai paesi in via di sviluppo, la scoperta di nuovi mercati che potrebbe assorbire l’enorme quantità di merci prodotte, una distribuzione dei beni totalmente iniqua, sono alcuni fattori che stanno alla base degli sconvolgimenti demografici che, su questa scala, non hanno precedenti nella storia.

Se questo è lo sfondo l’Italia si trova nella peggiore posizione geopolitica possibile, e non stupisce dunque che l’immigrazione sia diventato un problema sociale drammatico, ampiamente sfuggito al controllo dello stato. Lo dicono i numeri e le proiezioni demografiche, lo conferma il ragionamento strategico, lo sostiene l’esistenza di enclave aliene sempre più numerose ed impenetrabili sul territorio; lo attesta, oltre ogni ragionevole dubbio, la paura diffusa, il rancore e l’accanimento degli italiani (e dei residenti delle comunità immigrate da più tempo) quando si schierano pro o contro una situazione che, da emergenza che fu negli anni novanta, è diventata un dato strutturale che diventa sempre più inquietante.

Nella varietà di opinioni e di rappresentazioni che circolano nella rete, che si alimentano nei luoghi di incontro, che rimbombano nell’intero sistema dei mass media, si possono riconoscere con molte sfumature e qualche distinguo, due campi avversi brutalmente contrapposti, due poli concettuali intorno ai quali si addensano, ora più vicine ora più lontane, le opinioni delle persone.

Il centro del primo polo è rappresentato dai favorevoli a tutti i costi, da quel nucleo di persone che vede l’immigrazione come una necessità, i migranti come un’opportunità, l’accoglienza come un dovere a prescindere da ogni tipo di conseguenza; quelli che strillano “al razzista” e “al fascista” ogni volta che qualcuno non concorda con questa prospettiva. Attorno a questo centro si addensa la vasta costellazione dei sostenitori del politicamente corretto che, spesso, nasconde dietro la retorica dei buoni sentimenti umanitari floridi affari. Vi ruota inoltre il pulviscolo di quelli che, nell’immigrazione, vedono semplicemente un’opportunità per far crescere il PIL e un mezzo per pagare le pensioni delle generazioni più vecchie, visto che gli italiani non fanno più figli.
C’è chi crede nell’obbligo di accoglienza per ripagare i popoli sfruttati nel passato coloniale e nel presente globalizzato; ci sono tante persone in buona fede, operatori per passione, gente pronta a dare e a condividere il proprio. Ma ci sono anche persone comodamente protette dalla loro condizione di classe o di ceto, che amano a parole l’umanità astratta ma apprezzano assai poco il prossimo in carne ed ossa, con i suoi odori, i suoi vestiti e la sua cultura: gente che vive ben protetta nei quartieri e nelle case blindate dove la scomoda e vasta e brulicante umanità dei poveri non ha accesso.
Il nucleo di questo polo sembra essere formato da quel progressismo mondialista che vede nel melting pot il futuro necessario dell’umanità, da quel laicismo estremo chiaramente volto ad eliminare connotazioni religiose e culturali in nome di un’uguaglianza omologante interamente schiacciata sul dogma del libero mercato.

Il centro del secondo polo è rappresentato dai contrari irriducibili, coloro che vedono nella immigrazione un pericolo, una minaccia per gli italiani e le italiane, un grave danno. Quelli sempre pronti ad evocare la minaccia del terrorismo, la necessità del pugno di ferro contro l’islam. Quelli che sono sempre in prima linea nell’accusare di comunismo, buonismo, calcolo interessato, connivenza e ipocrisia coloro che professano opinioni opposte. Quelli tutt’al più disposti a usare gli immigrati se hanno lavoro, costano meno degli italiani e stanno zitti scomparendo dopo aver concluso le loro prestazioni. Gravitano attorno a questo centro anche persone in buona fede, spaventate e timorose della diversità, insieme a quelli che predicano l’impossibilità dell’integrazione e segnalano la sproporzione dei costi che distolgono fondi che dovrebbero essere assegnati agli italiani bisognosi travolti dalla crisi. C’è gente ben convinta della superiorità del modello occidentale e della sua cultura, persuasa della necessità di un progresso che coincide necessariamente con una modernizzazione che deve essere, innanzitutto, occidentalizzazione forzata. Ma c’è anche quell’umanità semplice ancora ben disposta verso i migranti che serbano un atteggiamento umile, lavorano e si adattano, ma assolutamente contraria all’accoglienza indifferenziata e imposta dall’alto. Ci sono anche razzisti convinti, cittadini che rifiutano qualsiasi segno identificativo di altra cultura ed altra religione. Ruota attorno a questo nucleo un pulviscolo di opinioni che sfociano in visioni religiose, nella difesa dell’identità locale e nazionale e di quei valori dell’occidente che la modernizzazione stessa ha distrutto ben prima dell’arrivo delle ondate migratorie.

Sbagliano gli uni negando le dimensioni perverse della cosiddetta accoglienza; sbagliano gli altri negando le responsabilità dell’intero occidente nelle genesi del fenomeno. Sbagliano tutti quando parlano del fenomeno riducendolo ad una sua drammatica caricatura tesa a far leva sui sentimenti e le emozioni della gente.

Si riconosce da entrambe le parti la presenza ora più netta ora più sfumata di una componente d’odio e di rancore: un muro contro muro che non consente soluzioni innovative che oggi servono come il pane. Nessuno che riconosca nelle ragioni di chi sta sull’altro lato della barricata qualche fondamento o, almeno, il beneficio del dubbio. Una contrapposizione che fa la gioia dei media ma che umilia lo spirito della democrazia e della cittadinanza.
Si riconosce in entrambi i poli una volontà colpevole di ignorare e di escludere informazioni che possano mettere in discussione le proprie incrollabili posizioni, i propri assunti di partenza che rimangono spesse volte oscuri.
Intorno al tema immigrazione si rinnova dunque uno scontro politico e sociale che ricorda ai più vecchi mai sopite contrapposizioni ideologiche che si intersecano in un gioco difficile da riassumere: destra contro sinistra, laico contro religioso, società contro comunità, progressisti contro conservatori.

