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C’è un dolce povero della tradizione contadina che è ancor oggi presente sulle nostre tavole. Tipico di questo periodo dell’anno ha varie denominazioni a seconda della località: frappe, frappole, chiacchiere. Dalle nostre parti vengono chiamati crostoli o ancor meglio grùstal, in dialetto.
Il testo del nostro autore, quasi una appetitosa ricetta in rima, è tratto da una sua antologia I culór dla mié tèra che già nel titolo manifesta, oltre al vernacolo, l’attaccamento e l’affetto per le proprie radici.
(Ciarìn)

Grùstal

J’è na spèzia d’un dólz tradizionàl
pr i dì ‘d Craηvàl.
Roba da póch, uη quèl quaś da puvrìt,
ch’al s’magna frit.
Prima as agh fa ‘n impàst com una spóia
par chì n’à vóia.
L’as tira e po’ as in tàia dill pzulìη
mo fini fiη.
Coη la sprunèla iη luηgh ill vieη rigà
e po’ iηcruśà
e is mét int l’oli o strùt iη cal mumént
quand l’è buiént.
I s’prila dó, tré volt coη la ramìna
int la padlìna.
Quand is è alvà, j’è rosa e iη canta più
i s tira su.
S’la carta źala dop i viéη sculà,
iηzucarà.
I s’tòl ancora cald e i s’gusta ad paca
strazabisàca.
I diś ch’j’è mèi tucià ‘d pana muntàda.
L’iv mai pruvàda?
E chi s’iηgòsa, al manda źó uη lumìn
d’uη bichiér ‘d vin.

 

Crostoli (traduzione dell’autore)

È il dolce, si può dir, tradizionale / di Carnevale. / Un po’ plebeo, è roba che val poco / fritta sul fuoco. / Prima s’impasta, tenera, una sfoglia / per chi n’ha voglia. / Si spiana e poi si taglia a pezzettini / piuttosto fini. / Con la spronella vengono rigati / ed incrociati. / Gettati in olio o strutto in quei momenti / che son bollenti. / In padellón con mestoli bucati / van rivoltati. / Quando son rosa e ormai non friggon più / si tiran su. / Su carta gialla vengono scolati / inzuccherati. / Van presi caldi ed assaggiati, ecco / a strappabecco. / Gustosi con la panna ben montata. / Chi l’ha provata? / E chi s’ingozza, beva un calicino / d’ottimo vino.

 

Tratto da: Iosè Peverati, I culór dla mié tèra : poesie, Bologna, Editrice Ponte Nuovo, 1977.

 

Iosè Peverati (Modena 1927 – Portomaggiore 2021)
Altre notizie biografiche nel Cantóη Fraréś del 26 giugno 2020 [Qui]
CARO DOTTORE, CARO POETA necrologio [Qui]

 

Ferraraitalia ha già presentato altri lavori in vernacolo di Iosè Peverati:
L’ISTA’ [Vedi qui]     LA MLUNÀRA [Vedi qui]     I DÌ DLA MERLA [Vedi qui]

 

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia,
esce ogni 15 giorni al venerdì mattina. Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui]

Cover: Crostoli in cottura, foto di M. Chiarini.

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Ciarin


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “giornale” .

Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle élite, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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