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Un recente intervento apparso su queste colonne di Mauro Presini [Vedi qui]  ha cercato di fornire elementi di orientamento nel frangente politico che stiamo vivendo, a partire dal grande tema filosofico, antropologico ed economico delle diseguaglianze, e della lotta contro di esse come tensione fisiologica, almeno in teoria, delle democrazie evolute.

Il campo di battaglia di tale lotta trova nella Costituzione italiana una chiara definizione perimetrale in quei diritti fondamentali – come il lavoro, la salute, l’istruzione – l’accesso il più possibile paritetico ai quali, a prescindere da sesso, etnia, condizione sociale, costituisce il più sicuro indice di democrazia sostanziale.

Più tutto questo è vero, più risalta l’umiltà dei membri dell’Esecutivo da poco dimissionario, i quali – in quelle che dovrebbero essere le sfere d’azione eminenti di un governo democratico – hanno dissimulato la loro natura di “migliori” ammantandola di una inazione prodigiosa.

Non ci sono, però, riusciti fino in fondo: proprio in extremis, la loro ‘miglioraggine‘ è venuta fuori con il parto, nell’orizzonte dell’istruzione, della figura del cosiddetto ‘docente esperto’

Il Governo dei Migliori, insomma, ha generato i Migliori tra i docenti.

Non riuscendo a credere a quel che leggevo in proposito sui resoconti di stampa, sono andato a spulciare la norma nel dettaglio.

Ebbene, confermo che essa produrrà i suoi effetti, a meno di qualche comprensibile ritardo, nel 2032.

Ci separano da questo fausto momento almeno due legislature, un numero imprecisato di governi e quattro Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. Ennio Flaiano, forse, ci rassicurerebbe dicendo che il provvedimento è dunque grave, ma non serio.

Da molte parti si è peraltro già obiettato che l’adozione di una misura che produrrà i suoi effetti a partire dal 2032 per decreto legge – ovvero un tipo di provvedimento che, per sua natura giuridica, si giustificherebbe solo in casi di necessità e di urgenza – costituisce una forzatura senza precedenti.

Quisquilie, per il Governo dei Migliori.

Altri hanno rilevato che definire per decreto che solo 32.000 docenti possano essere qualificati come “esperti” (non esperti di qualcosa in particolare, ma esperti come docenti) costituisce un’implicita stigmatizzazione di tutti gli altri, con tutte le conseguenze di mortificazione e demotivazione che la cosa avrebbe in particolare verso quella percentuale – non trascurabile – di insegnanti che in questi anni ha consentito al carrozzone della scuola, ripetutamente danneggiato e depauperato dalle politiche educative, di andare in qualche modo avanti.

Per i Migliori al governo, pinzillacchere. Sanno fare anche di meglio.

Infatti, lo hanno già fatto.

In primo luogo, per quanto riguarda la destinazione di un assegno “ad personam” legato non a differenziazioni di ruolo o di funzioni, ma a determinati profili di qualità riconosciuti, con l’obbligo però che tali profili non siano posseduti da più di 32000 docenti contemporaneamente.

Voi non credete, infatti, che chi pur possedendo i requisiti qualitativi richiesti venisse escluso dal riconoscimento giuridico ed economico di essi ricorrerebbe in tutte le sedi opportune contro un provvedimento chiaramente discriminatorio? Io credo di sì. E credo anche che vincerebbe molto facilmente, a meno che anche nel frattempo non venga ‘migliorata’ anche la Magistratura.

Parliamo, poi, della durata del percorso formativo richiesto: quasi dieci anni (ovviamente dopo la laurea, le varie scuole di specializzazione, ecc.), immagino più tempo di quanto serva per divenire cardiochirurgo infantile ad Harvard.

Di fatto, una simile durata esclude tutti quelli sufficientemente vicini alla pensione da non poter arrivare a godere degli eventuali benefici, o di poterne godere per un periodo limitato, tale da non giustificare l’investimento di tempo e risorse richiesto, nonché i rischi dell’impresa.

A mio modo di vedere, sono tendenzialmente esclusi dalla ‘docenza esperta’ gli insegnanti ultracinquantenni. Peccato che essi costituiscano la maggioranza del corpo docente, come ci ricorda anche Il Sole 24 ore, in questi giorni così solerte a spezzare lance in favore del ministro Bianchi.

Così, il provvedimento promuove di fatto un insensato testacoda generazionale, nel quale – in assenza di qualunque bilancio delle competenze realmente in gioco negli uni e negli altri – i meno esperti riceveranno lo status di esperti, negato invece ai più esperti.

Forse è prevalso nei Migliori un afflato evangelico? “Gli ultimi saranno i primi”. Certo, bisognerà che ne siano provvisti, magari per decreto, anche i poveri vecchi ‘inesperti, i quali dovranno porgere l’altra guancia e non lasciare che l’ingiustizia e la mortificazione subite scatenino in loro quei risentimenti e quelle cadute di motivazione sviluppate di norma dagli esseri umani in siffatte circostanze. E pensate che cosa potrebbe succedere nei prossimi dieci anni se costoro (più della metà del corpo docente in servizio) cedessero a questi umanissimi particolarismi.

Ma anche dal punto di vista dei privilegiati infracinquantenni, la situazione non è affatto chiara. Infatti, il congegno sembra essere un po’ quello della lotteria: attrarre i molti nel percorso di formazione – o in un meccanismo di  competizione divisiva – con il miraggio di un premio riservato a pochi. Ma più è alto il numero dei concorrenti, più aleatoria è la possibilità di vincita, più concreto è il rischio di un investimento decennale di tempo, energie e risorse senza alcun ritorno.

Ritorno che, poi, potrebbe mancare anche per i vincitori della lotteria, a causa semplicemente della lunghezza del percorso previsto, del fatto che gli interventi legislativi sulla scuola negli ultimi decenni sono molto frequenti, che le volontà politiche cambiano e le relazioni sindacali bene o male ancora influiscono.

Oppure, a causa del meccanismo di attribuzione dei premi, che – pare di capire – si basa sul numero chiuso a livello delle singole istituzioni scolastiche, col vincolo – per i premiati – di rimanere nella scuola presso la quale siano stati riconosciuti ‘esperti’ per almeno tre anni.
Ma prima? Tutti i partecipanti alla lotteria che sentissero di avere poche opportunità nell’istituzione scolastica di appartenenza, in base ai criteri che via via saranno esplicitati, cercheranno di spostarsi in altre nelle quali le prospettive appaiano migliori e la concorrenza meno agguerrita. Questo aumenterà, inevitabilmente, l’alea della competizione, col rischio di vedersi scavalcati magari all’ultimo giro. Per tacere, per carità di patria, del fatto che si tratterà di un gigantesco incentivo alla mobilità, ovvero all’ulteriore – forse finale – destabilizzazione delle istituzioni scolastiche.

Ci sarebbe ancora da dire, ma quello che si è fin qui evidenziato basta e avanza a qualificare, con ricchezza di argomentazioni, la misura in questione con due soli aggettivi: assurda e grottesca.

Sì, sono senz’altro i migliori. Ma si son dimenticati di esplicitare in cosa.

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Alessandro Teja

Alessandro Teja è nato nella realtà ma è presto migrato nella fantasia, dove vive tuttora. Per questo ha deciso diversi anni fa di lavorare in un liceo: non deve allontanarsi molto da casa.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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