Ma la dimensione del fenomeno è tale che nessuna contrapposizione frontale potrà portarvi sollievo e soluzione. Nessuna soluzione è possibile in assenza di chiarezza e di una riflessione che parta innanzitutto dalla complessità, rifiutando ogni tipo di semplificazione. E una riflessione dura, dolorosa ma quanto mai necessaria che deve affrontare, tenendoli insieme, aspetti demografici, etnici, culturali, religiosi, sociali, amministrativi, legali, economici, finanziari, geografici, geopolitici, strategici e militari. Senza dimenticare la sana solidarietà, senza scollegare la dimensione locale da quella globale.
Di fronte al totale fallimento della politica dell’immigrazione tocca ai cittadini di buona volontà fare un passo di riconciliazione e di approfondimento che vada oltre la contrapposizione dell’essere pro e dell’essere contro, un passo atteso che apra lo spazio al discernimento.
Non c’è altra scelta: ciò che colpevolmente si rifiuta di vedere adesso si ripresenterà in modo assolutamente peggiore nel prossimo futuro.

DOSSIER
Una scuola nuova è possibile/2

Prosegue e si conclude l’analisi di Giovanni Fioravanti su ipotesi e prospettive per una scuola innovativa e aperta a concetti di organizzazione, apprendimento e formazione delle future generazioni

I Percorsi
L’unità temporale resta l’anno scolastico, ma è unità di tempo dell’organizzazione scuola, non necessariamente dell’allievo che sulla base del percorso concordato all’inizio nel Patto Formativo può averla resa flessibile. Rimane invece invariata, per la scuola e per l’alunno, la durata dei cicli scolastici come prevista dagli ordinamenti nazionali.
La nostra simulazione assume come punto di riferimento l’attuale impianto disciplinare della secondaria di primo grado, con alcune modifiche del monte ore per materie.
Potremmo ipotizzare una proposta formativa che preveda il conseguimento nel corso dell’anno scolastico di dieci crediti per disciplina, ripartiti in cinque crediti per quadrimestre, per un totale di cento crediti ad anno scolastico e di trecento al termine del triennio della secondaria di primo grado.
L’ipotesi non prevede l’insegnamento della religione cattolica, perché l’avvalersi o meno costituisce un’opzione delle famiglie e non concorre a costituire la somma dei crediti.
La Proposta Formativa della scuola su cui concludere il Patto Formativo con l’alunno e la sua famiglia potrebbe prevedere l’opportunità di scegliere tra quattro tipologie di percorso: Ordinario, Potenziato, Recupero, Avanzato.
Poiché l’Ue ci chiede di padroneggiare due lingue straniere, oltre alla conoscenza della lingua madre, il nostro piano orario prevede pari dignità oraria tra prima e seconda lingua. Inoltre, per la sua importanza, l’insegnamento della matematica è potenziato di un’ora rispetto agli attuali ordinamenti.
Se si vorrà inserire l’insegnamento della religione cattolica, occorrerà decidere, tra seconda lingua e matematica, a chi sottrarre un’ora.
Ogni proposta di percorso tiene conto per quadrimestre della motivazione, di quanto ci si intende impegnare o quanto si presume che ci si possa impegnare, del compito e della variabile tempo in funzione della natura del compito.
A ogni percorso corrisponde un numero x di discipline e un numero x di crediti o di debiti da saldare. I percorsi possono essere scelti, sulla base delle necessità formative dell’alunno, o nella loro struttura standard o combinando parte di un percorso con parte di un altro, per quelle discipline, ad esempio, ove si rendesse necessario il recupero di debiti, modificando così il proprio monte ore annuale. L’Ordinario può essere integrato dal Recupero debiti, senza perdere ulteriori crediti, per le sole discipline carenti. Oppure sempre l’Ordinario potrebbe essere integrato dall’Avanzato, anche questo per una sola parte delle discipline.
Il modello si presta a differenti soluzioni, rispetto a come abbiamo conosciuto la scuola fino ad oggi.
Se solo il nostro sistema scolastico, nella prospettiva del widelife learning, si aprisse seriamente al riconoscimento dei crediti acquisiti all’esterno della scuola, potremmo avere percorsi di apprendimento di minore durata settimanale. Finalmente faremmo qualche passo avanti nel sistema di istruzione integrato, pubblico-privato, uscendo dall’angustia asfittica di un privato che sa solo di confessionale. Ma questo a mio avviso sarebbe già possibile oggi, se le scuole sapessero usare, e di conseguenza far valere, la loro autonomia istituzionale.

Ordinario 5 crediti
Potremmo definirlo come il percorso tradizionale di apprendimento. Per cui è possibile sceglierlo all’atto dell’iscrizione in classe prima e seguirlo regolarmente fino alla terza.
Può anche accadere che per una o alcune discipline non abbia raggiunto tutti i crediti del primo quadrimestre sui cinque standard. Nel tal caso dovrò integrare il mio percorso ordinario con quello “Recupero debiti più cinque crediti”. Ciò significa, che se il mio debito è in lingua italiana, nel secondo quadrimestre dovrò frequentare per otto ore alla settimana le lezioni di questa disciplina, se fosse in matematica sei ore e così via, almeno fino a quando non avrò saldato il mio debito.
Pertanto nel secondo quadrimestre il mio tempo scuola aumenterà delle ore necessarie al recupero delle discipline per il tempo che impiegherò a saldare i miei debiti. Il mio orario settimanale potrà arrivare ad essere di 40 ore, qualora avessi accumulato debiti in tutte le discipline, per tutto il secondo quadrimestre o solo per parte di esso, anche se questa possibilità appare piuttosto remota.

Potenziato a credito variabile
Consente di acquisire già nel primo quadrimestre i dieci crediti annuali in musica, arte/immagine e tecnologia, con il vantaggio di poter disporre nel secondo quadrimestre di un pacchetto di sei ore da utilizzare tutto o in parte per eventuali recuperi di debiti disciplinari. Diventerebbe così, nel secondo quadrimestre, un “Potenziato con recupero debiti”, che noi abbiamo ipotizzato in lingua italiana, matematica e lingue comunitarie. Va da sé che le combinazioni possono essere altre e diverse. Chi non avesse debiti, o ne avesse solo in parte, potrà disporre nel secondo quadrimestre di un orario settimanale più leggero o di un pacchetto di ore che potrà spendere dentro o fuori della scuola.

Recupero debiti + 5 crediti
Il percorso permette il recupero dei debiti senza restare indietro, acquisendo, cioè, anche i cinque crediti previsti per ogni quadrimestre. Può coinvolgere, nel caso peggiore, tutte le discipline, ma nei fatti è possibile che avvenga per una sola parte delle discipline del curricolo. Pertanto il monte ore settimanale del percorso sarà in ogni caso superiore a trenta, ma si presume inferiore a quaranta.
Avanzato 5 crediti + 5 crediti
Può essere definito il percorso dell’eccellenza. Offre la possibilità di concludere il curricolo scolastico con un anno di anticipo a chi lo affronta senza ostacoli, perché i dieci crediti annuali per ogni disciplina vengono acquisiti a quadrimestre. Può essere scelto anche per una sola parte delle discipline, consentendo l’anno dopo di avere un carico inferiore di studio e quindi di frequenza scolastica. In alcuni casi particolari potrà consentire il recupero di un anno, in altri potrà essere frequentato per il recupero di un quadrimestre, in parte o per tutte le discipline.

Un’ipotesi di fattibilità
Abbiamo ipotizzato i nostri percorsi prendendo a riferimento l’attuale secondaria di primo grado, ma credo che una volta compresa la struttura e la finalità sia facile immaginare la loro traduzione nella scuola Primaria e nella Secondaria di secondo grado.
Per la Primaria si tratta di scegliere se organizzare il curricolo in 3+2 o in bienni, il cui ultimo comprenda il primo anno della Secondaria di primo grado, ma al momento non mi sembra una questione dirimente, se non per quanto attiene alla proposta formativa elaborata dalle scuole.
Sul piano organizzativo invece coinvolge la didattica per lo meno nel primo triennio, cioè il graduale avviarsi verso la sistematicità propria delle discipline, ma qui sono in gioco le competenze proprie degli insegnanti di questo ordine di scuola.
Sostanzialmente mi sembra che si possano proporre i quattro percorsi: Ordinario, Potenziato, Recupero e Avanzato, con aggiustamenti del monte ore per disciplina.
Per il Tempo Pieno esso non potrà valere come un percorso Ordinario di 30 ore, le ore aggiuntive dovranno essere riconosciute o come percorso Avanzato o come Recupero debiti più 5 crediti.
Ciò che caratterizza la proposta è il superamento dell’insegnante tuttologo, per tornare al maestro che si specializza per disciplina o per aree disciplinari.
Per le scuole Superiori la proposta resta valida in tutta la sua portata, sarà sufficiente intestare la colonna delle discipline con le materie del liceo o dell’istituto, facendo corrispondere ad ognuna il monte ore, ordinario, potenziato, recupero e avanzato secondo la proposta formativa di ogni singola scuola.

L’organizzazione scolastica
Per quanto riguarda gli spazi, la nostra proposta necessita di due laboratori di lingua italiana, due laboratori di matematica, un laboratorio di storia e geografia, un laboratorio di scienze, un laboratorio di prima lingua, un laboratorio di seconda lingua, un laboratorio di musica, un laboratorio di arte, un laboratorio di tecnologia e una palestra.
A seconda dell’orario del proprio percorso gli studenti si spostano di volta in volta da un laboratorio all’altro, non credo sia difficile prevedere un tempo di cinque minuti per consentire questi spostamenti né impossibile garantire sia la necessaria vigilanza che l’assistenza, almeno fino a quando tutto ciò non entrerà a far parte della normalità sia per i ragazzi che per la scuola.
D’altra parte penso che diverse siano le forme che si potranno adottare per facilitare gli spostamenti degli alunni, specie per i più giovani alle elementari, con l’uso di colori e di opportune segnalazioni. Del resto dovremmo prevedere che i più piccoli, una volta cresciuti e passati alle medie, riterranno tutto ciò normale e senza dubbio privo delle difficoltà iniziali.
Se pensiamo ai nostri quattro percorsi come corrispondenti a quattro corsi completi dell’attuale scuola media sarebbero necessarie dodici aule per ospitare ogni singola classe.
Noi abbiano sostituito le classi con i laboratori e poiché solitamente nelle nostre scuole oltre alle aule ci sono un laboratorio di arte, uno di scienze e forse anche uno di musica, oltre all’aula di informatica che spesso viene usata per tecnologia e alla palestra, ci rendiamo conto che il problema di un uso degli spazi diverso dalla tradizionale classe non si pone, anzi potremmo trovarci con qualche spazio in più a disposizione, che potrebbe consentire una migliore distribuzione degli orari tra i laboratori.
Il nodo vero della nostra proposta sta nelle risorse umane e intendo quelle docenti.
Così formulata, la nostra idea di scuola richiede 120 ore settimanali per l’area italiano, storia e geografia (6 docenti+12 ore). Mentre per l’area matematica e scienze: 93 ore (5 docenti+3 ore). Per la prima e seconda lingua 82 ore (4 docenti+10 ore). Per musica, arte e tecnologia 27 ore ciascuna (1 docente+9 ore), infine per scienze motorie e sportive 22 ore (1 docente+4 ore). Un capitale professionale di almeno 22 docenti, contro i 19/20 di un attuale istituto di scuola media, con quattro corsi completi a 30 ore settimanali.

Se però proviamo a considerare la nostra nuova scuola come se fosse una media attuale in cui funzionano due corsi a tempo normale e due corsi a tempo prolungato, il quadro cambia perché in questo caso avremmo qualcosa di più di 22 insegnanti.
È chiaro che far coincidere un’idea del tutto nuova con una struttura vecchia è impresa pressoché improba. Ma per chi fa i conti della spesa, e mi sembra giusto che sia così perché si tratta di denaro pubblico, è importante sapere che, a prescindere dal merito delle cattedre, la spesa non lieviterebbe, sarebbe a pari costo.
A noi però interessa affrontare le questioni pratiche, perché in questo caso il monte ore insegnanti risulterebbe mal distribuito rispetto alle ore curricolari che abbiamo da coprire. Le 30 ore della cattedra di italiano che ci troviamo in più dovremmo poterle scambiare con le ore che ci sono necessarie per poter coprire tutte le ore da noi previste per le lingue, musica, arte e tecnologia.
Purtroppo l’articolo 6 del DPR n.275 dell’8 marzo 1999 è più morto che vivo, mi riferisco all’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo riconosciuta alle scuole, che però non mi pare particolarmente praticata, ma che a tutt’oggi costituisce l’unica strada praticabile per ottenere, sulla base di un progetto riconosciuto, le compensazioni d’organico necessarie.
Altrimenti, per chi volesse nelle condizioni attuali cimentarsi nello sperimentare la nostra idea di scuola, non resta altro che riportare le discipline ai quadri orari ministeriali, sottraendo le ore che abbiamo assegnato in più a matematica e alla seconda lingua. Inoltre non va dimenticato che il percorso Avanzato da noi proposto è sempre costituito da soli due corsi, o consentendo di terminare la scuola con un anno di anticipo o di recuperare un anno perso. Per le ore che restano eccedenti non si tratta di grandi quantità, per cui possono essere compensate con il fondo di istituto o con le risorse previste per le attività di recupero.

Dalla classe al laboratorio
Chi fa il nostro mestiere conosce bene come la didattica per laboratori, a partire da Dewey, è un’idea che almeno dal secolo scorso attraversa la ricerca educativa per il rinnovamento della pedagogia e della scuola. In Italia ha avuto la sua maggiore espressione nel pensiero di Francesco De Bartolomeis.
È la concezione dell’ambiente di apprendimento come luogo in cui si esercitano non la ripetitività dei saperi, ma la ricerca, il pensiero critico, la creatività e la produzione. Obiettivi che possono essere perseguiti solo organizzando la scuola come una struttura a laboratori, con una gestione degli spazi e dei tempi nella massima flessibilità. Il gruppo classe viene superato e sostituito da gruppi mobili, preferibilmente eterogenei al proprio interno. L’insegnante assume la funzione prevalentemente della regia, di guida e di supervisione.
La tradizione migliore della didattica attiva ha individuato nel sistema dei laboratori non un accompagnamento estemporaneo delle attività scolastiche, ma l’ossatura della scuola stessa.
Quest’idea ha segnato uno dei momenti più innovativi della nostra recente storia dell’educazione, quella stagione tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso che tanto contribuì a dare contenuto metodologico al tempo pieno e che indicò nuove vie da percorrere ai servizi educativi territoriali.
È questa riflessione che ci rende difficile pensare che non ci sia una sostanziale differenza tra uno spazio concepito essenzialmente come contenitore di banchi e di alunni, da uno spazio predisposto come luogo di un sapere agito.
Nelle nostre classi attualmente si celebrano indifferentemente tutte le materie. Al contrario, il laboratorio potremmo definirlo come un ‘luogo dedicato’, che difficilmente corre il rischio di tradursi in un ‘non luogo’.
Cosa significa ‘luogo dedicato’? Non è difficile da comprendere, se pensiamo, ad esempio, alle biblioteche. Una biblioteca è concepita per contenere migliaia di volumi e i modi della loro fruizione.
Perfino la palestra è un luogo dedicato, uno spazio che contiene sia gli attrezzi necessari alle attività ginniche, sia lo spazio per poterle esercitare.
Né la biblioteca, né la palestra li definiamo laboratori, ma nei fatti lo sono molto più delle nostre classi, perché in essi si agisce e si produce con un obiettivo specifico, che altrove non potrebbe essere realizzato.
La classe è il luogo della lezione, della trasmissione dei saperi e da questo punto di vista è totalmente indifferente, ora dopo ora, il succedersi delle lezioni.
Il laboratorio è il luogo degli artefatti, contiene gli strumenti per produrli e per questo non può che essere dedicato al suo specifico compito. È il luogo dove i saperi non si ascoltano solo, ma con essi ci si esercita e ci si addestra, attraverso processi trasformativi intenzionali, appunto gli artefatti, i prodotti di quel sapere che permettano di misurare le competenze, prodotti concreti che possano essere mostrati, discussi, esaminati, sondati e ammirati.
Nella classe si succede di tutto, nel laboratorio avviene qualcosa, qualcosa di specifico con la funzione per cui è stato pensato, c’è coerenza tra il mio agire e lo spazio in cui agisco, nel laboratorio si procede per livelli di addestramento e nel mio fare ho la dimostrazione diretta della competenza raggiunta.
Quel livello raggiunto è il credito che la scuola mi riconosce, è la tappa che sul mio percorso di apprendimento di questa o quella disciplina ho già conquistato.

Conclusione
Mi rendo conto che per generazioni cresciute con un’unica idea di scuola sia difficile concepire la possibilità che ne possa esistere un’altra, per di più senza storia e senza riscontri pratici sulla sua fattibilità, convenienza ed efficacia. È sempre troppo rischioso abbandonare le nostre certezze per rincorrere le idee di un improvvisato visionario di questioni di scuola.
Eppure se ho scritto, se ho cercato di misurarmi con una materia così difficile e rischiosa, è perché penso che non sia più rinviabile la nostra responsabilità di adulti, in particolare di chi la scuola la conosce, di offrire ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze una scuola migliore, per loro, per il loro futuro, perché l’avventura dell’apprendimento e del sapere sia sempre una esperienza meravigliosa, non mortificante, ma semmai entusiasmante. E se la scuola continua ad essere sempre la stessa, pressoché identica a quella da noi frequentata alla loro età, questa scuola certo non può essere la migliore.
A me questa scuola è sempre stata stretta, non è mai piaciuta, né da studente, né da insegnante, neppure da dirigente.
Dirò anch’io come Condillac a proposito della sua statua. Credo che i lettori che si metteranno esattamente al mio posto non faticheranno a capire quest’opera; gli altri mi opporranno difficoltà innumerevoli.

Leggi la Prima Parte

Master sulla comunicazione ambientale

Era da tempo che pensavo fosse bello fare una iniziativa di approfondimento della comunicazione ambientale. Per anni in cui ho lavorato nel settore dell’acqua e dei rifiuti mi sono reso conto che tanta superficialità, tanta indifferenza e anche tanta diffidenza hanno spesso impedito lo sviluppo di una cultura verso la sostenibilità. Troppi professionisti del no e troppi eco furbi, come spesso ho detto, hanno inquinato dei sani principi ambientali.  Così dopo aver studiato le scienze della comunicazione e della informazione mi sono proposto come promotore di un master. Il Magnifico Rettore Zauli mi ha dato fiducia e i professori Zerbini e Poletti, che ringrazio, un grande supporto. Poi tanti professori mi hanno aiutato tra cui Masino, Vagnoni e Verlicchi e tutti altri che hanno dato la loro disponibilità e realizzato il programma: i professori Alietti, Alvisi, Baravelli, Bracci, Caleffi, Cavazzini, Fazioli, Franchini, Guidi, Maltoni, Mazzanti, Pasti, Scandurra, Schippa, Spinozzi e Tasso, Una grande squadra di qualificati professori che hanno costruito il master di primo livello di cui vorrei parlarvi.
E’ così nato il Master sulla Comunicazione Ambientale (Green Comunication’s Manager)
L’Università di Ferrara infatti promuove un Master di I livello da 60 crediti dal titolo “Esperto di Comunicazione Ambientale, Etica della Comunicazione per un’etica ambientale”
Il master si pone l’obiettivo della formazione di figure professionali competenti sulle problematiche dell’ambiente e in grado di fare comunicazione ambientale che generi cultura dell’ambiente nella società. Viene tenuto in prevalenza da professori strutturati oltre ad esperti riconosciuti.
L’obiettivo è mantenere alta la sensibilità e la domanda di sostenibilità e qualità sui servizi pubblici ambientali e più in generale sull’ambiente. E’ importante poter dialogare informando, facendo conoscere i pro e i contro di ogni soluzione tecnica e gestionale, coinvolgendo sugli obiettivi e sui principi e ricercando la collaborazione dei cittadini affinché le soluzione proposte possano essere accettate, i servizi possano essere utilizzati nel modo migliore e le modalità di informazione siano percepite, diffuse e corrette soprattutto nei servizi pubblici ambientali acqua e rifiuti.
Si tratta di un Master interdisciplinare (Facoltà di Studi Umanistici, Economia, Ingegneria e altre) incentrato sui temi di economia e management ambientale, sostenibilità e comunicazione; organizzato come corso di studio a distanza, con anche possibilità di attività didattica in presenza (incontri, seminari e laboratori, stage e/o project work) e in cui sono previste anche attività didattiche a distanza.
programma di riferimento, organizzato in quattro moduli:
A- Comunicazione pubblica, politica, ambientale, etica ambientale 21 crediti
B- Economia e Legislazione dei servizi pubblici ambientali 16 crediti
C- Il valore dell’Acqua e il ciclo integrato dei Rifiuti 19 crediti
D- Project work 4 crediti.
Per maggiori informazioni: http://www.unife.it/masters/eca
Per info e pre-iscrizioni: seaeventi@unife.it

La terra: il nuovo affare delle mafie, più facile della droga

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La terra come nuovo business delle mafie, più facile e meno pericoloso rispetto alla droga: è il sistema dei “Fondi rubati all’agricoltura”, raccontato da Alessandro Di Nunzio e Diego Gandolfo nella loro inchiesta vincitrice del Premio Roberto Morrione 2015, dedicato alla memoria del grande giornalista Rai fondatore di LiberaInformazione e riservato ai giornalisti under 31.
Per anni la terra è stato un simbolo di potere della criminalità organizzata, che ora torna alle origini perché si è resa conto che è anche un affare da miliardi di euro.
Cinquanta miliardi di euro: sono i fondi europei destinati all’Italia dalla Pac, la Politica agricola comunitaria, cinque dei quali solo per la Sicilia. Attraverso l’Agea (agenzia per le erogazioni in agricoltura) l’Europa, per un terreno di proprietà o anche solo preso in affitto, arriva a elargire oltre 1.000 euro per ettaro, perciò più terreni uguale più soldi. Ed ecco che, scorrendo la lista dei beneficiari dei fondi, Diego e Alessandro hanno trovato il nome di Gaetano Riina, fratello del noto boss Totò. Leggendo la normativa hanno individuato falle che possono essere sfruttate dalle organizzazioni criminali, come per esempio “i meccanismi di autocertificazione del possesso dei terreni e la mancanza dei poteri dei Centri di assistenza agricola per poter effettuare controlli efficaci”, sottolinea Alessandro Di Nunzio. Noti esponenti della criminalità organizzata o i loro famigliari hanno incassato i fondi per anni, perché i controlli antimafia sono previsti solo per i contributi superiori a 150 mila euro, perciò basta fermarsi sotto quella soglia per evitare fastidiose verifiche. In cinque mesi e mezzo di lavoro in Sicilia, Alessandro e Diego hanno raccolto anche le storie di tanti proprietari che al momento della richiesta di contributi hanno scoperto inesistenti atti di compravendita a personaggi locali della criminalità organizzata o a loro prestanome. Oppure si possono dichiarare come agricoli terreni che non lo sono: quelli dell’aeroporto di Trapani hanno fruttato più di tre milioni di euro.
Fondi che vengono rubati due volte: la prima perché non vanno al sostegno dell’agricoltura, ma spesso vengono reinvestiti in tutt’altri settori, come per esempio il cemento; la seconda perché per la Corte dei conti ormai due terzi dei fondi sono diventati impossibili da recuperare, dato che il meccanismo va avanti da talmente tanto tempo che il reato è andato in prescrizione.

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Alessandro Di Nunzio

I giovani imprenditori agricoli del siracusano e del catanese come Emanuele e Sebastiano però non ci stanno, si rifiutano di abbandonare la loro terra e subiscono perciò minacce e intimidazioni. Accanto a loro lotta Giuseppe Antoci, il Presidente del Parco naturale dei Nebrodi, la più vasta area protetta della Sicilia, che ha bloccato le assegnazioni dei terreni e ha iniziato a richiedere il certificato antimafia agli affittuari e per questo pochi mesi fa ha subito un attentato, per fortuna senza conseguenze. E poi i sindaci dei comuni, come Fabio Venezia, primo cittadino di Troina, che ha deciso di alzare i canoni di affitto dei poderi demaniali, concessi da anni a prezzi stracciati e sempre alle stesse famiglie.
Abbiamo intervistato Alessandro Di Nunzio sabato mattina, mentre era a Ferrara per partecipare all’incontro “Legalità e Lavoro: Fondi rubati all’Agricoltura”, il primo appuntamento della Festa della Legalità e Responsabilità 2016.

Perché tu e Diego avete pensato a un’inchiesta sui fondi comunitari europei per il settore agricolo?
Perché l’agricoltura è il settore destinatario del maggior numero di fondi europei, intendo proprio come somme di denaro, ma nonostante questo è in ginocchio. Proprio lavorando alla nostra inchiesta in Sicilia abbiamo toccato le difficoltà degli agricoltori, che non ce la fanno. Quindi è ancora più disarmante che poi gli aiuti vadano a finire nelle mani sbagliate, quando si potrebbe utilizzarli al meglio per chi fa davvero agricoltura.

Come funziona il sistema di sottrazione dei fondi?
Quella dei Nebrodi è una nuova mafia rurale che attraverso contratti falsi oppure ottenuti con la violenza e l’intimidazione si accaparra i finanziamenti della Pac, la politica agricola comune europea: un affare che vale 50 miliardi di euro per l’Italia, 5 solo in Sicilia.
La Pac si articola in due tipi di interventi, uno sono i Piani di sviluppo rurale che vengono co-finanziati da Europa e Regioni e la cui gestione è affidata a queste ultime, l’altro sono i contributi diretti, finanziati interamente dall’Europa, che li distribuisce in Italia tramite Agea. Sono mirati a un generico sostegno al reddito dell’agricoltore, non devono essere giustificati, vengono calcolati in base all’estensione e al tipo di terreno che si possiede: ciò significa più terra più soldi. Ecco perché la criminalità cerca di accaparrarsi quanta più terra possibile: per ottenere più aiuti possibile. L’accaparramento avviene firmando contratti di affitto veri sotto minacce: noi abbiamo visto contratti firmati per veramente poche decine di euro per ettaro. Poi ci sono contratti di proprietà o usucapione falsi o gli accordi verbali, difficili da verificare perché per un agricoltore solo è difficile dire di no a un boss. Oppure ancora si dichiarano come agricoli terreni che in realtà non lo sono, come quelli dell’aeroporto di Trapani o dell’Arcidiocesi di Agrigento.

Esiste anche un problema sul versante dei controlli
Certo, i controlli sono veramente molto blandi perché sono demandati ad Agea, che non ha potere investigativo, sono controlli a campione e quelli effettuati in loco riguardano al massimo il 5% delle aziende.

I fondi sono rubati due volte perché, come voi spiegate nella vostra inchiesta, molte somme non si possono recuperare perché il reato riguarda annate cadute ormai in prescrizione e poi perché nella maggior parte dei casi questo denaro non viene usato per l’agricoltura, ma per altri scopi.
Esatto, questi terreni affittati per poche decine di ettaro ne fruttano centinaia, ma spesso non vengono nemmeno coltivati. Nella provincia di Caltanissetta un terreno di 300 ettari negli anni ha ottenuto quasi un milione di euro di fondi europei: soldi reinvestiti prevalentemente nel cemento. Ma c’è di più, in questo podere ha passato parte della propria latitanza Bernardo Provenzano. La Commissione Europea ha quindi finanziato un posto dove si è nascosto Bernardo Provenzano.
Questi sono soldi rubati all’agricoltura perché non vengono investiti nella terra e perché non arrivano nelle mani degli agricoltori.

Agricoltori come Emanuele e Sebastiano, intervistati durante il vostro lavoro in Sicilia, che subiscono oltre al danno la beffa di un sistema di finanziamenti che non va comunque alla radice dei problemi del settore agricolo italiano.
Il problema dell’agricoltura è la merce non piazzata al giusto prezzo, perché purtroppo la politica comunitaria per quanto riguarda l’agricoltura è fallimentare, soprattutto per i paesi mediterranei, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Ci sono pratiche aberranti che sono state portate avanti per anni, come la vendemmia bianca: per calmierare il prezzo dell’uva si incentivava l’agricoltore a potare il vigneto e a non fargli fare il raccolto, è un paradosso. Oppure è capitato che in Sicilia venissero dati contributi per sradicare e poi reimpiantare nuovi vigneti, impiantati secondo le mode: ciò significa che una volta passata la moda, quel vigneto varrà un terzo, ma soprattutto in questo modo si sono persi vitigni autoctoni, radicati in quei territori da secoli. Anche qui un doppio danno. La tragedia è che ormai gli agricoltori vogliono abbandonare la terra e per questo la svendono.

Voi nella docu-inchiesta avete parlato della Sicilia, tu però sei originario di Foggia. Credi che anche nella tua Puglia succeda qualcosa di simile?
So per certo che una cosa che accade anche in Puglia, qualcuno della provincia di Foggia mi ha anche fatto segnalazioni. Ma accade sicuramente anche in Calabria, in qualche paese del centro-nord e in altri paesi dell’Unione Europea. Il problema non sono la Sicilia o la Puglia, il problema è che è troppo facile farlo, è un sistema che non funziona: non può essere che dimostrando semplicemente la conduzione del terreno prendi i soldi come se fosse un’elemosina. Non essendoci controlli è chiaro che si creino distorsioni, in più in territori dove ci sono organizzazioni criminali forti è ovvio che ne sappiano approfittare. Bisogna togliere le condizioni per la creazione di queste truffe.

Dal vostro lavoro non emerge un’immagine lusinghiera delle istituzioni, c’è però chi il suo lavoro lo fa: il Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, vittima prima di minacce e pochi mesi fa di un violento attentato, per fortuna senza conseguenze.
Giuseppe Antoci ha iniziato a occuparsi del problema, ha rotto il meccanismo e per questo hanno sparato alla sua auto mentre tornava a casa. Antoci ha capito che la normativa è blanda e ha detto “Ci organizziamo da noi”, creando un protocollo di legalità firmato con il Prefetto di Messina e i sindaci dei comuni del Parco e chiedendo la certificazione antimafia a tutti coloro che partecipano alle assegnazioni dei terreni e dei fondi. Ora sembra che questo protocollo si stia allargando a tutta la Sicilia: ha centrato il punto, è chiaro che tentino di ammazzarlo. Possibile che a muoversi sia il Presidente del Parco dei Nebrodi, oppure noi che denunciamo il fenomeno con la nostra inchiesta, e non il viceministro delle politiche agricole Andrea Oliviero? Quando lo abbiamo intervistato la sua risposta è stata “sono certo che c’è un ufficio che se ne sta occupando”. Se non lo affronta lui problema delle agromafie, chi lo deve fare? Non si può dire che se abbassi la soglia di contributi per richiedere la certificazione antimafia da 150 mila a 80 mila euro, poi la criminalità si organizza. Possiamo iniziare a complicargli un po’ la vita o no? L’Istituzione è connivente perché non sta facendo ciò che ha fatto Antoci, che ha dimostrato che una soluzione c’è.

Il vostro lavoro è stato ripreso prima da Presa Diretta di Iacona e pochi giorni fa dalla Iene. Come è stato vedere che chi è già professionista dell’informazione occuparsi di un tema che voi per primi, giovani under 30, avevate affrontato?
È stata una grande soddisfazione professionale per aver centrato un tema di cui evidentemente c’era la necessità e l’urgenza di parlare. Ma soprattutto è stata una grande soddisfazione perché abbiamo potuto dare ancora più visibilità alle storie degli agricoltori che si vedono nel documentario.

Siete rimasti in contatto con questi agricoltori? Com’è la situazione ora lì per loro?
Sì, siamo rimasti in contatto con loro: hanno un coraggio da leoni e venderanno cara la pelle. Soprattutto perché cominciano a intravedere qualche effetto della visibilità: due settimane dopo la nostra inchiesta, alcuni dei soggetti di cui parliamo sono stati messi ai domiciliari. Si sono messi in contatto fra di loro e forse creeranno un’associazione per difendere le loro terre: noi abbiamo innescato una scintilla, ma loro si sanno difendere da soli. E poi ci sono gli uomini delle Istituzioni come Giuseppe Antoci che stanno cercando di dare la batosta finale a questa situazione.

Guarda il trailer dell’inchiesta

Mensa scolastica, Ferrara la più cara in Italia.
L’eccezione? A Fondoreno

Non si spegne la polemica suscitata dalla sentenza del Tribunale di Torino sul diritto degli studenti di portarsi il pranzo da casa. Ecco una soluzione alternativa proposta da un gruppo di genitori di Fondoreno.

Gli italiani, popolo di santi, poeti e giudici. Chi non si sente, infatti, nel pieno titolo di commentare, criticare, avvallare quella tal sentenza che tanto fa discutere? Questo senza aver letto minimamente il testo della stessa. Bastano due titoli sensazionalistici, che della sentenza riprendono tuttalpiù la massima principale, per dar vita a discussioni che dal nocciolo della verità si allontanano sempre più. Recente esempio di questa pratica nazionale è la sentenza 1049 del giugno 2016, emanata dal Tribunale di Torino ad accoglimento del ricorso presentato da un folto gruppo di genitori che chiedevano il diritto, per i propri figli, di poter consumare il proprio pasto casalingo in un clima di condivisione con i propri compagni e negli stessi spazi adibiti a mensa. In definitiva, quella che per i più è la ‘sentenza del panino’ non afferma altro se non che la mensa scolastica è un prezioso servizio pubblico, facoltativo e non obbligatorio, a cui un genitore, per i motivi più disparati, che vanno dalle precarie condizioni economiche a personali convinzioni gastronomiche, ha diritto di rinunciare.

Tale diritto di rinuncia però non deve comportare alcuna discriminazione per il bambino che si porta il pranzo da casa: non deve essere tenuto in una classe a parte e consumare il pasto in solitudine (come spesso accade), né i genitori sono tenuti ad andarlo a riprendere all’ora dei pasti per poi riportarlo a scuola per le lezioni pomeridiane. Quest’ultima soluzione poi non è assolutamente praticabile. Dice infatti il Tribunale di Torino: “Essendo, invece, obbligatoria la presenza a scuola durante la pausa pranzo, in assenza del diritto di scelta vantato dagli appellanti essa si porrebbe in contrasto con la natura di servizio non obbligatorio a domanda individuale della refezione scolastica dovendosi escludere l’alternativa costituita dal digiuno. Ciò si risolverebbe nella violazione dei generali principi di libertà individuale e di eguaglianza di tutti gli studenti in connessione con il diritto allo studio, da ritenersi lesi da parte di un sistema che impone, quale unica soluzione, di allontanarsi dalla scuola per sottrarsi ad un servizio pubblico non obbligatorio”. Sancisce quindi il Tribunale che: “Vi sarebbe, quindi, la mancata protezione del diritto al lavoro dei genitori nonché violazione dell’art. 35 della Costituzione, del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 e di gratuità dell’istruzione inferiore di cui all’art. 34 per effetto dell’imposizione della mensa comunale e del relativo costo, cioè di un servizio che dovrebbe essere facoltativo”. Il “tempo mensa” quindi, rientra nell’esercizio di un diritto soggettivo perfetto: rimanere a scuola anche durante la consumazione dei pasti è dunque un diritto, ma il dover usufruire della refezione scolastica non può diventare un obbligo.

In definitiva si è partiti dalla constatazione che il diritto di scelta non può diventare motivo di discrimine. Applicato ad altri ambiti sarebbe stata una verità sacrosanta, applicato alla mensa, seguita dall’aggettivo “pubblica”, ha provocato un marea di critiche. Perché se è vero che il primo detrattore dello Stato italiano è il cittadino italiano, toccare il servizio pubblico mina ancora le certezze di tantissimi concittadini. Da una recente ricerca di Cittadinanzattiva sul “caro mensa”, a livello regionale svetta l’Emilia-Romagna, con una spesa media di oltre mille euro l’anno, a cui fa da contraltare la Calabria, con circa 500. Fra i capoluoghi di provincia Livorno e Ferrara occupano il primo posto delle città più care, con 128 euro di retta media mensile. Ed è proprio da Ferrara che nasce l’esempio virtuoso del “Comitato gestione mensa scuola elementare di Fondoreno”, organizzazione no profit, che organizza e gestisce la mensa scolastica della scuola elementare statale “F.De Pisis”.

Unica realtà di mensa autogestita nella provincia di Ferrara, il Comitato è formato, per statuto, da un rappresentante per ogni classe, un rappresentante dell’Istituzione Scuola e da un rappresentante del Comune di Ferrara (attualmente l’Assessora Annalisa Felletti). In collaborazione con l’amministrazione comunale e il provveditorato agli studi, il Comitato di Fondoreno, con una retta unica di 95 euro, grazie all’instancabile lavoro dei genitori volontari, fornisce 95 pasti giornalieri, compresa la merenda, per gli alunni della scuola elementare, preparati da una cuoca e un aiuto cuoco regolarmente assunti. Non solo: grazie a una costante opera di autofinanziamento (mercatini di solidarietà e laboratori) il Comitato riesce anche a sostenere, grazie alle donazioni, importanti investimenti per la scuola, come l’acquisto di materiale didattico e attrezzatura scolastica. Maurizio Rossetti, uno degli storici fondatori ne parla con visibile orgoglio: “Nel 1977 la scuola di Fondoreno era costituita da sole tre pluriclassi, a cui venne aggiunta una sezione di scuola materna con mensa interna. Nel tempo la scuola materna venne accorpata a quella che, nel frattempo, era sorta a Cassana. A Fondoreno si erano costituite tutte le 5 classi elementari e, visto che era stato approvato, in via sperimentale per due anni, il modulo del “tempo pieno”, noi genitori chiedemmo all’amministrazione comunale di poter usufruire del servizio mensa. Si è trattato di un passaggio graduale che ha portato, a metà degli anni Ottanta, alla costituzione di un vero e proprio comitato di genitori, dotato di statuto.

“Negli anni 2000 il Comitato è diventato invece un soggetto fiscale a tutti gli effetti, dotato di un proprio statuto costitutivo e partita Iva”, gli fa eco Alessandro Pellegrini, presidente del Comitato: “La vera forza del Comitato sta nell’opera dei volontari. Dal disbrigo delle pratiche burocratiche ai contatti con i fornitori, tutto è curato da noi volontari che crediamo fortemente in questo progetto. Puntiamo alla qualità dei prodotti, privilegiando quelli a km 0 e biologici, e al contenimento degli sprechi. Sicuramente, in questo, siamo avvantaggiati dal fatto che, gestendo una realtà piccola, possiamo curare al massimo i rapporti umani e dare spazio alle esigenze di tutti. L’amministrazione comunale ha sempre dato massima disponibilità nell’accogliere le nostre richieste, anche perchè riconosce in noi non solo la volontà di fornire un servizio di qualità, ma ne vede anche i risultati tangibili”. “Lo abbiamo scritto anche nel nostro statuto – dice Maurizio Rossetti – i genitori possono venire quando vogliono a controllare o a consumare un pasto nella mensa dei propri figli. E nessuno fino ad ora si è mai lamentato”.

Nell’orto dell’ideologia non nascono i fiori.
riflessioni a margine sui fatti di Gorino

Non so se c’è una Casa del Popolo a Gorino, a Goro certamente sì. Negli anni Settanta – quelli che posso ricordare personalmente – era lì che pescatori, braccianti, operai (forse qualche raro studente) andavano a discutere la crisi imminente del capitalismo; era lì che ogni giorno trovavano il loro senso della vita e i loro momenti di svago. Un bar affumicato e affollato dagli uomini del paese al piano di sotto, scale esterne per salire al piano di sopra in una sala vuota e grande che aveva un piccolo tavolo per il relatore e molte sedie, che venivano occupate da poche persone assonnate – perché i giovani non ne vogliono più sapere… Erano più o meno così le Case del Popolo, un luogo di socialità, quando i mezzi di comunicazione odierni non esistevano, quando l’isolamento geografico di molte zone rurali aumentava le difficoltà nel contatto umano e culturale con il mondo.

Era lì che il mondo si divideva nettamente in due parti: i buoni e i cattivi, come nelle vecchie aule delle scuole elementari, ma lì solo i buoni erano presenti, i cattivi restavano fuori. Anche al bar si discuteva animatamente ogni sera, ma nella sala di sopra i compagni si ritrovavano in una specie di rosario in cui i mantra contro il capitale scandivano le tappe di un discorso sempre uguale. Rabbia e speranza, fiducia e fatica e delusione, “perché i giovani non ci credono più”. La crisi del capitalismo che avrebbe fatto crollare il mondo e generato un nuovo mondo dei giusti – di pace, di lavoro e libertà – tardava a palesarsi.

Molte persone per bene che lavoravano pensando che un giorno la crisi avrebbe travolto i padroni e dato ragione alle loro speranze di palingenesi. Persone per bene che alimentavano il loro senso di identità dividendo il mondo in due. Loro erano parte di una comunità chiusa, sostenuta dalla convinzione di essere dalla parte giusta.
Allora di globalizzazione non si parlava e neppure di migrazioni. E la solidarietà scaldava i cuori e si manifestava dentro i confini di un gruppo di uguali: uomini provati dalla dura fatica quotidiana, come in altri piccoli paesi confinati nel nulla. Sentimenti di abbandono e rivolte e un po’ di aiuti in una provincia come Ferrava che fronteggiava il dramma del sottosviluppo e uno spirito di separazione alimentato dall’isolamento geografico. Una comunità di uguali, perché tutti vivevano la stessa condizione di povertà. Una comunità si nutre di certezze; chiude i confini, si difende e attacca, riconosce solo i propri membri, è ostile a tutti coloro che ad essa non appartengono.

Tutta la sicurezza consolatoria alimentata in anni di tenace lavoro dei militanti del PCI non ha prodotto – né poteva produrre – consapevolezza del cambiamento in atto, non poteva produrre cultura – perché la cultura è laica – né poteva produrre un’idea di futuro utilizzabile per migliorare il mondo. La globalizzazione richiede altre categorie di analisi, uno sguardo lungo ai processi irreversibili che l’accompagnano, la capacità di distinguere ciò che si può migliorare e ciò che non può essere contrastato. Un messaggio fondato su credenze, che assumeva un’ipotesi infondata di futuro, non poteva produrre crescita culturale e nemmeno emancipazione (termine ricorrente al tempo), ma solo comunità incapaci di vedere che il mondo è diventato grande, ampio, talvolta spaventoso, altre volte sfidante e, talvolta, persino migliore. E forse questa è la cosa più difficile da accettare. Resta qualcosa di quella visione del mondo, resta lo spirito di isolamento che plasma identità perdenti, alimenta la nostalgia, resta un’idea di solidarietà chiusa nel proprio gruppo di appartenenza.